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Mi hanno regalato dei libri tra i quali c’è questo: Mafia a Milano. Sessant’anni di affari e delitti.

Creato il 26 dicembre 2011 da Slasch16

Mi hanno regalato dei libri tra i quali c’è questo: Mafia a Milano. Sessant’anni di affari e delitti. Nei primi anni 60 mia i mei gestivano una trattoria in Via Pietro Crespi, a Milano. In realtà la gestiva mia madre, mio padre commerciava in automobili usate e noi figli, escluso io che ero il più piccolo, avevamo tutti un lavoro, erano gli anni del boom economico, lavoro ed appartamenti si trovavano in ogni via, potevi decidere che lavoro fare o in quale appartamento abitare.
Era consuetudine, tra mezzogiorno e le quattordici, chi era libero desse una mano. Di solito eravamo io e mio padre, i miei fratello lavoravano troppo lontano e quindi erano esentati.
Una o due volte alla settimana succedeva una cosa strana, mi è tornata in mente quando ho avuto il libro in mano perchè  a 12/13 anni non fai molto caso a certe cose, ma il ricordo non sfuocato della vicenda mi ha fatto riflettere a distanza di 50 anni.
Dicevo che due volte alla settimana veniva un tizio a prenotare un tavolo di quelli lunghi, sapete quando nelle trattorie si uniscono più tavoli per le combriccole, ma non nell’orario dei lavoratori ma in quello della chiusura pomeridiana, dopo le 14,30.
Il menù era particolare ed abbondante, il vino migliore, e quando arrivavano gli ospiti il locale veniva chiuso.
A capo tavola c’era un distinto signore di una certa età ed intorno a lui diverse persona  a scalare d’età nel fondo i più giovani.
Ricordo che parlavano un italiano con accento marcato meridionale, non saprei dire se fosse napoletano o siciliano, certamente meridionale e che il posto del capotavola, in signore distinto di una certà età, era sempre rivolto alla porta d’entrata della trattoria, se vogliamo esagerare del ristorante.
Ricordo che l’impegno della cuoca, mia madre, era notevole ed il mio servizio e quello di mio padre impeccabile, papà diceva che pagavano bene senza fare discussioni.
Qualche malalingua degli habituè  vociferava che l’anziano signore avesse fatto una decina di anni di galera, forse anche di più, e che quelli intorno a lui, molto ossequiosi, fossero dei “dipendenti” al suo servizio.
L’unica riflessione che ricordo di allora è che pensai, però ha fatto anni di galera ma come è fine e distinto, più tardi realizzai che erano mafiosi, pregiudicati, non si capiva bene cosa facessero forse il contrabbando di sigarette,non so.
Ma, ai miei, non chiesero mai niente. Mangiavano bevevono ed alla fine uno di loro si incaricava di pagare il conto senza neanche controllare  se ci fosse la creta, qualche coperto in più o quanto costasse un primo o un secondo.
Anzi, lasciava sempre qualcosa in più, per guadagnare la stessa cifra avresti dovuto dare da mangiare ad 80 lavoratori, che poi erano quelli che affollavano il locale dalle 12 alle 14 e dalle 19 in poi alla sera.
Si capisce perchè, me ne rendo conto adesso, il popolino consideri questi personaggi una specie di benefattori senza porsi domande, pagano, non fanno storie, sono gentili, danno lavoro e prima di mangiare, si lavano le mani. Non li vedi mai con i vestiti sporchi di sangue o le dita insanguinate come quelle dei macellai. Che però hanno le loro buone ragioni.
Poi mia madre cambiò locale ed andammo ad abitare prima in Via Venini e poi a Sesto San Giovanni e quella particolare tavolata la dimenticai del tutto.Ieri, improvvisamente, mi si è accesa la lampadina della memoria ed andai a cercare immediatamente gli anni 60, ultimi anni 50.
A pag. 26 nel libro si legge:
Nell’inverno del 1958 Adonis si trasferisce a Milano, un sontuoso appartamento in Via Albrici 7, con due gorilla vestiti da maggiordomi.Fino al 70 verrà considerato come un sessantenne che ha deciso di abitare a poche centinaia di metri dal Duomo, eppure è il primo pezzo da novanta di Cosa nostra che sceglie di stabilirsi nel capoluogo lombardo.
Nel 1962, dopo la morte di Lucky Luciano, il più autorevole rappresentante della famiglie mafiose di New York in Italia, perchè sulla piazza di Milano?
Il 23 maggio del 1963 rimane ferito gravemente, in viale Regina Giovanna, Angelo La Barbera, uno dei mafiosi protagonisti del sacco edilizio di Palermo.Secondo gli inquirenti La Barbera era un assiduo frequentatore di Joe Adonis, come Tommaso Buscetta che in quegli anni costituisce una società a Milano che importa burro, altra anomalia, in Sicilia non sanno nemmeno cos’è il burro, hanno un olio d’oliva che è una meraviglia:
Non ho una memoria fotografica per i volti così forte, nel giro di mezz’ora non ricordo la faccia di chi ho incontrato poco prima, con quelli come me Chi l’ha visto non rintraccerebbe nemmeno un cane legato alla catena e quindi non voglio mettermi cose strane in testa.Forse erano dei pesci piccoli, mantenuti bene, forse in mezzo ai giovanotti c’era chi ha sparato a La Barbera, certamente Adonis non sarebbe venuto a mangiare in una trattoria di Via Crespi con i suoi picciotti, anche se per ragioni strategiche non sarebbe da escludere.
Detto questo, al di là di questo, come si fa a dire che a Milano la mafia non c’è?E, soprattutto, come fa a sostenerlo il questore in persona?
La Boccassini ci ha aiutato a capirne qualcosa di più in questi anni, certamente ci sono passato vicino e vi garantisco che, almeno per un ragazzino, è impossibile distinguerli dagli altri. Dalla gente normale, pagano di più non fanno storie ma come fai a sostenere con indizi del genere che sono dei delinquenti?Che il gentile signore distinto di una certa età che dominava il gruppo è stato in galera non me l’ha detto lui, mentre il commensale  che era stato nella ragione straniera mi aveva raccontato un sacco di avventure che mi avevano affascinato.Poi ho capito cos’era la legione straniera, ma ormai ero lontano ed era troppo tardi per perdersi al fascino dell’avventura. Il cervello umano è strano, basta che tocchi un punto particolare e ricordi cose che avevi dimenticato e delle quali non eri consapevole mentre accadevano.
A  pensarci bene, adesso, in quegli anni non passava giorno senza una sparatoria tra protettori, ladri, delinquenti vari, ma la lega non c’era ancora e quindi non si dava la colpa all’uomo nero. Al massimo la si dava al terrone.



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