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A darne notizia per la prima volta è “Il Corriere della Sera” del 23 marzo 1909, quasi obbligato dal crescente mormorio popolare ad occuparsi di una faccenda davvero scomoda.
Il fatto è che il “Corpo dei pompieri” era ritenuto il vanto della città di Milano e già in diverse occasioni aveva dato prova di grande coraggio e di alta competenza. E proprio per tutelarne l’immagine, la Giunta comunale si sentì in dovere di intervenire, sollecitata dallo stesso Comando dei Vigili del fuoco.
L’intenzione era quella di colpire sia “i corrotti” che “i corruttori” e quindi per porre fine alle continue e spinose illazioni.
Sta di fatto che un certo numero di gentiluomini della Milano per bene si incontrava furtivamente nella caserma dei Vigili del fuoco per avere rapporti omosessuali con gli stessi pompieri. Questi coinvolsero un giovane prostituto che non seppe tacere e si confidò con alcuni suoi colleghi, i quali furono rammaricati di non godere dei benefici economici del compagno e, mossi d’invidia, sparsero la voce .
Di denaro probabilmente ne circolava davvero tanto, se il giornalista e scrittore Paolo Valera, alle prese, a suo dire, per arginare il fenomeno dilagante dell’”oscarwildismo”, descriveva i pompieri come giovanotti che “indossavano pellicce da signori, avevano alle dita anelli con brillanti, mangiavano come persone dal palato ducale e scarrozzavano e spendevano e si davano a tutti i lussi”.
L’osservazione di Valera va presa con la dovuta cautela a causa della sua nota avversione per gli “urningi”, ma l’alto numero di persone coinvolte e la classe sociale di alcuni indiziati non appartenenti al Corpo dei pompieri fa davvero pensare a compensi rilevanti.
Già da subito l’inchiesta disciplinare portò a individuare ben quindici colpevoli, subito esonerati dal servizio, e fra loro quattro rei confessi che vennero addirittura licenziati in tronco.
La decisione di incaricare dell’inchiesta la Giunta comunale e non la Magistratura era ufficialmente motivata dal fatto che fra i pompieri non vi erano minorenni e che gli atti sessuali non erano stati consumati in un luogo pubblico.
In quell’epoca, tuttavia, l’omosessuale era visto come un depravato, un malato o comunque come un essere spregevole e disonorevole (sul "Corriere della Sera" si parla spesso di “turpitudini”), tanto che vi furono febbrili comunicati da parte dell’”Associazione di previdenza e di miglioramento dei pompieri di prima categoria” per applaudire all’iniziativa inquisitoria della Giunta comunale e per prendere le distanze dai malfamati colleghi. Si sentiva più sollevata l’”Associazione di previdenza e di miglioramento dei pompieri di seconda categoria”, che, ci tenne a precisare, non aveva indagati fra i propri iscritti.
A gettare benzina sul fuoco ci pensò il giornale satirico “L’Uomo di pietra”, che in una vignetta riportava i pompieri raccolti attorno alla Tavola Rotonda in compagnia dell’assessore Candiani, con tanto di simbologia che non lasciava spazio a dubbi. Candiani citò subito in giudizio per diffamazione i fratelli Cima, editori de “L’Uomo di pietra”, ma nel frattempo lo stesso giornale aveva riportato il nome di Andrea Ponti, figlio del sindaco di Milano.
Il giovane Ponti, informato del fatto, lasciò subito la Sicilia dove si era recato per motivi di lavoro, raggiunse uno dei fratelli Cima e lo schiaffeggiò in pubblico: ciò gli costò una denuncia per aggressione.
In quei giorni a Milano si respirava un’aria di misto fra sarcasmo e tensione e davvero pareva che la questione dello scandalo dei pompieri non avrebbe avuto più fine. Un illustre avvocato aveva fatto il nome di un suo collega coinvolto, a suo dire, nell’inchiesta e i due, incontrandosi, passarono dagli insulti alle mani; ma, siccome erano altri tempi e comunque si trattava di gentiluomini, il diverbio fu appianato con un duello: l’avvocato Alberto Scaravaglio e l’avvocato Umberto Monteverde si diedero appuntamento presso San Siro alle prime luci dell’alba per avere soddisfazione a colpi di fioretto. Il duello, che doveva andare avanti ad oltranza, si risolse in meno di un minuto poiché entrambi si ferirono contemporaneamente .
Per lo scandalo dei pompieri la calunnia non sembra proprio essere stata un venticello: la gente voleva i nomi dei gentiluomini coinvolti nello scandalo e cominciavano a girare critiche sulla scelta dell’amministrazione, è il caso di dire, di lavare i panni sporchi in famiglia. Si mormorava che si era voluto tutelare l’onore di famiglie importanti e di personaggi in vista e che a farne le spese erano, per ora, solo i quindici pompieri. Tuttavia furono gli stessi indagati ad assumere dei difensori per salvare la loro immagine e la loro dignità, e fu così che la questione finì davanti ai giudici. A un mese dall’inizio della vicenda nell’aula dell’assemblea cittadina ancora si dibatteva e si discuteva in modo piuttosto acceso sullo scandalo.
Gli assessori dell’opposizione, e in particolare il professor Sinigaglia, contestavano il modo di procedere della Giunta, che aveva portato al licenziamento o alla sospensione dei quindici pompieri indagati. Sinigaglia sventolò un foglietto con indicata la sospensione dal servizio di uno dei pompieri, facendo notare che la data riportata precedeva quella dell’ordine d’esonero. Il folto pubblico presente in aula andò in escandescenze, fischiando i rappresentanti della maggioranza e sostenendo con applausi il difensore dei pompieri.
Colpito sia nella sua immagine di persona a capo dell’amministrazione comunale, sia nei suoi affetti famigliari, il sindaco di Milano, il marchese Ettore Ponti, presentò in modo irrevocabile le dimissioni. Si trattava di un primo cittadino molto amato dalla popolazione e tenuto in grande considerazione in tutti gli ambienti politici, ed ultimamente era impegnato a studiare risposte concrete all’annoso problema del rincaro degli affitti e dei generi alimentari.
Il 30 aprile, dal momento che Ponti non intendeva recedere dalla sua decisione, per solidarietà si dimise anche la giunta municipale e fu grazie all’intervento del consigliere anziano Luigi Della Porta se non si dimise anche il consiglio comunale. Da quel momento lo scandalo dei pompieri esce dalle cronache giornalistiche, quasi ci fosse stata un’intesa per non alimentare ulteriormente la polemica di fronte ad un crescendo di calunnie e di violenza. Forse per questo motivo, nonostante il trambusto, lo scrittore e studioso Magnus Hirschfeld, riferendosi alla vicenda e facendo dei paragoni con gli scandali che hanno visto coinvolti omosessuali in Germania, riconosce che “i giornali italiani, a differenza di quelli tedeschi, hanno parlato in maniera molto delicata e discreta di questo scandalo. L’italiano ha più tatto del tedesco e sa conservare di più l’onore della nazione”.
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