“Ogni realtà ha al suo interno infinite possibilità”, “l’energia vitale che innerva ogni cosa è in realtà movimento”: così si esprime Kalosf e così illustra la sua teoria
un punto di vista che sento particolarmente vicino al mio modo di vedere, sentire, percepire. Grazie Kalosf per la splendida foto e, come promesso, per la possibilità di approfondire un discorso che interessa entrambi.
Immaginiamo di entrare in un tempio classico, nel Partenone di Atene per esempio.
Camminando tra le colonne alte, dritte, imponenti nella loro verticalità, si avverte un senso di equilibrio, perfetta geometria e prospettiva, costruzione attorno a un centro che ne è il punto di riferimento, percezione acuita studiando attentamente la pianta del tempio. La sacralità del luogo, con il sentimento mistico che evoca, è immutabile nel tempo. Fissa, disciplinata, sicura, senza incertezze.
Soffermiamoci ora ad ammirare un istante – virtualmente – il Baldacchino di San Pietro, del Bernini. Colonne a spirale, riccamente decorate, invitano lo sguardo a seguire un andamento sinuoso; dall’architrave concava, i pendoni in bronzo simulano festoni di stoffa ondulanti durante un’ipotetica processione. A un rapido colpo d’occhio, l’insieme sembra in movimento, quasi instabile, come scosso da un soffio di vento o barcollante sulla superficie di un mare non propriamente tranquillo.
Cos’è più verosimile? La rigorosa staticità o la barocca oscillazione? La realtà sublimata o il dinamismo apparente?
Nulla è inerte nell’universo, tutto è in moto perenne, in costante divenire e trasformazione. L’intero sistema solare orbita attorno al centro della nostra Galassia – un caso che gli astronomi la definiscano a spirale?… – e l’uomo con lui.
La vita, quella vissuta nella sua pienezza, è una continua ricerca. Di orientamento, senso, ricchezza interiore, armonia psico-fisica, conoscenza, trascendenza. Nel cammino s’incontrano curve e tornanti, incroci spesso senza indicazioni per cui a noi la scelta della direzione, strade sterrate faticose, selciati sconnessi. Il percorso è raramente rettilineo e perfettamente asfaltato; chi lo vede e sente come tale lo sta calpestando senza osservare, correndo verso un traguardo, pregustando il “dopo” ma indifferente alla ricca varietà del “durante”.
Il nostro è un viaggio perpetuo, la realtà è un flusso perpetuo. In questa spirale esistenziale, che è a mio avviso la nostra sostanza, aumenta il numero delle domande anziché la quantità delle risposte. Si può provare una sensazione di vertigine, di sbilanciamento, d’insicurezza; in verità, questo vortice è la proiezione del nostro essere individui multiformi, creature dalle molteplici sfaccettature, caleidoscopi umani il cui punto di vista muta con il ruotare dello strumento. I colori cambiano, le forme pure, l’universo si trasforma, la visione oggettiva e sempre uguale a se stessa scompare.
Significa perdere identità? Non avere un punto di riferimento chiaro e preciso? Qualcuno potrebbe insinuarlo. Sono tuttavia convinta di no.
Noi non siamo una sottrazione bensì una somma, una teoria di esperienze, azioni, sentimenti, emozioni, sensazioni, pensieri che si susseguono senza sosta in un dinamismo vitale, un turbinio spirituale, mentale, sentimentale che è l’essenza del nostro io e, nel contempo, della realtà. Questa è in costruzione, si sviluppa animata da un moto di propagazione in cui individui e oggetti, cuore e ragione si susseguono vorticosamente, si avvolgono gli uni agli altri, si sovrappongono in modo tale che il nostro esistere richiama una metamorfosi continua.
In un simile vortice, l’apparenza fugge veloce e sfugge alla presa; la sua verità è momentanea, la rapidità del divenire è tale da renderla effimera, simile a un bel rivestimento che si consuma nel tempo e nello spazio. Rimane il nucleo, risultato rarefatto ed etereo di un movimento continuo, sintesi emozionale e razionale di un percorso di vita: la conoscenza. Per alcuni la luce del trascendente, per altri quella della ragione, il metafisico o il mondo fisico: ognuno mette a fuoco l’obiettivo interiore in base all’itinerario percorso dalla propria spirale esistenziale. Ma è comunque e sempre il frutto di una tensione che non si esaurisce tuttavia qui: la nostra è una capacità di conoscenza incompiuta in quanto “creata”, legata a un processo di tentativi e, come tale, mai immobile.
La mutevolezza è realtà viva, la staticità è morte. E la natura insegna. L’acqua di un fiume scorre, le onde del mare si rincorrono nei loro movimenti rotatori; la superficie della palude è stagnante e necessita spesso di bonifica. L’acqua limpida è un gioco di riflessi e bagliori. Può luccicare il fondo melmoso di un acquitrino?