Io immortalata da Massimo mentre twitto, anche se lo zenfone è buio. Giuro che era acceso.
(Anche questo post è stato pubblicato dallo zenfone 2 e tutte le foto sono state scattate con lo stesso dispositivo. Continuo con l’esperimento android feat app di wordpress e per il momento sembra funzionare senza intoppi).
Me ne sto spesso in casa, lo sanno tutti, tant’è che anche chi mi conosce da due ore mi chiede di “non uscire” insieme. Così tanto spesso che persino la mia coinquilina l’altra volta mi ha detto che ci sto troppo, che mi obbligano a uscire ogni tanto anche solo per far cambiare aria al cervello e per sfoggiare i vestiti che compro. Poi il signor Asus mi ha detto “Denai, ti ho dato un telefono da testare, ha una gran fotocamera, non sarebbe il caso che andassi a immortalare qualcosa di diverso dalla tua cameretta?” “Ma signor Asus, a me le persone fanno paura!” “Alza il culo e vai mio piccolo padawan, sei pronta”. E così mi sono ritrovata nel bel mezzo della design week e degli eventi super cool con un cocktail in mano e la gente che mi diceva “come sei fotogenica, posso farti una foto?” mentre mangiavo il gelato al gusto fagioli rossi (gnegnegne adesso sono come voi che siete stai in Giappone). Che poi ogni anno lancio gomitate alle mie amiche dicendo “oh, quest’anno ci facciamo tutti gli eventi, andiamo a tutte le serate, scrocchiamo un sacco di alcool”, controllo gli eventi su facebook, leggo il programma sul sito, poi va sempre a finire che sto sul letto a guardare i film con Seth Rogen e rosico pure, perché è vero che troppe persone mi mettono ansia, che sentire la gente parlare dell’aria fritta mi fa venire voglia di ingoiare una lampada di design, però oh, in fondo siamo animali sociali e social, ogni tanto ci tocca. Così, un po’ grazie ai miei splendidi amici molto più mondani di me, un po’ grazie al signor Asus, un po’ grazie a Sky Arte, vago tra tutto questo design e tutta questa gente che fa finta di capirci qualcosa e per questi padiglioni allestiti con cose che non capisco, tutti i giorni, fino a domenica. E non fa niente se io fino a quattro giorni fa credevo che la Design Week, il Salone del Mobile e il Fuori Salone fossero la stessa cosa, no. Intanto ho scoperto che i divani di design costano tanto, i lampadari di design costano tanto, le sedie di design costano tanto, anche l’aria che respiri, se è di design, ti costa quanto rifarti le tette dal marito chirurgo di Nancy Brilli. Però l’alcool non costa niente, e nemmeno il buffet.
Non vi arrabbiate con noi zenfoniani, calmatevi, vi vedo tesi. Non è colpa nostra se con lo zenfone le foto si scattato e modificano come vogliamo in due soli click, se usciamo sempre bellissimi perché ha il ritocco incorporato, se il signor Asus ci vuole bene e ci porta a fare gli swagghetti. Tranquilli, ve lo faccio vedere io come si fa, domani, o guardatelo voi su zenfone.it.
Adesso mi ritrovo a provare vergogna nel pubblicare il post “ode al week end casalingo” che ho nelle bozze da mesi e che dunque rimarrà lì ancora per un po’, perché sarei più bugiarda di chi dice che Chris Pratt non fosse bono anche da cicciobombo cannoniere e soprattutto riesco a fregarmene delle paranoie che mi immobilizzavano tra le mura di casa:
– ma che mi metto? Ho sempre paura di fare la figura della peracottara che arriva nella grande città dal paesello di provincia (che poi paesello un cazzo, ok che ho sempre vissuto fuori dal raccordo anulare, ma la mia vita è sempre stata a Roma)
– ma che je dico alla gente che incontro? Come mi presento? Che gli racconto?
– quante volte posso tornare al buffet a riempire il piatto senza sembrare Totò in Miseria e Nobiltà?
– e se incontro una delle tante persone con le quali ho litigato su internet o che non sopporto? Se incontro il mio ex? Se incontro la nuova tipa del mio ex?
Ho risposto a tutti questi quesiti esistenziali così: potrai finalmente sederti su una sedia Kartell anche senza comprarla. (Cosa che ancora però non ho fatto).
Via, si parte, carico lo zenfone, mi metto il mio vestito preferito, il rossetto e volo.
