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Mi invento un lavoro

Creato il 27 aprile 2013 da Rsxblog @rsxblog

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Mi invento un lavoro” non è solo il titolo di un libro. “Mi invento un lavoro” è divenuto oggi un manifesto alla sopravvivenza.

Una necessità di quanti faticano a trovare un lavoro, di quanti un lavoro ce lo avevano e di tutti quelli che pur avendone ancora uno non sono soddisfatti o gratificati.

Sin da piccoli coltiviamo sogni, alimentiamo passioni.

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Poi si cresce e capita che un giorno ti ritrovi adulto, hai completato gli studi (forse) e ti affacci fiero e speranzoso sul mondo del lavoro. E’ qui che comincia la vita reale, ed è qui che i tuoi sogni vengono spazzati via. Non c’è tempo per coltivarli non c’è tempo per avere passioni. Ti ritrovi inserito in un sistema in cui tutto ciò che hai studiato non serve perché a nessuno interessano le chiacchiere sulla teoria del consumatore, a nessuno interessa se hai studiato la finanza etica o i principi alla base della tutela del lavoratore. Ti rendi subito conto che il consumatore è schiavo del marketing, che l’ etica esiste solo nei film di fantascienza e che il lavoratore………bèh lo sappiamo già, povera bestia!!!

Ad una prima fase depressiva segue quella goliardica. Essa comincia nel momento in cui inizi a leggere annunci di lavoro. In quel preciso istante ti rendi conto che forse le varie teorie sul “teatro d’impresa” non sono poi così sbagliate anzi… In quel momento stai recitando una parte, interpreti un personaggio in quel gran teatro che è il mondo del lavoro. L’unico problema è che quando studi quella teoria non ti dicono che la parte che andrai a recitare è quella del clown o della marionetta. Non ci sono annunci di aziende che non richiedano tra le competenze necessarie l’ esperienza pregressa…questa sconosciuta!!!

E qui ti sorge un dubbio. Appurato che il pagliaccio sei tu, chi di preciso ti sta prendendo per il culo: l’autore dell’inserzione o il sistema scolastico?!?!

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Le aziende pretendono che tu sia laureato (si richiede laurea quinquennale), ma vogliono un’esperienza di alcuni anni nel settore in questione. Ora qualcuno dovrebbe spiegarmi come posso avere esperienza in un settore lavorativo se ho buttato il sangue sui libri? Per contro, come mai il sistema scolastico mi fa buttare il sangue sui libri se le aziende richiedono esperienza e se quello che mi inculcano non serve a un piffero?

Non sarebbe più comodo per le aziende far cresce al proprio interno coloro che occuperanno le posizioni di lavoro vacanti? Oltre a risparmiare sui costi di ricerca del personale (che oltretutto andrebbe adattato allo specifico contesto) si fruirebbe di una risorsa interna, già integrata nel complesso organizzativo e produttivo e che già ne conosce la cultura.

Un po’ come dovrebbero fare i club calcistici, che invece di andare a comprare il Felipe Melo di turno potrebbero ritrovarsi con un Marchisio (cresciuto nel vivaio) in mezzo al campo.

Sul tema è intervenuto Seth Godin, il guru del marketing, secondo il quale il sistema educativo moderno è concepito in modo tale da “reprimere il talento creativo degli alunni per incanalarlo in ben più redditizie e facilmente controllabili attività standardizzate”.

Egli però a conclusione del suo manifesto, “Stop stealing dreams” afferma: “il miglior modo di lamentarsi è fare qualcosa”.

Randy Pausch nella sua “ultima lezione” dice: “anche se non riesci a realizzare un sogno puoi comunque ottenere molto tentando di farlo”.

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Cominciando magari da una cosa piccola, da una passione, un hobby, una cosa che ti riesce meglio delle altre. Forse vale la pena provare tanto male che va..siamo rovinati!



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