Recenti simulazioni numeriche suggeriscono che l’interno liquido delle stelle di neutroni si trovi in uno stato superfluido. Introducendo la superfluidità nei modelli vengono infatti meglio spiegate le osservazioni di emissioni in raggi x e gamma conseguenti a veri e propri terremoti stellari.
di Stefano ParisiniRappresentazione artistica di una stella di neutroni. Crediti: NASA/CXC/M.Weiss
Sulla Terra, le onde sismiche prodotte dai terremoti forniscono un metodo di indagine indiretta sulla struttura delle parti più profonde del nostro pianeta. Allo stesso modo, gli effetti di “stellemoti” osservati su stelle di neutroni dotate di fortissimo campo magnetico, le cosiddette magnetar, possono far luce sulla loro assai più esotica composizione.
Le stelle di neutroni rappresentano un laboratorio naturale ideale per comprendere come la materia si comporti in condizioni estreme. Stadio evolutivo finale di stelle massicce che esauriscono il combustibile, le stelle di neutroni sono il densissimo residuo conseguente all’esplosione dell’astro in supernova. Sono le stelle più compatte che si conoscano, concentrando una massa paragonabile a quella del Sole in una palla di appena qualche decina di chilometri, e possiedono i campi magnetici più forti mai osservati. Campi magnetici che sono all’origine delle loro emissioni elettromagnetiche: regolarissimi impulsi radio per le ben note pulsar, lampi ricorrenti di raggi X e gamma per le magnetar.
Mentre la struttura della crosta solida esterna è più conoscibile, lo stato della materia all’interno delle stelle di neutroni è ancora oggetto di speculazione ed esistono varie teorie a proposito. Una ricerca pubblicata recentemente su Physical Review Letters avvalla l’ipotesi che l’interno liquido di queste stelle, composto principalmente da neutroni assieme a qualche protone ed elettrone, si trovi in uno stato superfluido, in cui non esiste viscosità e in cui il fluido possiede conduttività termica infinita. Sulla Terra, lo stato superfluido può essere osservato solamente a temperature estremamente basse in pochissime sostanze, di cui la più conosciuta è l’elio liquido.
Per arrivare a questo risultato, un gruppo composto da ricercatori dell’istituto tedesco Max Planck per l’Astronomia, dell’Università di Valencia e dell’Università di Salonicco, ha preso in considerazione due giganteschi lampi provenienti da magnetar osservati in passato. Queste emissioni in raggi gamma di bassa energia scaturiscono da oscillazioni magneto-elastiche della stella di neutroni – appunto degli “stellemoti” – che si verificano presumibilmente quando la crosta esterna si spacca e sprofonda nello strato interno. Durante questi eventi, l’emissione in raggi gamma viene modulata in differenti frequenze che, come in un sismogramma, vengono usate dai ricercatori per capire com’è fatto l’interno del corpo in cui si sono generate.
Il gruppo di ricerca ha sviluppato un nuovo modello numerico per descrivere il comportamento della magnetar, trovando che lo stato superfluido del nucleo della stella di neutroni è la condizione necessaria affinché le simulazioni delle oscillazioni magneto-elastiche coincidano con l’intero spettro di frequenze osservate.
Per saperne di più:
- Leggi il preprint dell’articolo “Imprints of Superfluidity on Magnetoelastic Quasiperiodic Oscillations of Soft Gamma-Ray Repeaters”, di Michael Gabler, Pablo Cerdá-Durán, Nikolaos Stergioulas, José A. Font, Ewald Müller, pubblicato su Physical Review Letters
Fonte: Media INAF | Scritto da Stefano Parisini