Se Milano era (lo è ancora?) una città ‘da bere’, perché Cremona non può esserlo ‘da gustare’? Nulla osta. Ma lo può diventare ad un solo patto: che sia in grado di soddisfare il suo bisogno di Cultura (sebbene qualcuno, evidentemente per dare aria alla bocca, sembra davvero convinto che con la cultura non si mangia). La nostra città è una “bella ma addormentata” che, a fronte delle ristrettezze di bilancio, stenta a realizzare iniziative di ampio respiro. Ci si trova, in buona sostanza, a fare i conti della serva: i soldi sono pochi, quindi è più arduo e complesso trovare il sistema per spenderli in maniera oculata, intelligente, proficua. E se ha ragione quel tale, sostenendo che i periodi di crisi sono i migliori per sviluppare l’ingegno, bene, il momento per aguzzarlo è proprio questo. A parte il progetto del Museo del violino – uno spazio nel cuore pulsante della città che ha ritrovato finalmente vita grazie alla genialità mecenatesca del cavalier Arvedi, e rispetto al quale si pongono evidenti problemi di gestione che il Partito democratico, in quanto forza responsabile di opposizione, dovrebbe per il bene della città contribuire a risolvere anziché amplificare stigmatizzando oltremodo la scarsa risolutezza del sindaco – Cremona manca di iniziative culturali di un certo peso specifico. Che possano attirare turisti in città, contribuendo al rilancio di un commercio – specie quello nel centro storico – che vive una situazione di grande sofferenza. Saracinesche abbassate. Locali sfitti, con buona pace dei proprietari. Gente che sempre più spesso si ritrova nei centri commerciali per trascorrere del tempo con gli amici. Tasselli di un mosaico impietoso.
E’ naturale che anche con una virtuosa gestione del Museo del violino – compito della prossima amministrazione, ma le cui basi vanno gettate già da ora – se a corollario non verranno messe in piedi altre iniziative satellite ma ci si limiterà all’“ordinaria manutenzione” (appendere e togliere quadri dai musei, aprire ville e giardini per visite private), c’è il serio rischio che Palazzo dell’arte resti una cattedrale nel deserto. Magnifica, ma pur sempre nel deserto. E’ proprio per esorcizzare tale spettro che la politica – fin da ora e lo ripeto: fin da ora – deve fare la sua parte. Con idee, più che con critiche. In maniera propositiva, più che catastrofista.
Ben venga quindi quella cabina di regia auspicata dal presidente di CremonaFiere Antonio Piva, ed affidata puntualmente dall’amministrazione comunale alla PubliA. Vorrei però spingermi oltre, proponendo – al di fuori dei grandi eventi (Corde dell’anima, Festival di Mezza Estate, Festa del Torrone…) – un tavolo di lavoro, magari coordinato dal consigliere Giacomo Zaffanella, delegato dal sindaco al coordinamento degli eventi cittadini, e composto da imprenditori, associazioni, politici, liberi cittadini. Un luogo, che potrebbe essere proprio il circolo di via Palestro, per la condivisione di conoscenze e spinta propulsiva a tutte quelle iniziative minori (dimensionalmente parlando) realizzate dai singoli. In sostanza, al posto di investire centinaia di migliaia di euro per pochissimi eventi, meglio diluire i denari per dare continuità ad una serie di iniziative, lungo tutto l’anno, generando e moltiplicando gli investimenti dei privati.
