Alla fine non c’è stato l’incontro con il sindaco, come molti della comunità LGBT (lesbica, gay, bisex e transessuale) speravano. Giuliano Pisapia non è arrivato al corteo del Pride, né si è mostrato dalla finestre di Palazzo Marino, al passaggio della manifestazione. “Ma noi siamo comunque contenti – spiega Marco Mori, presidente dell’Arcigay di Milano -. Abbiamo il patrocinio del Comune. Con noi in corteo c’è l’assessore alle politiche sociali e alle famiglie Pierfrancesco Majorino. Si apre una fase nuova nella storia della comunità omosessuale”.
Il senso di una normalità lentamente ma saldamente raggiunta lo si è percepito del resto anche nelle centinaia di bandierine arcobaleno sventolanti su corso Buenos Aires, da dove è partita la manifestazione (un regalo dei commercianti della zona, l’Ascobaires, un tempo serbatoio di voti delle giunte di centro-destra) e nella folla di milanesi che si è disposta lungo le strade al passaggio del corteo, o che lo ha salutato dai palazzi del centro (i balconi più affollati, quelli dei marchi del quadrilatero della moda). Il corteo si è dipanato lentamente, da piazza Lima sino al Castello Sforzesco, in una giornata rovente (temperature oltre i 30 gradi), in cui la città è apparsa deserta, raccolta unicamente attorno al serpente lungo e colorato del Pride.
In corteo c’erano i carri, quello di Cenerentola (perché l’Italia è la “Cinderella of Europe” in tema di diritti gay) e quello ispirato all’antico Egitto. C’erano i travestimenti, le pailettes, il cerone e i tacchi, le canzoni di Raffaella Carrà e dei Queens – tutto il cotè ludico e tradizionale dei Pride (anche questo un lascito dei primi pride newyorkesi, che volevano che “l’orgoglio omosessuale” fosse un fatto di vita, di passioni e sentimenti, e non di pure rivendicazioni politiche). E c’erano le richieste del movimento, che sono state lette simbolicamente proprio in piazza della Scala, davanti a Palazzo Marino: registro delle coppie di fatto (per ora), istituzione di sportelli contro l’omofobia e la transfobia, potenziamento dell’informazione sulle malattie trasmettibili sessualmente, la formazione specifica di dipendenti comunali su questi temi.
Ma tra le migliaia in corte c’era, soprattutto, il senso che per la prima volta dopo decenni di sconfitte, stop, arretramenti, il movimento LGBT sperimenta un primo tangibile successo istituzionale, che segue l’evoluzione dei costumi e della morale comune. “Milano siamo anche noi”, diceva lo striscione di apertura del corteo. “Pisapia, l’anno prossimo in corteo ci sarai anche tu”, urlava la folla sotto Palazzo Marino.
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/06/25/milano-sfila-il-gaypride-ma-il-sindaco-non-ce/125289/
Vi abbraccio
Marco Michele Caserta