Per nichilismo si intende una dottrina filosofica che nega la consistenza di qualsiasi valore e l’esistenza di qualsiasi verità. Il nichilismo, però, è un’ipoteca che grava su molti orientamenti di pensiero. Così forse nessuna concezione è del tutto immune dal nichilismo inteso come negazione del presente e svilimento di ciò che è.
Che cos’è il materialismo, se non una forma di nichilismo, visto che esso, escludendo Dio, esclude il senso? L’universo e la vita sono solo un concorso di circostanze casuali. Se gli atei-materialisti fossero coerenti ed accorti, rigetterebbero l’evoluzionismo che rischia di introdurre una finalità nella natura. Il mondo degli Epicurei è un ammasso privo di logica e di direzione.
Le religioni sono nichiliste, poiché prospettano un futuro o una dimensione in cui l’iniquità e l’insufficienza attuale sono risarcite, sublimate. L’hic et nunc non hanno valore, se non in una prospettiva che trascende il tempo per proiettarsi nell’eterno, nell’infinito. Caso estremo di nichilismo è il Buddhismo delle origini (theravada) che concepisce il nirvana come estinzione, nulla.
Insomma, la felicità ed il significato sono sempre altrove. L’esistenza è svuotata, calunniata, disprezzata: l’ascetismo è odio per il mondo.
I sistemi dualistici (gnostici) sono nichilisti, come lo spiritualismo, giacché collocano la perfezione e l’armonia in una sfera antitetica al corrotto ed obbrobrioso universo ilico. Il contemptus mundi, ossessione di certe correnti medievali, incarna questa tetra ma forse plausibile visione.
Il nichilismo si annida anche dove non ci attenderemmo di trovarlo: non sono forse nichiliste tutte le ideologie che celebrano il progresso? Comunismo, Darwinismo sociale, Transumanesimo… collocano in un’età a venire che tende ad allontanarsi quanto più ci si avvicina ad essa, la società perfetta, finalmente emancipata dai contrasti, dai limiti e dalle lacerazioni del presente.
L’utopia politica e scientifica è un asintoto, ma anche il non-luogo dell’incubo mascherato da sogno millenaristico, di un millenarismo dove lo spirito laico è venato di uno slancio mistico diabolico.
Nietzsche condanna il nichilismo cristiano, con la sua mortificante morale e l’astio per il piacere, la gioia, la bellezza, ma, quando il filosofo tedesco vagheggia l’oltreuomo, constata il desolante nulla dell’adesso per additare un avvenire che non verrà mai.
Pure i laudatores temporis acti, gli estimatori del passato, della Tradizione, coloro che gemono “O tempora, o mores!” sono nichilisti. Essi rimpiangono un’epoca antica illuminata da virtù e saggezza, un’età che forse non è mai esistita, almeno nei colori e nelle forme con cui è sognata.
Innumerevoli sono i filosofi lato sensu nichilisti e lo siamo tutti noi, quando deprezziamo l’ora o per rifugiarci nel lost paradise del passato o per tuffarci nel miraggio di un mirabile futuro. Entrambi sono illusioni, fragili cristalli di brina che si sgretolano appena sfiorati. Vero è che il monito “carpe diem”, mal tradotto con “cogli l’attimo” diventa atrocemente ironico, se la vita è ininterrotta successione di attimi infernali, invivibili. Che cosa dovremmo afferrare?
Forse l’unico pensatore (o uno dei pochi) che ha il coraggio di essere nichilista sino in fondo e di dichiararlo, senza idealizzare regni inesistenti ed inconsistenti, il genio che “dà nulla al nulla” è Giacomo Leopardi. Egli rifugge dalla mitizzazione, dalle facili consolazioni e vede il nulla, il non-senso, l’assurdo dove (forse) si trovano effettivamente: in ogni luogo, in ogni tempo.
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