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Mexes dopo l'espulsione di Lazio-Milan: "Colpa mia, ho 4 figli: pessimo esempio

Creato il 25 gennaio 2015 da Annarellina
Il difensore rossonero si è scusato dopo per la scenata dopo l'espulsione: "Mi è capitato altre volte in carriera, non avevo fatto niente sul campo e ho preso il rosso. Se Inzaghi è sotto accusa, Mexes è indifendibile, Lazio-Milan 3-1, finita con il francese che vede il rosso e vede rosso, finendo per mettere le mani al collo a Mauri, litigare con Cana e costringere i compagni a portarlo via di peso. Ma tra le accuse mosse al tecnico rossonero non può certo esserci quella di essersi fidato troppo dell'irascibile difensore francese: nelle prime dieci giornate non lo ha mai messo in campo, neppure per un minuto. Quattro volte è andato in panchina, la prima giornata l'aveva saltata per squalifica, doppia ammonizione con il Sassuolo, l'ultima giornata della scorsa stagione, quella del pugno a Chiellini nel 3-2 subito alla Juventus Stadium, tre giornate con la prova tv , quattro perché era stato espulso anche prima della segnalazione della procura federale. Ora ne rischia molte di più, anche se si è presentato davanti alle telecamere, per provare a fare ammenda.
 LE SCUSE — "Quando sbagli è giusto prendere le responsabilità - ha dichiarato - mi è capitato più volte nella mia carriera, e non posso accettare la reazione che ho avuto. Non avevo fatto niente di che sul campo, ho preso il rosso e ho reagito in una maniera sbagliata. Ho 4 figli, non è un buon esempio da parte di un padre, chiedo scusa a tutti. Non devo cercare alibi, è solo una partita di calcio: ho sbagliato io".
 I PRECEDENTI — Basterà? Difficile, anche se Inzaghi ha fatto di tutto il possibile per difenderlo ("Quello che fatto è stato brutto, si è scusato subito, ma era stato anche provocato"): il francese ha una lunga serie di precedenti, sin dai tempi della Roma, quando la facilità con cui prendeva cartellini rossi era considerato un difetto che poteva anche attenuarsi con l'età. Aveva 22 anni il 15 settembre del 2004 quando scalciò Verpakovskis rientrando negli spogliatoi per l'intervallo della gara con la Dinamo Kiev, la prima della Roma nel girone di Champions League, seconda partita ufficiale con la maglia giallorossa. Venne espulso, lo stadio esplose in sua difesa, qualcuno tirò una monetina e colpì in fronte l'arbitro Frisk, che cominciò a sanguinare come una fontana. Non era certo colpa sua, ma la società la pagò cara: sconfitta a tavolino, due partite a porte chiuse, stagione a rotoli, conclusa all'ottavo posto. Nel 2008-09 arrivò a 7 giornate di squalifica, 5 nel 2011-12, la sua ultima stagione nella capitale, prima del passaggio al Milan. DELUSIONE — Coi rossoneri l'anno in cui gli è andata meglio è il 2012-13: sole 2 giornate di squalifica, la scenata dell'Olimpico, nella migliore delle ipotesi, lo terrà fermo per una mezza dozzina di partite. Era arrivato a parametro zero, sfruttando la situazione incerta di una Roma in cui la famiglia Sensi stava passando la mano: 4 milioni d'ingaggio, pagato come un top-player in grado di blindare la difesa del Milan per anni, tra le proteste dei tifosi giallorossi contro chi lo aveva lasciato partire. Le cose sono andate diversamente: è il giocatore più pagato della rosa del Milan, ma quest'anno nel girone di andata il suo numero di presenze non è arrivato in doppia cifra. E la società non vede l'ora di arrivare alla scadenza del contratto, per liberarsi del super ingaggio dell'uomo che avrebbe dovuto proseguire la gloriosa tradizione di difensori del Milan.

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