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Mike Oldfield – Tubular Bells (1973)

Creato il 16 agosto 2013 da The Book Of Saturday

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Ancora non riesco a capire come sia stato possibile, eppure nel 1973 di orecchie “intelligenti” ce ne erano in ogni angolo del pianeta, figuriamoci in Gran Bretagna. Adesso si spiega anche il successo di Richard Branson. Non solo fiuto per gli affari, anche coraggio. Vado al dunque: è che nel 1973 nessuno voleva produrre Tubular Bells al semisconosciuto Mike Oldfield. Certo, l’eclettico polistrumentista aveva già pubblicato un album con i Sallyangie, assieme alla sorella Sally. Eppure, nell’ascoltare queste due sole tracce, una da 25:36 l’altra di 23:20, tutti i produttori rimanevano perplessi. Non tanto per la brevitas molto poco radiofonica (il bi-traccia Thick as a Brick era dell’anno prima), quanto per la genialità di Oldfield che lasciare interdetti i manager. Ma ce n’era uno che ancora doveva fare strada.

Ci misero non poco a convincere Richard Branson a metterci lo stampo della sua giovane Virgin. Disse sì e non se ne pentì. Tubular Bells divenne il primo disco che la Virgin produsse, in breve schizzò in cima alle classifiche di vendita in Inghilterra (ed era l’anno di The Dark Side of the Moon…), successo poi aumentato in America con l’inserimento di alcune suite nella colonna de L’Esorcista.

Sembrerebbe un’operazione stile Goblin-Profondo Rosso, invece Tubular Bells fila liscio, morbido e molto progressive. Una costellazione di sovrincisioni con la stessa mente in background. L’inizio suona sporco (qualche imperfezione sui volumi) ma poi prende quota e colpisce per l’originalità e l’eleganza degli arrangiamenti. Un prog molto distante da quello di Canterbury, diciamo molto più mediterraneo che non britannico, con un pizzico di Henry Cow. Da ascoltare tutto d’un fiato, cercando di captare un appiglio per tradurlo: io ci ho visto una costante idea di fuga.



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