Buonasera ragazze! Ricordate quando la scorsa settimana vi ho parlato di Mila Anufrieva?
Come promesso
Carlotta mi ha mandato tutto il materiale sul meeting promosso da Annaviva a cui non ho potuto partecipare, quindi adesso lo condivido con voi. Questa è parte della 'premessa' che ho ricevuto:
La lotta per il potere, le guerre per il primato economico, l'avversario calpestato, il partner in crisi abbandonato perché "business is business".Questa la tagliente testimonianza di Mila Anufrieva [...]. Una testimonianza che ha vissuto qualche momento di imbarazzo quando un gioielliere, che non ha mancato di farsi ritrarre in una foto sorridente con Mila primadell'incontro, non ha esitato ad accusare pesantemente la manager russa per queste sue esternazioni, ritenendole del tutto controproducenti per sé e per i suoi partner economici. Salvo poi abbandonare la sala quando Annaviva ha voluto replicare, confermando a Mila tutto il proprio sostegno, sereno e spassionato, e ringraziandola per le preziosa testimonianza con la quale ha inteso accendere un faro su una parte, molto particolare, del business oltrecortina.
Anche qui in Italia quindi non sono mancate le opposizioni per Mila. Adesso vi riporto parte dell'intervista di Valentina Ravizza, comparsa sul sito di IoDonna.
«“La città parla solo di te e di Putin” mi dicevano gli amici. Ero unica, tutti mi volevano. Non c'era festa a San Pietroburgo cui non fossi invitata, persona nota che non conoscessi». E d'altra parte se i russi amano e indossano capi di Chanel, Hermès e Louis Vuitton lo devono soprattutto a lei, Mila Anufrieva, un simbolo della moda nel suo Paese [...] «Con Vladimir Putin parlavo faccia a faccia così come sto facendo con lei in questa intervista» commenta con amarezza dal suo appartamento in centro a Milano, dove si è rifugiata dopo che il suo business è crollato. Quando, nel 1992, la allora 26enne zarina del fashion aprì il primo multibrand nel lussuoso hotel Nevsky Palace, in Russia gli abiti delle varie maison si trovavano solo in vecchi outlet dove finivano pezzi delle collezioni ormai superate in Occidente. Grazie al marchio Vanity, scarpe italiane e foulard francesi poterono varcare la ex cortina di ferro e sbarcare nelle boutique in contemporanea con Parigi e New York. Prima viaggiando nelle valigie di Mila, poi nei camion che iniziavano a ripercorrere la tratta Milano-San Pietroburgo. E fu subito boom. «Non c'era dogana, nessun controllo. Sono partita praticamente dal nulla, era un esperimento continuo». Amata dalla politica (senza che lei mai si esprimesse a favore o contro) e venerata dai nuovi ricchi, nel 2004 Mila si lancia nel progetto che sarà la sua rovina: uno shopping center nel centro di San Pietroburgo. Forte del suo monopolio e delle adesioni entusiaste di brand come Dior, Moschino o Dolce e Gabbana, l'imprenditrice ottiene un prestito. «Avevo creato Vanity solo con le mie forze, ma un progetto del genere costava 30 milioni di euro. Io ne chiesi solo sei». Ma prima che il mall venga completato, uno dei più potenti protettori di Mila muore improvvisamente in circostanze poco chiare. E la banca inizia a fare pressione su di lei. Le richieste di vendere i suoi negozi da parte dei concorrenti si fanno sempre più insistenti: «Mi dissero di proporre una cifra, poi continuarono a rilanciare al ribasso. Fino ad arrivare alle minacce». A 42 anni, nell'autunno del 2007, Mila si sveglia cieca da un occhio. «Era un melanoma al terzo stadio. Le possibilità di guarire erano minime, i medici mi rifiutarono persino la chemioterapia» racconta senza abbandonare il tono calmo; solo dallo sguardo traspare, anche attraverso gli occhiali da sole, il dolore. Trasportata d'urgenza in una clinica svizzera, un'operazione le salva la vita e la restituisce al marito, l'italiano Sandro Santin, e ai due figli, Andrej e Constantin, che oggi hanno 13 e 8 anni. Ma nel frattempo la zarina aveva perso il suo impero: «Fu il mio avvocato a firmare e non mi restò più nulla se non i debiti. Solo più avanti mi confessò di essere stato corrotto per farlo». Tre mesi dopo l'intervento Mila torna a San Pietroburgo e scopre che la sua società da 100 milioni di euro è stata venduta per appena due. E senza che il debito venisse saldato. «Mi annullarono dal mercato e mi fecero passare per una creditrice insolvente, una ladra», la voce s'incrina per la rabbia. Fuggita in Italia con 800 euro in tasca, all'inizio vive nella paura. «Se torno in Russia vado in galera o rischio la vita, ma sono stufa di non potermi neanche difendere: ho faticato tutta la vita, dato lavoro a centinaia di persone. Ho fatto guadagnare anche l'Italia!». Così ha deciso di raccontare la sua storia. Prima nel blog milaanufrieva.livejournal.com e presto in un documentario, un libro (scritto dal marito e in attesa di pubblicazione) e un film hollywoodiano (che verrà girato l'anno prossimo).
Mila Anufrieva nasce a San Pietroburgo il 12 giugno 1965 «Ero una bambina gracile e mi ammalavo spesso. I miei genitori erano molto impegnati nel lavoro e mi dedicavano pochissimo tempo».
«Inviai delle lettere ad alcuni giornali per ragazzi particolarmente
famosi in Unione Sovietica, per chiedere di poter partecipare a
qualche loro progetto, ma purtroppo ricevevo soltanto risposte negative»
Mila Anufrieva con Linda Evangelista. Alle sue sfilate partecipavano le più importanti modelle dell'epoca, come Eva Herzigova e Claudia Schiffer.
Che ne pensate?Secondo me è ingiusto che una donna che ha dato la vita per la sua passione debba scappare come una ladra dal suo paese, quando l'unica ad essere stata derubata è proprio lei. Ha portato guadagno anche all'Italia, come dice lei stessa, eppure anche qui trova gente che si oppone. Torna a casa viva per miracolo e si ritrova indebitata fino al collo, senza l'attività per cui aveva versato sangue, screditata. Spero che la gente capisca cos'ha passato, almeno qui in Italia, e che capisca soprattutto
la grande, immensa forza che ha avuto questa donna quando a Milano ha deciso di ricominciare.