di Gabriele Testi
Il 1913 fu l’ultimo anno di pace prima che la culla della civiltà e della cultura conoscesse il “suicidio dell’Europa civile”, per dirla con papa Benedetto XV, ovviamente a causa dello scoppio e della barbarie della Prima Guerra Mondiale; il 1963 fu l’anno dell’assassinio a Dallas di John Fizgerald Kennedy, il presidente degli Stati Uniti, di fede cattolica, che sembrò spalancare un universo di speranza per un’intera generazione.
Si tratta di due avvenimenti apparentemente slegati fra loro, al di là della coincidenza del centesimo e del cinquantesimo anniversario, se non fosse per un particolare sconosciuto a più. Appassionato di storia al punto da nominare fra i propri consiglieri Arthur Schlesinger, suo docente ad Harvard e personalità influenzata dalle idee di Gaetano Salvemini, “JFK” evitò il rischio di una terza guerra mondiale grazie anche a un… libro.
Un anno prima di cadere in Texas sotto il piombo di Lee Harvey Oswald, John Kennedy fu infatti il lucido protagonista della celebre crisi dei missili di Cuba, un duro confronto tra USA e URSS conseguente al tentativo di invasione del Paese retto da Fidel Castro da parte americana, nell’aprile del 1961, e al relativo spiegamento difensivo sull’isola caraibica di missili nucleari russi.
La crisi iniziò il 15 ottobre 1962 e si protrasse per tredici giorni, in seguito alla loro scoperta il giorno precedente, da parte di un aereo americano U2, in volo da ricognizione sopra il territorio cubano. È considerato dagli storici uno dei momenti più critici della Guerra Fredda, assieme al Blocco di Berlino e all’esercitazione Able Archer 83, e richiese grande freddezza da entrambe le parti.
Dopo momenti di tensione e vista la fermezza di Washington, come noto Nikita Chrušcëv ordinò il ritiro delle testate nucleari sovietiche in cambio della promessa di non invasione dell’isola e del ritiro dei missili Jupiter installati nelle basi di Turchia e Italia, fatto che sarebbe effettivamente avvenuto sei mesi più tardi.
Ma a che cosa dobbiamo la freddezza e la lucidità che preservarono il mondo da un olocausto nucleare destinato a mettere a rischio la stessa sopravvivenza della razza umana? Probabilmente alla lettura di un semplice testo letterario ed esattamente di un saggio storico, del quale Kennedy era un accanito divoratore. Il libro è il capolavoro “I cannoni di Agosto” (“The Guns of August”) di Barbara Tuchman, che descriveva le decisioni governative e le azioni militari che portarono al disastro della Prima Guerra Mondiale (vera e propria fine di un mondo), evidenziando soprattutto i primi mesi del conflitto sul fronte occidentale e su quello orientale, eventi che avrebbero deciso il destino degli eventi bellici a causa della mancanza di decisioni rapide ed efficaci.
Questo saggio fu in effetti molto amato, sfogliato e riletto da “JFK”, che nel 1962 ne consigliò la lettura al Comitato Esecutivo del National Security Council proprio durante i giorni della crisi di Cuba, affinché i membri non si facessero prendere da decisioni avventate o frettolose. Un aneddoto giunto fino a noi e capace di guadagnarsi anche una dignità cinematografica. Nel film “Thirteen Days” del 2000, interpretato fra gli altri da Kevin Costner e Bruce Greenwood con la regia di Roger Donaldson, Kennedy alla Casa Bianca cita il testo di Barbara Tuchman, confrontando la situazione che si stava vivendo con la tragedia umana affrontata cinquanta anni prima. John e il fratello Robert resistettero infatti ai militari, che avrebbero voluto portare avanti progetti d’invasione di Cuba per reagire all’installazione dei missili sovietici.
Con “I cannoni di Agosto”, del quale in questo 2013 ricorrono i cinquant’anni dal giorno del conferimento del Premio Pulitzer per la sezione “General Non Fiction” o “Saggistica Generale” (il regolamento della sezione storica del prestigioso riconoscimento prevede tuttora un titolo rigorosamente di storia americana), parliamo di un libro chiave per la comprendere la Grande Guerra e per capire perché essa prese una piega inaspettata, diventando il teatro di un macello per il tracollo dei piani strategici dei due eserciti contrapposti (francese e tedesco) a causa dell’ottusità e dell’incompetenza dei governi e degli stati maggiori.
Questi ultimi erano erroneamente ancora convinti di combattere una guerra di tipo ottocentesco, pur se allo stesso tempo incapaci di trarre insegnamento dagli analoghi massacri di mezzo secolo prima sull’altra sponda dell’Atlantico nella Guerra di Secessione Americana, combattuta fra il 1861 al 1865 e considerata il primo conflitto al mondo di cui esiste una documentazione fotografica, trincee comprese. L’errore non fu ripetuto in quell’ottobre del 1962. Grazie anche a “The Guns of August”. Potenza della penna sulla spada…
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