Come in una celebre réclame, non ha prezzo sapere che milioni di bianconeri hanno sofferto davanti al televisore ed esultato al triplice fischio come non gli capitava da anni. Anche se non lo ammetteranno neanche sotto tortura.
Il sesto successo consecutivo, la porta di Julio Cesar nuovamente inviolata (un solo gol subito nella striscia di vittorie), la terza partita di fila con Milito in rete. Numeri che cominciano a significare qualcosa. Non è però il caso di esaltarsi. Fa bene Ranieri – sempre più mister derby – a predicare umiltà. Piedi per terra. Magari ne riparleremo tra un paio di mesi, quando la stagione entrerà nel vivo e allora sarà importante trovarsi più in alto possibile.
Intanto, era importante non perdere il derby, per non rimanere troppo attardati, per dare continuità in una partita ad altissimo coefficiente di difficoltà, per un’ulteriore iniezione di fiducia. Anche per capire quanto la squadra sia in mano a Ranieri. Che non si nasconde, anzi ci mette la faccia, lasciando fuori Sneijder e Forlan e confermando schema e formazione artefici della risalita nerazzurra. Dall’altra parte, Allegri punta sulla prova d’amore di Pato, che in settimana ha rinunciato al trasferimento al Psg, e su un centrocampo insolito, con Boateng meno libero del solito ed Emanuelson preferito a Seedorf. Il 4-4-2 di Ranieri concede pochissimo. Squadra corta, grande sacrificio di Pazzini e Milito, in pressing su difensori e centrocampisti, implacabili Samuel e Lucio, che non concedono nulla a Ibrahimovic e Pato. Dopo cinque minuti è già gol (Thiago Motta di testa), ma il guardalinee segnala un fuorigioco che non c’è. Il Milan non riesce mai ad avvicinarsi dalle parti di Julio Cesar, mentre l’Inter quando riparte dà la sensazione di avere le carte in regola per fare male. I minuti finali sono caldi. Alvarez da due passi spreca l’assist di Nagatomo. Sull’altro fronte, Van Bommel colpisce la traversa, in una situazione simile a quella in cui Boateng, in precedenza, aveva sparato alto. D’altronde, se gli attaccanti vengono neutralizzati, gli inserimenti dei centrocampisti possono rappresentare una soluzione vincente. A meno che non si abbia un Milito formato triplete. Il Principe è tornato. E quando è lui, gli basta un’occasione per risolvere le partite. Travolgente capovolgimento di fronte di Zanetti e pallone per l’attaccante argentino che approfitta di un “buco” di Abate per trafiggere Abbiati con un diagonale chirurgico. L’arrembaggio finale del Milan è soltanto nelle intenzioni e nelle sostituzioni. Robinho, Seedorf, infine El Shaarawy non raddrizzano il risultato e soltanto una volta Julio Cesar è chiamato all’intervento (conclusione ravvicinata di Robinho). Entrano anche Chivu, decisivo in un paio di chiusure, Sneijder per un quarto d’ora e Forlan nei minuti di recupero. Giusto in tempo per partecipare alla festa. Ma da domani è già reset. La traversata nel deserto è ancora lunga.