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Michelangelo, mon amour

Creato il 10 marzo 2014 da Rita Charbonnier @ritacharbonnier

Tiziana Daga per Non solo Mozart

O notte, o dolce tempo, benché nero,
con pace ogn’opra sempr’al fin assalta;
ben vede e ben intende chi t’esalta,
e chi t’onor’ ha l’intelletto intero.
(Rime – 102)

Il 6 marzo di cinquecentotrentanove anni fa nasceva a Caprese, secondogenito del podestà Lodovico di Leonardo, Michelangelo.

E’ difficile esaurire la complessità di un artista come Michelangelo; scultore, pittore, architetto e poeta, tutti campi in cui eccelse al punto da essere consacrato già dai contemporanei come un genio assoluto.

Il suo nome, come quello di Leonardo e Raffaello, evoca subito gli splendori di una delle epoche più felici della cultura occidentale, il Rinascimento, e le sue opere bene incarnano le aspirazioni, le illusioni e i dubbi di quell’epoca: dagli eroici nudi giovanili come il David, fiero baluardo delle virtù repubblicane della sua Firenze, ai tremebondi e cadenti nudi del “Giudizio universale” della Sistina, incommensurabile documento delle inquietudini di tutto il Cinquecento.

Alberto-Bissacco

E se nella sistemazione del Campidoglio per Paolo III (1538) si coglie la sapiente misurazione di uno spazio perfetto al servizio della centralità dell’uomo, nelle pittoriche architetture-sculture delle Tombe medicee nella chiesa di San Lorenzo c’è già tutto il senso della profonda riflessione dell’artista sulla tragicità dell’esistenza umana. Quella stessa riflessione che costantemente si cela nella prosa intensamente espressiva che caratterizza i suoi sonetti.

Scontroso, introverso, afflitto dalla sua condizione umana di diverso e condannato ad amori struggenti, visse intensamente apprendendo i segreti dell’arte da giovanissimo nella bottega di Domenico Ghirlandaio, uno dei tanti grandi maestri attivi nella Firenze di Lorenzo il Magnifico. E, nei giardini di questi, presso il convento di San Marco, avrebbe studiato da vicino i modelli dell’arte classica, attraverso le opere collezionate dal Magnifico. paulAlla sua corte avrebbe poi conosciuto intellettuali del calibro di Poliziano e Marsilio Ficino che lo avrebbero iniziato al Neoplatonismo. Dagli esordi con opere all’antica, come il falso putto antico venduto al cardinale Riario che pretese indietro i soldi per poi commissionargli il Bacco oggi al Bargello, alle grandi commissioni nella Roma di Giulio II, che segnano non solo l’inizio di un intenso programma di rilancio della città eterna, ma anche l’apice di quel Rinascimento che la furia dei Lanzichenecchi avrebbe spazzato via con il Sacco del 1527.

Dopo il definitivo abbandono di Firenze per Roma, continuò a vivere nella modesta casa di Macel de’ Corvi che gli avevano messo a disposizione fin dal 1513 gli eredi di Giulio II purché completasse il progetto della tomba del papa, scomparsa poi con gli sventramenti compiuti dopo il 1870. Nelle vicinanze di quella chiesa di San Silvestro al Quirinale nel cui chiostro si sarebbero consumati gli incontri con Vittoria Colonna, destinata ad essere l’amica della maturità e la confidente dei conflitti più intimi dell’artista e delle sue inquietudini religiose.

E qui, nella Roma della Controriforma, celebrato come il più grande artista di tutti i tempi dai suoi stessi contemporanei, avrebbe trascorso gli ultimi trent’anni della sua vita lavorando ai progetti dei vari cantieri promossi dal pontificato di Paolo III Farnese che, oltre al Giudizio Universale della Sistina, lo incaricherà di disegnare il nuovo Campidoglio e, a settantadue anni suonati, gli affiderà la direzione della fabbrica di San Pietro, per la quale il sommo artista realizzerà il progetto della cupola, ultimata dopo la sua morte da Giacomo della Porta.

Campidoglio

Fino alla fine la sua ricerca avrà soprattutto nella scultura, intesa come arte del levare, la sua espressione più alta; in particolare nelle varie rappresentazioni della Pietà, tema a lui assai caro fin da quando ancora giovane aveva guadagnato la fama con l’incantevole, levigata finitezza della Pietà di San Pietro. Finitezza che, negli anni successivi, si trasformerà in forme sempre più ruvide, incompiute, drammatiche, che trovano nella Pietà Rondanini, alla quale lavorò fino a qualche giorno prima della morte, la loro ultima e più tragica espressione.

Scrive Michelangelo:

Se durante la mia giovinezza mi fossi reso conto che l’immortale splendore della bellezza di cui ero innamorato avrebbe acceso, rifluendo verso il cuore, un fuoco di infinito tormento, come avrei spento volentieri la luce nei miei occhi.

Come non essere “innamorati” di questo genio che in questa poliedricità esprime compiutamente l’idea di un’arte vissuta non come esercizio di stile, ma come ricerca interiore e spirituale, capace di esaltare e insieme riscattare la nostra dimensione umana?

Articolo di Tiziana Daga, storica dell’arte, tra i fondatori de La Serliana.

Raffaele-Sergi


Immagini: Cappella Sistina, Alberto Bissacco; Bacco, Museo del Bargello, Paul Van Der Werf; piazza del Campidoglio, Alain LM; cupola di S. Pietro, Raffaele Sergi.


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