Capolavori di un animo irascibile
dott.ssa Beatrice Emma Zamuner - Università di Firenze
Tutti sanno che la volta della Cappella Sistina venne dipinta da Michelangelo Buonarroti.
Non molti sanno che egli la dipinse fra il 1508 e il 1512.
In pochi sanno che lavorava da solo, perchè era insofferente a qualsiasi altro essere umano, ma assieme a Dante fu il più profondo spirito religioso della storia d'Italia.
Dentro la Cappella sistina si ammirano i dipinti di Michelangelo, del Perugino, del Ghirlandaio e di Botticelli. Ma la volta del Buonarroti, oltre al più tardo Giudizio universale lascia senza fiato.
Un capolavoro creato da un uomo che non voleva dipingere:"Non sono un pittore, non è il mio mestiere! Io sono uno scultore" disse Michelangelo a papa Giulio ii quando gli venne commissionata. E ne aveva tutto il diritto: quando il Papa lo chiama a Roma, Michelangelo ha già scolpito il David e la Pietà - che si trova in San Pietro, e ha poco più di 24 anni.
Lo stesso Giorgio Vasari, il primo vero storico dell' arte, suo contemporaneo scrisse che la Pietà era "un miracolo", ed è vero.
Non voleva dipingere, non in quell'ambiente: lo considerava un posto orrendo per lavorare.
Pare che per descriverla usò l'espressione "sembra un granaio": lunga 40 metri e larga 14, un soffitto con una superficie enorme.
Ma il Papa fu irremovibile; così, in quattro anni, dal 1508 al 1512 Michelangelo fu costretto a dipingere tutta la volta con le storie bibliche tratte dal libro della Genesi, per un totale di oltre 300 figure.
Misantropo, lavorava sempre da solo: dal carattere irascibile cacciava chiunque gli si affiancasse e lavorava in condizioni terribili.
"E 'l pennel sopra 'l viso tuttavia mel fa, gocciando, un ricco pavimento" queste sono le parole che lo stesso Michelangelo, abilissimo poeta ci ha lasciato. Dice che aveva "la barba al cielo, e la memoria in sullo scrigno, e 'l petto fo d'arpia", con la testa rivolta all'insù e la schiena piegata al punto di toccare le reni con la nuca, spingendo il petto in fuori come gli uccelli.
I colori che colavano sul viso.
Inoltre non sopportava il Papa, anzi, non si sopportavano a vicenda.
Entrambi avevano caratteri tremendi: Michelangelo collerico e solitario, papa Giulio ii un soldato duro e spiccio; i contemporanei dicevano che avesse più dimistichezza con la spada che con l'aspersorio. Quando il pontefice chideva, mettendogli fretta:"Quando finisci?" quest'ultimo rispondeva:" Quando mi parrà di finire!"
Per questo primo capolavoro venne pagato profumatamente: 6.000 ducati d'oro ( un ducato era una monetina grande come quella da due euro, del peso di 9,5 grammi, ma d'oro 24 carati). Inoltre era tirchio da far paura: metteva tutto da parte.
Quando morì aveva depositato in banca l'equivalente di 15 milioni di euro odierni; viveva come un anacoreta e mangiava poco, quattro etti di pane al giorno con una fetta di formaggio di fossa.
Piccolo di statura, tutto nervi e muscoli, quando lavorava il marmo sprigionava una forza impressionante: i contemporanei dicevano che facesse più lui a 70 anni che "quattro giovanotti prestanti".
Nervoso e solitario, odiava Leonardo, ma detestava ancora di più Raffaello, il suo opposto, l'artista bello dalla pittura luminosa.
Eppure la bellezza degli affreschi della Cappella Sistina è tale che dopo aver terminato, sessant'anni dopo, il Giudizio Universale commissionatogli da papa Paolo iii Farnsese, quando quest'ultimo lo vide per la prima volta il 31 ottobre del 1541 si narra che si buttò in ginocchio con le lacrime agli occhi, tremando di paura, al pensiero di quel giudizio che spetterà a tutti e che il genio di Michelangelo aveva rappresentato.
Michelangelo, un artista ben conscio della proprio ruolo, del proprio genio e della propria bravura. Grande conoscitore delle Scritture sacre, sapeva che davanti ai suoi dipinti avrebbero pregato papi, padri della Chiesa e sovrani, ma soprattutto i fedeli.
Gli unici che poteva considerare al suo stesso livello.
Sezione: Storia dell'Arte
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