Lucio Del Pezzo, Studio Marconi / Fondazione Marconi – testo di Gillo Dorfles
Milano mostre arte contemporanea: artisti, gallerie e documenti – Lucio Del Pezzo, Studio Marconi / Fondazione Marconi – testo di Gillo Dorfles. Il documento che segue è il numero 4, del 2 aprile 1981 delle pubblicazioni Documenti di Studio Marconi che, grazie alla cortesia di Giorgio Marconi, è stato messo a disposizione dei lettori Milano Arte Expo.
Les siqnes mystérieux: i misteriosi segni, tracciati da Lucio Del Pezzo per una sua minuscola e preziosa “poquette”, sono ricavati da alcuni dipinti di Giorgio De Chirico del periodo tra il 1913 e il 1916. Ma questi segni non sono certo riconoscibili se non da chi abbia sott’occhio le opere dechirichiane e ne compia una rigorosa dissezione. Oggi, partendo da questi sottilissimi segni, Lucio Del Pezzo è giunto a costruire una serie di dodici tavole che sono altrettanti dipinti della sua ultimissima stagione e dove il legame con il Maestro Metafisico costituisce solo quell’impalpabile cordone ombelicale che, – ormai da alcuni decenni – lega l’opera dell’artista napoletano a quella del Gran Vecchio della pittura italiana. >
Lucio Del Pezzo, Studio Marconi / Fondazione Marconi – testo di Gillo Dorfles
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Lucio Del Pezzo si è foggiato , ormai, un suo preciso universo formato di oggetti personali elevati a potenza di alfabetario privilegiato: mensole, cubi, losanghe, piani inclinati, bersagli, birilli, manichini, che non hanno più il loro iniziale valore di riferimento semantico a una realtà, sia pur metamorfosata, ma che sono, invece, un gergo privato, quasi un’etichetta, a testimonianza della continuità nel tempo della sua invenzione figurativa.
Dell’antico rapporto con la pittura metafisica italiana è rimasto ben poco: forse soltanto un aggettivo, utile come richiamo e anche come argine di fronte all’incalzare di altri eventi dai quali Lucio Del Pezzo vuole difendersi e tutelarsi.
Fondazione Marconi – testo di Gillo Dorfles per Lucio Del Pezzo
Tutte le recenti vicende dell’arte visiva: dal pop all’op, dall’arte povera a quella concettuale, hanno lasciato scarse tracce sul suo lavoro appunto perché lo stesso ha potuto svolgersi al riparo d’uno robusta matrice partenopea e d’una presunta ascendenza storica.
Dopo le giovanili e folkloriche Tavole del ricordo, dopo il periodo delle Scale cromatiche, dei puzzles, dopo Il grande occhio e La divina proporzione, ecco, in questa odierna mostra allo Studio Marconi, sei grandi sculture: ossia trasposizioni tridimensionali dei consueti moduli figurativi che si rifanno al repertorio iconografico realizzato, sotto aspetti diversi, negli ultimi anni.
Ma ecco, anche, due opere – sempre a carattere volumetrico – decisamente di nuovo conio: due “quasi macchine”, sempre di fattura artigianale, ma con un piglio meccanicistico, ignoto sino a oggi; oggetti percorsi da una raggera di lucidi fili metallici, la cui “non funzionalità” appare come una grottesca sottomissione all’attuale civilizzazione tardo-industriale.
Qualcosa d’analogo si può ripetere a proposito del curioso aereo-volatile, a metà strada tra la sagoma di un velivolo e quella d’un gigantesco insetto, il quale appartiene ad una tipologia sino ad oggi del tutto inedita.
Fondazione Marconi – testo di Gillo Dorfles per Lucio Del Pezzo
Si tratta evidentemente d’un approccio più tecnologico, anche se d’una tecnologia beffarda e ironica. Come del resto erano ironici gli oggetti basati su arcobaleni, su birilli e bersagli delle precedenti stagioni.
Ma oltre a queste opere tridimensionali dobbiamo rammentare in questa mostra la presenza di sei grandi progetti su cartone, dove le immagini pittoriche sono rilevate e sovrapposte come bassorilievi dipinti, e dove è facile scorgere un genere in parte inedito di ricerca oggettuale.
E finalmente, i dodici dipinti (ai quali si allea un grande trittico), costruiti partendo appunto da quei segni dechirichiani ai quali sin dall’inizio ho accennato. Lucio Del Pezzo si è liberato qui dalla sottomissione alle rigorose impostazioni prospettiche (o di “falsa prospettiva”) d’un tempo.
I segni – frecce, geroglifici, losanghe, virgole, croci, tratti sovrapposti e embricati, che – come dissi – ben poco conservano dell’originale provenienza – si allargano e protendono a costruire nuovi spazi, non più limitati e circoscritti: spazi quasi paesaggistici, che possono sconfinare in un cielo o in una pavimentazione quadrigliata, in un tavolo o in una muraglia, spesso liberi ormai dalla presenza di oggetti-giocattoli, riconducibili ai precedenti “alfabeti”.
Sicché, quella che per molti anni era diventata per l’artista una sorta di prigione magica, popolata dai trastulli di un gioco per adulti, si è, ora, spalancata, lasciando entrare nelle superfici dipinte l’aria più libera di nuovi orizzonti pittorici, solo parzialmente “metafisici”, forse già premonitori di altre imprevedibili vicende.
Gillo Dorfles
Milano Arte Expo – Lucio Del Pezzo, Studio Marconi / Fondazione Marconi – testo di Gillo Dorfles
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MAE Milano Arte Expo [email protected] ringrazia Fondazione Marconi Arte Moderna e Contemporanea di Milano – e in modo particolare Giorgio Marconi – per la documentazione messa a disposizione di Studio Marconi su Lucio Del Pezzo, con testo di Gillo Dorfles.
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