Milano: entro giovedì il registro delle unioni di fatto. La Curia tuona contro e Pisapia risponde: “Rispettare le scelte della politica”. Formigoni: “La famiglia non si scimmiotta”. Oh signùr!

Creato il 24 luglio 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti

La vignetta è di Giuseppe Piscopo
Il tema è vecchio come il mondo, oddio, forse come il mondo no ma come la Chiesa sicuramente sì, e parte quasi sempre da una domanda: fino a che punto è nell’ordine delle cose che il clero (perché poi alla fine di questo si tratta) intervenga nelle decisioni della politica? Per quanto riguarda le tematiche etiche non abbiamo nessun dubbio, se la Chiesa tacesse sarebbe un peccato di omissione, anche se poi la decisione ultima spetterebbe comunque alla politica. Sui temi “civili”, invece, trattasi di interferenza: pesante, screditante per la Chiesa stessa, opprimente come il cielo plumbeo e carico di pioggia di luglio, dal vago sapore di caccia alle streghe e quindi di rogo non scambiabile con un falò in spiaggia. Nel programma elettorale di Giuliano Pisapia, il registro delle unioni di fatto era stampato in lettere maiuscole (grassetto). Chi ha votato per lui e, quindi, la maggioranza dei milanesi, ne ha condiviso lo spirito e le linee. Ergo, la maggioranza dei milanesi vuole che la città, come già molte altre in Italia, si doti di un registro che tuteli anche dal punto di vista giuridico, le coppie di fatto. Il problema serio è che, andato in pensione il cardinale Dionigi Tettamanzi, che tanti dispiaceri ha dato al Pdl, alla Lega e, soprattutto agli onnipotenti, onniscienti, onnipresenti crociati pro domo loro di CL, l’Arcidiocesi di Milano è saldamente in mano al cardinale Angelo Scola, che è fatto di tutt’altra pasta e decisamente in linea con le tensioni ideologiche del centrodestra più sgarrupato del mondo qual è quello italiano. Scola tuona peggio del cielo incazzato di agosto, quando i decibel arrivano a intensità sonore insostenibili per le orecchie umane, e ogni volta che illustra il suo illuminato pensiero, non può fare a meno di prendersela contro il “divorzio breve”, le unioni di fatto, il divorzio in sé, l’aborto, il consumo modico di alcol, andare alla partita di calcio con l’intenzione di dare del cornuto all’arbitro. E argomenta le sue tesi, il cardinale Scola, in punta di diritto quasi fosse un avvocato, un giurista e non, semplicemente, un pastore di anime. Richiama la Costituzione italiana e la brandisce come una croce infiammata, ovviamente quando fa comodo perché, ad esempio, quando la Costituzione riconosce la scuola pubblica come l’unica scuola finanziabile dallo Stato, si guarda bene dall’affrontare l’argomento. Il Cardinale, insomma, si comporta come tutti i politici del nostro paese abituati a tirare l’acqua al proprio mulino, senza considerare quello del vicino che se non macina, chi se ne frega! Nella terribile querelle è intervenuto, e non poteva essere altrimenti, anche l’arcivescovo in pectore Roberto Formigoni, prossimo candidato alla beatificazione in vita (unico esempio nella storia della Chiesa). Il presidente della Lombardia ha detto: “La famiglia non si scimmiotta”. Lui, che di famiglia non ne ha manco mezza, che non sa neppure cosa sia e che di figli, a meno di improbabili ripetizioni del miracolo della nascita di Gesù Cristo da una vergine, ne sa ancora meno. Questa storia di Formigoni ricorda quella di una nostra vecchia amica che parlando di sesso diceva: “Lo conosco poco però ho letto molto”.



Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :