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Michaela Biancofiore e "l'omofobia"

Creato il 07 maggio 2013 da Ritacoltellese

Da RAGIONPOLITICA: 05/maggio/2013
La dittatura del pensiero eterofobico

Di Francesco Natale

   Il fuoco di sbarramento a cui è stata sottoposta l'Onorevole Michaela Biancofiore negli ultimi due giorni assume connotati prossimi al surreale. Già fatta oggetto da mesi di pesanti attacchi mediatici di fronte ai quali non si può non riscontrare la sostanziale indifferenza delle istituzioni. Quelle stesse istituzioni che si sono mosse, legittimamente per carità con una celerità al fine di tutelare l'onorabilità della Presidente della Camera Laura Boldrini, vittima di un «fake» di gusto certamente discutibile.

  La colpa oggettiva imputata all'On. Biancofiore è, in primo luogo, quella di essere berlusconiana senza mai averne fatto mistero. Non solo: l'On. Biancofiore ha, come tutti del resto, idee proprie in materia di famiglia, unioni civili, matrimonio. Con la medesima trasparenza e la medesima chiarezza con cui ha sempre dichiarato senza mezzi termini le proprie generalità politiche ella non ha mai fatto mistero della sua contrarietà ai cosiddetti matrimoni «gay», alle adozioni da parte delle coppie omosessuali, alle ipotesi di legge che prevedono che il Servizio Sanitario Nazionale si faccia carico delle operazioni di cambio di sesso per coloro che ne facciano eventualmente richiesta. Posizioni motivate che possono essere condivise o meno, ma comunque posizioni. Posizioni politiche. Chiare, nette, definite.
  Posizioni che possono essere oggetto di dibattito e confronto, magari, ma che in nessuna circostanza possono essere censurate. Michaela Biancofiore è stata derisa, sbeffeggiata, insultata con trivialità da caserma, per il semplice fatto di avere dichiarato che come donna non riusciva a comprendere come un uomo potesse provare attrazione verso un transessuale e perché, a suo giudizio, le associazioni a tutela dei «diritti dei gay» agiscono troppo spesso in risposta ad interessi lobbistici.
  Michaela Biancofiore è stata accusata per questo della colpa che il collettivo virtuale, omologato ad un pensiero unico non solo divergente ma per fortuna agli antipodi del variegato pensiero della comunità reale, ovvero quella fatta di cittadini e non di server, ritiene la più infamante in assoluto: la cosiddetta «omofobia». Un costrutto concettuale estremamente evanescente che tuttavia viene spacciato per vangelo puro: un dogma fondato sul nulla, poiché scientificamente e clinicamente inesistente. È infatti il concetto stesso di «omofobia», una aberrazione creata ex abrupto da certo pessimo giornalismo, che si presta alle peggiori strumentalizzazioni politiche pur nella totale assenza di criteri anche solo blandamente oggettivi che ne attestino l'esistenza.  Perché per potersi parlare di fobia in termini concreti, secondo il DSM (Manuale dei disordini mentali) quattro tra i seguenti sintomi devono contemporaneamente manifestarsi: tachicardia, palpitazioni, disorientamento, nausea, sudorazione, tremori, dispnea, dolore al petto, paura di morire o di impazzire, depersonalizzazione, disturbi addominali, parestesia, sbandamento. È quindi possibile definire clinicamente qualcuno come «omofobo»? Ciascuno, in coscienza, si risponda da sé.
  Eppure il termine, grazie al quotidiano bombardamento mediatico, è diventato ormai di uso comune e nell'ambito di una diatriba politica arriva a svolgere funzioni quasi demiurgiche: chi è rimasto completamente a corto di argomenti accusa la controparte di «omofobia» e il gioco è fatto. Una comoda via di fuga buona per tutte le stagioni. I critici meno sbavanti e più posati hanno imputato a Michaela Biancofiore di non ritenere una priorità la «legge antiomofobia» così come una disciplina organica sulle unioni «moderne».  Ebbene, non è solo l'On. Biancofiore a pensarla così: ma è in buona compagnia della maggioranza assoluta degli italiani. I quali secondo recenti sondaggi (Bidimedia e Lorien tra gli altri) hanno indicato come priorità critiche della agenda Letta le seguenti: provvedimenti contro la disoccupazione (riforma del mercato del lavoro), detassazione sistematica, rilancio dell'economia, rimodulazione delle prerogative di Equitalia e infine, riforma della legge elettorale.