– Con lo zenfone siamo tutti incredibilmente più carini, ed esserlo è davvero facilissimo, però ve l’ho già detto che ve lo dico domani, avete 24 ore per credere che io dal vivo sia davvero come appaio in foto.
– Allo spazio Asus di via Tortona ci siamo fatti riconoscere per essere degli scrocconi pezzenti poracci alcolisti non tanto anonimi e quindi abbiamo fatto razzia di spritz, cheesecake, prosecco, poi ci siamo fatti ottomila selfie, io ho sporcato prima di sugo e poi di fragola il mio adorabile vestito bianco anni 50 vintage di Collectif, perché sia mai che io riesca a stare in un posto composta e senza farmi riconoscere. L’ingresso dev’essere sfuggito agli sceneggiatori della nuova serie di x-files, altrimenti lo avrebbero sicuramente usato come location, gli spruzzi di luce che se avvicini cambiano forma mi hanno fatto rimanere con la faccia stupita da bambino di Up per quindici minuti buoni (ma soprattutto sono rimasta stupita di una cosa: l’opzione zero shutter lag mi ha permesso di riuscire a catturare proprio il momento che volevo catturare, all’istante, senza ritardo e senza farmi perdere quel preciso gioco di acqua luccicante), mi sono fatta di nuovo un selfie, stavolta per sensibilizzare l’opinione pubblica su un problema molto importante: la libertà di occhiaia. Lo zenfone continua a essere per me ancora un po’ troppo grande, del tipo che però me ne sono dimenticata e così ho messo su la borsettina leopardata uguale alle scarpe e niente, ho passato la serata col telefono in mano. Non che questa sia una novità, per carità, e poi così ero sempre pronta per immortalare tutto quello che vedevo intorno a me (con una fotocamera principale da 13 MP e una frontale da 5 MP e obiettivo grandangolare da 85 gradi, ecco perché esco fuori così carina, accidenti).
Anche con una luce blu assurda o con il buio le foto vengono precise, capite? Non mi ferma più nessuno! NESSUNO! Selfie nelle gallerie, selfie nella bat-caverna, selfie infrattati!
– Il giorno dopo l’ho fatto di nuovo, come Britney Spears, e mi sono tuffata in un mare di stranieri (non in quel senso lì, cioè, magari). Ho preso la guida e non ci ho capito niente, tutti quei luoghi e quei nomi mi hanno presa a schiaffi in faccia, così alla fine ho preso la decisione (cioè, l’ha presa Massimo ma io ho annuito) di andare nei posti belli di Milano.
– a Milano esistono luoghi che non conoscevo e così mi sono ritrovata a fare la turista con il naso all’insù nella città dove ormai risiedo e non solo fisicamente, o almeno così dice la mia carta d’identità. Siete mai stati a Palazzo Crespi? Avresti mai pensato che a Milano potessero esserci palazzi che sembrano quelli di Firenze, o di Roma? Scusate ma io no. Mi sono fatta intortare soprattutto dai miei fiori preferiti e dal fatto che si abbinano perfettamente ai miei capelli, così che strano, mi sono fatta un selfie, anche se la luce del sole, è risaputo, infastidisce molto noi vampiri. Ho anche trovato quello che pensavo fosse il tappeto perfetto per la mia cameretta, fatto di petali di rose, profumatissimo, ma niente, anche quella era un’istallazione, maledetto design.Figuriamoci però se in un palazzo del genere potevo limitarmi a farmi un solo selfie, ma stiamo scherzando? E quindi mi sono atteggiata a riccona che vive in una casa con la biblioteca personale e ha tre figli con tre nomi a testa, accorgendomi però che le luci non erano proprio quelle più giuste. Accidenti, hai un bagno del genere e sbagli le luci? Ma non l’hai vista la puntata de il Testimone di Pif con Valeria Marini? Le parole sono importanti, ma anche le luci. Ma allora quello specchio che ce l’hai a fare? Ma niente è perduto, ho uno zenfone, caro il mio riccone ti ho fregato alla grande.
E ho anche un dietro le quinte manco fossi sul set di The Lady, così potete vedere anche il resto del bagno, io ieri notte l’ho addirittura sognato:
Non ci crederete mai, me ne rendo conto, ma stasera esco di nuovo. In realtà uscirò tutte le sere fino a domenica. Domani vi dico come sopravvivere a questo delirio intanto però adesso la domanda è una sola: se l’altra sera ho indossato il mio preferito, stasera e le prossime sere, io, che me metto?