Badilate di storia del cinema. Poderose carrellate, straordinarie scene di massa con oltre 37.000 comparse, ricchi contro sottoproletariato in un carnage disperato e claustrofobico, FENOMENALI POTERI COSMICI. Metropolis, cari amici e amiche care. Il papà di Alphaville, il bisnonno di Blade Runner, il suocero di Star wars (C-3PO è un copione). Sentite questa: pare che il cinema di Lang facesse esaltare di brutto il Führer, e invece il regista – quando quelli non guardavano – prendeva sempre più le distanze dal Sieg Heil. Nel ’33 girò Il testamento del Dr. Mabuse, una critica – attraverso il ritratto del diabolico protagonista – citofonata a Herr Baffetto. Venne allora convocato da Goebbels, ci andò, se la fece mezzo sotto convinto che lo avrebbero sculacciato col frustino per via di Mabuse, arrivò davanti al portone del Terzo Reich e bussò. La conversazione che ebbe luogo subito dopo è andata più o meno così (tranne l’ultima frase, quella è vera):
- Si può?
- Chi è?
- Sono Fritz.
- Vieni, caro, vieni, sono subito da te.
- Permesso.
- Ti offro uno Schnaps?
- Sto a posto, grazie, gentilissimo. Di che mi voleva parlare?
- Eeee niente, io & Adolfo volevamo sapere se ti andava di fare il regista ufficiale della grande e potente Germaniaüberalles.
- Eh?
- Il grande e potente regista.
- Ah… Il regista.
- Oh, contratto a progetto, eh, poi più avanti se ne riparla.
- Mh vabbè, ci penso un attimo.
- Ma che è per i soldi?
- No, è che c’avrei un paio di cose in ballo e poi…
- E poi?
- E poi ci sarebbe quella cosetta…
- Quale cosetta?
- Tipo che mia nonna è ebrea.
Sguardi che si SCROCIANO.
E poi boom: CLIFFHANGER.
- Ma caro, non lo sai che siamo noi a decidere chi è o non è ebreo?
Così, quella stessa sera, Lang riempie in fretta una valigia e si fionda in esilio volontario a Hollywood.
FADE OUT.
TITOLI DI CODA.
[Note di regia: Nelle settimane successive sono documentati numerosi viaggi Germania-Francia, insomma questo episodio con Goebbels sarebbe uno SCHERZONE di Lang che comunque rimase eticamente integro e qualche mese dopo emigrò sul serio negli Usa senza rimettere piede in patria fino al ’59. And There goes my hero].