Tra le passate iniziative, ma senza dubbio ce ne sono state altre, altrettanto significative, mi colgo a pensare a quelle organizzate dal ristoratore Cerri in piazza Giovanni XXIII, alle feste in Stràada Canòon e a Porta Romana, resa possibile, tra gli altri, da Giovanni Uggeri, a Stradivaria in corso Garibaldi spinta da Giorgio Soldi e sostenuta da Luisa Carminati ed altri colleghi, all’intuizione di quelli di via Torriani (anima Gianpaolo Fenocchio). Oppure, in prospettiva futura, all’intendimento di Patrizia Signorini dell’Enoteca Cremona, che vorrebbe – in occasione del prossimo salone di Mondomusica – invitare i musicisti (professionisti e non) ad esibirsi sotto i portici di via Platina. Vino e note. Un calice mentre ascolti buona musica. Cosa ci vuole, se qualcuno ti aiuta? Il dispiegamento della cultura, definiamola così, ‘alta’ (museo diffuso, biblioteca, archivi, teatri…), Cremona lo registra già. Va gestito meglio, a mio avviso, con nuove progettualità (al calo di presenze nei musei di Cremona, per esempio, fa da contraltare l’aumento di Mantova). Ma c’è. Ciò che deve essere sviluppato, e che può fare da vera e propria forza trainante, è la cultura popolare, per tutti. Possibilmente gratuita. Iniziative, spettacoli organizzati a spese del promotore (esercente o privato che sia), con un contributo minimo del 50% (e con un tetto massimo di spesa) da parte del Comune sulle spese sostenute. Un modo di fare cultura che, con una buona risposta di pubblico, sarebbe in grado, perché no?, di attrarre grandi sponsor e di fare da collettore per iniziative di più ampio respiro. Che deve saper veicolare risorse economiche e coniugarle con una sensibilità culturale. Ma quali potrebbero essere queste ‘micro-iniziative pop’? Penso ad una delle proposte dell’imprenditore Leonardo Caracciolo, proposta che caldeggio e di cui mi faccio portavoce. Oltretutto realizzabile a costi bassissimi. Proiezioni di film in più punti della città, con la collaborazione dell’organizzazione che si occupa della promozione della cinematografia italiana (i contatti sono già avviati). All’aperto e non. Magari suddivise per tematiche. O per soggetti: Ugo Tognazzi, Sergio Leone, magari con un concerto di Morricone, poi ancora Mario Monicelli. Poi la storia, con proiezioni dei film girati in città (Stradivari, Verdi, Signora delle camelie…) o dei cinegiornali dell’Istituto Luce, ora disponibili si Youtube. Le riprese dell’epoca riguardano Porta Milano? Bene la proiezione si faccia a Porta Milano. Le inaugurazioni del Premio Cremona. Il concorso ippico internazionale allo stadio. La scuola di liuteria e le mostre degli strumenti ad arco. La bonifica del Po. La storia di Cremona che scorre su uno schermo. Cultura e storia. La nostra cultura. La nostra storia. E ripeto: tutto realizzabile a costi contenuti.
Un’altra questione, in questo contesto, è ribadire la candidatura della nostra zona a location per la realizzazione di film. Oggi le produzioni guardano altrove. Per questo, qualche settimana fa, ho consegnato personalmente al noto regista Giulio Base e alla produttrice milanese Caterina Martini alcune proposte idee nell’intenzione di portare nuovamente Cremona sotto i riflettori. Per un centro che sta morendo, e faccio mie le parole – rispondendo al suo appello – dell’ex gestore del Padus Sergio Capelli, due sono le strade percorribili. Due le grandi possibilità che dobbiamo sfruttare. Da una parte – come detto – l’incentivazione della voglia di fare dei singoli, dei Piccoli, intesi come pancia della comunità. (Il mondo, si sa, è fatto di buone intenzioni. E fortunatamente di uomini di buona volontà. E le idee, per correre e realizzarsi, hanno bisogno di gambe svelte).
Dall’altra, la Rete, ambito nel quale, con una realtà importante e in continua crescita come AemCom, siamo senza dubbio all’avanguardia. Una Rete che darebbe altresì la possibilità a Cremona di essere competitiva in termini di turismo di massa, non solo d’élite. Coniugando l’accesso Wi-Fi (magari gratis per il visitatore) allo sviluppo di quel sistema che con i cartelli turistici è già diffuso, ad esempio, a Milano e a Bologna. Ossia il cosiddetto Qr Code: un codice che viene impiegato per memorizzare informazioni, che poi possono essere lette da cellulari e smartphone.
Insomma, è solo un sogno, quindi un proposito velleitario, addirittura utopistico far vivere alla nostra città una nuova ‘Estate cremonese’ in miniatura, sull’esempio della celebre Estate romana del compianto Nicolini? Oppure è – più semplicemente – un progetto ambizioso ma realizzabile, se l’impegno è collettivo?
Roberto Vitali
consigliere comunale Udc
0.000000 0.000000