  Per nessun campione significativo le cosiddette «battaglie civili» sono all'ordine del giorno. Stando a taluni Soloni del Web, quindi, sono proprio gli italiani ad essere sbagliati, non solo Michaela Biancofiore. Ma c'è di più: chi pone una questione fenomenologica (unioni civili ad esempio) come «questione politica», e in quanto tale meritevole di analisi e discussione, alle regole scritte e non scritte del dibattito politico deve sottostare. In nessun caso può pretendere l'annientamento pregiudiziale della controparte poiché non rispondente alla propria visione, adducendo magari motivazioni dadaiste e assolutamente false quali «la maggioranza degli Italiani è con noi» o, peggio, «l'Italia intera insorge contro le dichiarazioni di...».  Sondaggi e termometro situazionale alla mano è vero il contrario, casomai. Reazioni, per altro, la cui rabbiosa scompostezza indurrebbe a pensare che, sempre stando alla definizione del DSM di cui sopra, se l'omofobia è una chimera ideologica l'eterofobia pare invece assumere connotati sempre più reali giorno dopo giorno.
La bella Biancofiore confesso tranquillamente che non mi piace: la trovo molto bella, elegante, fine nel porsi in un mondo ormai votato alla più fastidiosa ostentazione della volgarità, ma non mi piace per la sua visione settoriale della morale.
Perché se certe sue idee, improntate ad una visione morale che potrei condividere, sono accettabili, non si può non notare che di morale settoriale si tratta. Infatti ella stravede per Silvio Berlusconi non solo come leader del suo partito, ma anche come persona, come uomo.
Ora, se il discorso sulla omosessualità da non riconoscere al rango matrimoniale può essere da me condiviso, non capisco come ella non si adonti di fronte ad un uomo che desidera sessualmente donne che potrebbero essere per età sue nipotine e anche pronipotine. Infatti Berlusconi è un ultrasettantenne a cui piaccionio giovani ventenni (o giù di lì), cosa riprorevole anche per chi moralista non è, e che gli provoca guai giudiziari e danneggia la sua immagine anche e soprattutto all'estero. 
La bella Biancofiore "come donna non riusciva a comprendere come un uomo potesse provare attrazione verso un transessuale" però riesce a comprendere il nonno che corre dietro alle ragazzine? Non le appare un poco sconcia questa tendenza?
Diverso è il discorso che pone in alcuni punti l'articolista sul matrimonio fra persone omosessuali, che anche l'estensore dell'articolo indulge a chiamare pudicamente "gay".
Ho già scritto in proposito su questo blog: ritengo una forma di ipocrita foglia di fico scrivere "gay", esattamente come quando i giornalisti scrivono "escort", parole che, per il loro fumoso significato esterofilo, vorrebbero sfumare una realtà che, evidentemente, imbarazza. Ma, allora, se imbarazza perché non si prende coscienza del contenuto non proprio nobile della materia che si vuole sfumare?
Io parlo invece esplicitamente di persone omosessuali. Ho scritto che l'omosessualità è sempre esistita dunque dobbiamo prenderne atto. Questo non vuol dire che, siccome è sempre esistita, tutto di essa sia lecito.
Anche la pedofilia è sempre esistita, ma è e rimane un aspetto orribile della sessualità deviata dalla strada naturale, in quanto coinvolge i piccoli innocenti ed indifesi. Dunque nella nostra società è e rimane un orrendo crimine.
Se l'omosessualità si svolge fra due adulti consenzienti di uguale tendenza e se sfocia in un affetto dignitoso e duraturo, si può concedere una legislazione che riconosca un patto fra loro, ma nulla può avere a che fare con il matrimonio naturale fra due persone di genere diverso e che è alla base della costruzione della società per la continuazione della specie.
I Paesi che hanno ritenuto di darsi normative per il cosiddetto "matrimonio fra omosessuali" a mio avviso hanno sbagliato, qualora tali Patti abbiano la medesima connotazione del matrimonio naturale.
Non è detto che se hanno ceduto a questa corrente di pensiero siano nel giusto. Ritengo dunque alcune delle cose scritte nell'articolo, che ci ha inviato un sacerdote, giuste: "la cosiddetta «omofobia». Un costrutto concettuale estremamente evanescente che tuttavia viene spacciato per vangelo puro: un dogma fondato sul nulla, poiché scientificamente e clinicamente inesistente." Perfettamente d'accordo. Il giornalismo moderno elabora spesso termini, che poi entrano nel vocabolario comune, con la sola intenzione di forzare la realtà. 
"Se sei omofobo hai torto", punto e basta! Con quel termine ti hanno spinto nel ghetto di colui che ha quell'etichetta e dunque qualsiasi cosa dice non può che sbagliare! Un modo come un altro per bloccare con prepotenza verbale, che diventa però violenza sul piano psicologico, le tue opinioni e le tue idee.

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