Una Collezione A/I 2015-16dal bagaglio antropologico imponente e con un respiro cosmopolita, che va a caratterizzare un perpetuo rincorrersi di trompe-l'œil culturali: i tessuti e anche gli abbinamenti compongono paesaggi narrativi dove si delinea un’inedita estetica di cui la moda (etica) diventando portavoce. Portavoce di una contro colonizzazione in cui un semplice ed umile 'charka', l'arcolaio a ruota,si è dimostrato più potente di qualsiasi Kalashnikov, come un simbolo capace di far esplodere la giustizia, sotto l'egida dell'ossimoro massimo della 'disobbedienza civile'.
Ecco il nostro gentleman sans-papier nel suo passaggio in India alla ricerca del Koh-i-Noor, in viaggio dalla dinastia Moghul fino alla corona della Regina Vittoria, con tutto il fair play appreso sul campo da cricket, elemento di concentrazione ed elegante rigore.
Le stoffe riproducono affreschi buddisti di giottiana memoria e anche stampe che rappresentano l'architettura moresca dei palazzi del maharaja, in continua trasmigrazione tramite la ruota del Samsāra che non permette un’univoca visione. L’inconfondibile sartorialità italiana che caratterizza il taglio degli abiti che acquistano un sapore inedito grazie a vibranti cromie. I contrasti vengono sottolineati da un forte attaccamento alle grisaglie e ai manteaux del baule del nonno ed ecco che tornano il principe di Galles, il Black Watch, i tweed. Elementi della commistione Britannica che passa dalle giacche da camera a quelle da caccia.
La moda si scopre come un lasciapassare per nuovi territori: il rigore sartoriale dei tagli, le linee impeccabili e, ça va sans dire, l’immancabile camicia a righe della tradizione italiana ed europea, dalla vestibilità lievemente slim, instaurano un avvincente scambio di opinioni. Trench d’ispirazione British si alternano a blazer dal taglio totalmente sartoriale, entrambi in stoffa wax o in tessuto canvas, che è stato realizzato a telaio a mano in Burkina Faso, mentre i pantaloni in stampa wax dalla vita leggermente alta e abbinati a bretelle, sono tagliati alla caviglia, lasciando intravedere le mille stampe colorate delle calze.
La collezione segna la migrazione come una metafora di una tappa fondamentale nel cammino di crescita dell'uomo, tappa di aperture, conoscenza e scambio. Una migrazione evolutiva di generazione e di mentalità, non solo di luoghi,consapevole dell'importanza, prima di un lungo viaggio, di mettere nel borsone trovato in soffitta, le foto, i libri e tutto ciò che è memoria.
Per poter evidenziare ancora una volta l’importanza e la ricchezza intrinseca alla produzione culturale e artigianale dei singoli popoli, Stella Jean ha scelto di poter realizzare una parte delle sue creazioni impiegando tessuti realizzati in Burkina Faso, da gruppi di tessitrici locali organizzati in cooperative e anche in aziende individuali coordinati tutti da un hub centrale, gestito dal programma di moda etica Ethical Fashion Initiative di ITC, agenzia dell’ONU e dell’OMC.
L’infrastruttura è quella che ITC ha creato in Kenya e che viene poi usata per poter gestire una fabbrica estesa capace di dare lavoro e dignità a tutti coloro che vi sono coinvolti. Un’ulteriore testimonianza di come la moda possa divenire veicolo ed espressione culturale per un arricchimento al tempo stesso estetico, sociale ed etico.
In un autentico simposio culturale, tra visioni ed anche espressioni di mondi tra loro solo in apparenza lontani e in contrapposizione, che si sintetizza in un’impeccabile crasi estetica tra India, Inghilterra, Cambogia,Italia e Burkina Faso.Una Babele a tendenza inversa.
Per Maggiori Informazioni: www.stellajean.it
© Ph Studio Book Fashion - Dario Raimondi