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Milan 2010: gente di rispetto di Marco Traverso

Creato il 21 novembre 2010 da Gianclint
Milan 2010: gente di rispetto di Marco Traverso

Don Vito Corleone fan sfegatato di Capitan Fancazzo

L’intervista a Clarence Seedorf, pubblicata ieri da La Gazzetta dello Sport, è riuscita a mandarmi di traverso brioche e cappuccino oltre che rovinarmi irrimediabilmente la giornata. In particolare, al di là della banalità delle domande – ma di questi tempi siamo abituati – mi ha lasciato di sale il tono delle risposte in cui il nostro numero 10 lascia ampiamente intendere, e ribadisce, alcuni – terrificanti – concetti. In primis conferma le illazioni di chi, come il sottoscritto, è intimamente convinto che sia lui il vero allenatore del Milan. «Com’è il rapporto con Allegri? Buono. Lo stimavo prima e ancora di più ora. Allegri è spiritoso, non gli piace fare lunghi discorsi seri. Ma è professionale, intelligente e furbo. Impara in fretta». Una risposta come questa non merita commento e la dice più lunga di tanti spifferi o indiscrezioni di spogliatoio. Il secondo concetto sottolineato è che il «metodo Seedorf» non solo è ancora in voga, ma è destinato a durare a lungo.

E ce lo fa capire rispondendo alla domanda sui nuovi, spiegando che «tutti quelli che sono arrivati si sono adeguati a uno spirito eccezionale». Adeguati, appunto. Adeguati a non provare in alcun modo a togliere il posto a Seedorf, pena panca perenne e cessione a fine stagione, vedi Gurcuff. E sempre sul «metodo», Seedorf non rinuncia a lanciare un messaggio chiaro e inequivocabile a tecnico – si fa per dire – e spogliatoio. «Ho sempre parlato in modo diretto e così mi sono conquistato il rispetto di tutti. Questo mi ha dato la forza di continuare a essere come sono». La forza, appunto, di continuare ad avere il posto garantito, facendo leva sul «rispetto». Parola che ha poco a vedere con il calcio, ma che evoca altri sinistri scenari.

La chicca però deve ancora venire, e arriva precisamente quando il cronista chiede a Seedorf se ha metabolizzato l’esclusione, ormai pluriennale, dalla nazionale Orange. Risposta: «No, perché mi sento ancora giovane e mi pare che si sia interrotto un filo. Ma la cosa non dipende da me. Io voglio chiudere la carriera in bellezza e spero di poterlo fare anche con la nazionale». Qui le indicazioni sono due: la seconda, anche umanamente comprensibile, se vogliamo, è che vorrebbe ritornare in nazionale. La prima, agghiacciante, è che si ritiene giovane. Sì, giovane, nonostante le 34 primavere sulle spalle. Giovane, e quindi con tanti anni di carriera davanti. E infatti quando gli viene chiesto del futuro, lo stakanovista del centrocampo rossonero risponde con il piglio di chi da per scontato il rinnovo. «Per cambiare ci vorrebbe proprio qualcosa di straordinario», fa sapere. Il tutto dopo aver risposto alla domanda «Come si vede all’inizio del prossimo campionato?» con una frase più enigmatica di quelle del miglior Vito Corleone. «Vedo prati verdi, palloni, ma anche scarpe da ginnastica per correre e sudare in bici». Provo a tradurre: «Potrei continuare ma non è detto che accetti l’offerta al ribasso della società, vado avanti, e ci mancherebbe, ma alle mie condizioni».

Ora io credo proprio che sia giunto il momento di dire una volta per tutte le cose come stanno, anche a costo di farsi dei nemici e di passare per fesso, incompetente e pure prevenuto. Seedorf da quando è arrivato al Milan ha sicuramente contribuito alle vittorie del ciclo ancelottiano, ma lo ha fatto alternando una partita buona a dieci gravemente insufficienti.

Bisogna poi sfatare una volta per tutte il «mito» di Seedorf che copre e che da equilibrio alla squadra. Balle. Seedorf copre esattamente come copre Dinho. La differenza è che gioca un po’ più indietro, e pertanto se Dinho pascola nella mattonella di fianco alla convergenza delle due linee che delimitano il perimetro dell’area di rigore, Seedorf pascola dieci metri indietro. Stop. Non ricordo un intervento difensivo del numero 10 degno di questo nome. Al contrario ricordo come il nostro ha «coperto» in occasione della rete del pareggio del Madrid a San Siro. L’unico equilibrio che forse Seedorf dà è quello nello spogliatoio, nel senso che vi è il forte sospetto che faccia il bello e il cattivo tempo, condizionando quindi indirettamente anche le prestazioni della squadra.

Nessuno mi toglierà mai dalla testa che lo scorso campionato il Milan, dopo una partenza imbarazzante, cambia registro proprio quando Leonardo cede alle pressioni e inserisce Seedorf. E non per l’apporto qualitativo dell’olandese, ma per logiche che nulla hanno a che vedere con l’aspetto tecnico. Così come nulla mi toglie dalla testa che nella scelta di esonerare Leo – al di là degli screzi con Berlusconi – abbiano pesato gli «sgarri» che l’ex nazionale brasiliano aveva commesso nei confronti di alcuni mammasantissima della vecchia guardia (leggi Seedorf e Gattuso) ai quali Leo aveva osato negare la titolarità indiscussa.

Allo stesso modo sono persuaso che la scelta di rispedire l’ottimo Merkel nella rosa della Primavera dopo le ottime prestazioni di agosto non sia casuale, ma dettata proprio dalla «necessità» di non dare fastidio al numero 10. Che a mio giudizio, a conti fatti, è un elemento più dannoso che utile alla rosa e alla causa rossonera. Occorre tagliare una volta tanto i rami secchi e puntare, magari, su qualche giovane di belle speranze che, altrimenti, non avrà mai la possibilità non dico di vedere il campo, ma nemmeno la panchina

Marco Traverso

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