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Mettersi a nudo senza vergogna

Creato il 04 febbraio 2010 da Mammacattiva
Mettersi a nudo senza vergognaLeonardo da Vinci

"Mettersi a nudo senza vergogna"
doveva essere il titolo di Amore assoluto. Il contenuto sostava incompleto in un testo bozza che aprivo e chiudevo saltuariamente, indecisa se svelarlo o meno.
Sono stata a lungo indecisa perché temevo di scoprirmi troppo. I consueti rumori di sottofondo mi suggerivano discrezione sugli aspetti più privati della mia vita. Avrei del resto raccontato del mio male di vivere, della mia malattia, del desiderio del mio corpo di liberarsi di una mente ansiosa, perennemente insoddisfatta e tutto sommato noiosa, pedante.
Eppure il blog cresceva e con lui esplodeva il desiderio di tirare fuori la verità, di raccontare con forza la mia personale esperienza.
Sono le persone che mi leggono che mi hanno dato il coraggio e i commenti ad amore assoluto mi hanno confermato che non stavo sbagliando.
Un mio amico, in privato, mi ha detto che non capiva perché mi fossi denudata. Il perché è nei commenti di risposta, pubblici e privati. Molte donne si sono ritrovate nella mia esperienza e forse si sono sentite meno sole. Per me questo è già tutto. La difesa del proprio mondo è sicuramente un valore ma quando capiamo che il nostro vissuto può ispirare altre teste al ragionamento, alla condivisione di emozioni e alla soluzione, allora vale la pena rinunciare al segreto e uscire allo scoperto.
Queste stesse ragioni mi legano a doppio filo alle conversazioni di Donne Pensanti, generato da Panzallaria o alla richiesta di Capire di Valentina in Valewanda o alle preoccupazioni di Marlene in Tra Rock e Ninna Nanne: le persone possono scegliere dove conversare, dove ascoltare, dove guardare, dove toccare.
Con Amore assoluto denudarsi ha significato dare valore alla nostra sensibilità, regalare degli strumenti di valutazione del successo, una scalata che non si misura in audience ma nel riappropriarsi della propria vita, attraverso il recupero del proprio corpo.
Raccontarmi ha significato dare prova delle mie chiacchere, sostanza alle parole. Ho passato tanto, troppo tempo della mia vita a discutere con la mia famiglia e spesso, durante le frequenti sfuriate, mio padre se ne usciva con una frase buttata lì, per provare ad azzittirmi e togliermi il vizio dell'ultima parola: "Sei brava, tu, con le parole". Ecco, questa asserzione è sempre stata la stoccata finale, la classica goccia corrosiva che mi si infilava dentro e mi faceva sentire ancora più impotente. Ero solo parole, solo chiacchere. Non c'erano fatti che dimostravano il mio valore. Il mio urlo più forte era: "ma cosa valgo io? Che differenza c'è tra esserci e non esserci?".
Se non vi avessi detto che per tre lunghi anni ho desiderato e provato a morire non avreste capito la mia rinascita, vi sarebbe mancato un pezzo di congiunzione e non avreste dato valore alla leggerezza di oggi.
Il percorso non è giunto a un punto di traguardo. Questa non è una favola a lieto fine. La malattia dell'anima è come quella fisica. Siamo soggetti a ricadute, dobbiamo monitorarci. Mi ricordo bene cosa mi disse la mia ginecologa quando scoprii di aspettare Leo. Mi disse: "Mamma Cattiva, lei deve essere consapevole di essere un soggetto a rischio. Lei conosce già molto bene i sintomi della depressione, lei ha già toccato il fondo, nel peggiore dei modi, ma proprio perché ora è qui, è già proprietaria di tutti gli strumenti per riconoscerli e cacciarli via. Non sarà semplice ma se ci è riuscita quella volta d'ora in avanti sarà solo un riconquista di questa nuova vita."

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