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Milano calibro 9

Creato il 11 gennaio 2011 da Robydick
Milano calibro 91972, Fernando Di Leo.
Convinto di vedere un poliziottesco dei più tipici mi sono trovato completamente spiazzato, almeno secondo gli stilemi comuni che si attribuiscono al genere. Questo è un noir, della meglio specie, che poi ho letto appartenere ad una trilogia titolata "trilogia del milieu", che dico subito comparirà interamente nel blog.
Ugo Piazza (ottimo Gastone Moschin) esce da San Vittore ed immediatamente viene preso in consegna dagli uomini de L'americano, boss mafioso trapiantato a Milano con tanto d'ufficio di rappresentanza alla Torre Velasca (uno dei simboli moderni di Milano). 3 anni prima, secondo loro, Ugo aveva sottratto 300mila dollari al boss, cosa che lui nega fermamente.
Milanese ma uomo d'onore Ugo, amico di Chino, un killer siciliano fedele ad un boss vecchia maniera, per amante una ballerina da night (Barbara Bouchet, uno schianto!), gangster solitario, schivo. Verrà reingaggiato da L'americano, che continua ad essere convinto che Ugo abbia i suoi soldi. Nel frattempo ci sono i poliziotti della questura sempre sulle sue tracce, puntano a L'americano e ci vogliono arrivare, ad incriminarlo, pedinandone i movimenti. A parte Chino e la bella amante, un po' solo contro tutti...
Storia tesa e regia di spessore, frequenti i primi piani a sfumare sullo sfondo, violento senza eccessi, non ci sono inseguimenti, grandi sparatorie solo una e determinante. C'è il costante timore dell'intrigo e del doppiogiochismo che si risolverà solo in un finale decisamente drammatico e inatteso, che ho sospettato a lungo ma in altri termini.
Curiosa situazione in questura, dove ad un commissario capo pragmatico ed attento si contrappone un vicecommisario, fresco di nomina, particolarmente istruito e progressista. In quel luogo, e tra loro 2, ci saranno discussioni che per i tempi sorprendono, ad esempio si parlerà della condizione disumana dei detenuti nelle carceri (Ugo era uscito in seguito ad un'amnistia) e, cosa che costerà al vice il trasferimento in Basilicata, si parlerà di quanto tempo si perde sui pesci piccoli (anche L'americano in fondo lo è) e non s'indaga sui movimenti dei capitali che proprio a Milano, grazie alla Borsa, trovano il terreno più fertile per riciclare i proventi illeciti. Devo dire che mi hanno stupito molto.
Film stupendo, assolutamente da mettere in carnet. Tra i miei Cult.

Milano calibro 9

qualche frame di Milano anni 70: i Navigli


Milano calibro 9

ancora Navigli, questo ponte pedonale "ai tempi" l'ho percorso un'infinità di volte


Milano calibro 9

le famose "case di ringhiera" di Milano, case popolari nel senso che erano quelle del popolo, cortile interno e balcone a ringhiera che collega tutti gli appartamenti di un piano, spesso col bagno in comune, sono caratteristici

Milano calibro 9

il balletto sul cubo di Barbara Bouchet, decisamente conturbante, femmina Naturalmente generosa, non si limiterà nel film a questo, ma se dovessi dire sinceramente in cosa me la ricorderò a lungo...


Milano calibro 9

ufficio in questura


Milano calibro 9

da sx Chino (Philippe Leroy), Don Vincenzo (Ivo Garrani), Ugo Piazza


Milano calibro 9

c'era una festa... è l'inizio del finale


Rece dedicata con affetto all'amico Adriano Maini, appassionato descrittore di sentimenti, ricordi, spesso di luoghi tra i quali Milano alla quale è molto legato. Ho linkato apposta i suoi articoli "milanesi". Ciao Adriano, sempre un piacere leggerti.
Fantastica la colonna sonora, da procurarsi, composta da Luis Bacalov, con l'apporto di un gruppo progressive dei tempi poco noto ma bravissi, gli Osanna. Qui una interpretazione dei Calibro 35, ottimi interpreti delle o.s.t. di genere, da vedere dal vivo se capita l'occasione.

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