Lunedì 29 ottobre 2012, spronato e trasportato – non certo trascinato! – al Teatro dal Verme in Milano da due amici e colleghi di lavoro, ho assistito – per la prima volta nella vita – a un comizio politico: quello del sindaco di Firenze, e candidato alle primarie del centro-sinistra, Matteo Renzi (PD).
L’IMPATTO – L’impatto con la novità è stato, per me, sia emozionante che straniante: se da una parte c’era infatti l’emozione caratterizzante ogni “prima volta”, dall’altra non potevano mancare il plus di attenzione e di curiosità che solo le “prime volte” sanno regalare.
Sarà forse per questa ragione che ho notato, e ne sono felice seppur con rammarico, che: 1) l’elettore non ha perso la speranza, ma la bussola: è in cerca di un candidato cui proporre tutta la propria fiducia, ma non – più – incondizionatamente. 2) Matteo Renzi ha convinto i giovani: nessun politico li sa ascoltare e – soprattutto – sa dargli voce come fa lui, ed è per questo che una selva di ragazzini/e (questo mi fa capire quanto sono vecchio, dal momento che ad ogni faccia degli addetti del comitato di Milano ho saputo dare non più di 25 anni) ha scelto di impegnarsi per – provare a – portare al successo la candidatura dello “stilnovista”. 3) l’inesperienza, però, è una carenza, specie per chi si candida ad affrontare una fase delicata come quella che ci attende. Ora: Renzi di esperienza ne ha più di altri (già presidente della Provincia e sindaco di Firenze) nonostante non arrivi a 40 anni, e Barack Obama prima di diventare presidente USA non era stato neppure amministratore di condominio; ma i suoi “ragazzi”, che si alterano – giustamente – per la pre-registrazione imposta dal PD agli elettori intenzionati a partecipare alle primarie, non dovrebbero essere così aggressivi e molesti nel tentativo di vendere i gadget, ottenere finanziamenti e richiedere registrazioni alla mailing list! Li perdono solo perché devono colmare un gap di notorietà del candidato. 4) poco prima che aprano le porte del teatro, arriva – nell’incredulità dei presenti – una fiaccolata di accoliti urlanti: scena poco seria, che avrebbe quantomeno dovuto essere spiegata dal “capo” durante il comizio. Così, invece, è sembrata un’improvvisata di quelle che di tanto in tanto vengono in mente in qualche oratorio..
DENTRO – Il teatro ha più di 1.400 posti. Tutti occupati. Ci chiamano da fuori dicendo che ci sono altre centinaia di persone che stanno assistendo dai maxischermi. L’obiettivo del coinvolgimento di un vasto uditorio sembra raggiunto. La scenografia è minimal, ma la presenza di un proiettore aiuta l’oratore ad essere introdotto. Parte anche la musica, “giovvane” e adrenalinica quel tanto che serve: la comunicazione non è certo un ostacolo per “The Snake” Giorgio Gori, che segue Renzi sin dai suoi primi vagiti (e che, a vederlo, non dà certo l’impressione di essere un serpente: io gli affiderei il passeggino di mio figlio, dovessi andare in bagno, ma non ho né un figlio né l’esigenza fisiologica e mi vado ad accomodare). Qualcuno ha letto la stampa “buona” (così viene definita quella di sinistra, e “Avvenire” negli ambienti della Chiesa) e si è fatto convincere ad esporre anche un paio di bandiere del PD, giusto per far capire – o credere? – che la lotta è interna al partito e non fatta da uno che non si sa bene di dove venga.
GLI OSPITI E IL COMIZIO – Poco prima di Renzi, arriva il sindaco Giuliano Pisapia: applausi convinti, si sfiora la standing; ma è l’unico volto noto che viene identificato, mentre l’assessore all’istruzione di Milano – cui spetta il compito di introdurre l’ospite – si deve presentare. Endorsement riuscito, poi ha inizio lo show. Renzi parla per più di 90′, ripromettendosi un paio di volte di non andare lungo: cita personaggi che hanno segnato in positivo la storia recente di Milano (come il card. Martini, e ad ogni nome è un applauso), enumera gli esempi di virtù meneghina – su tutti: lo spirito del volontariato – che avrebbe piacere di trapiantare nel suo Governo, lancia slide che supportano la sua analisi politica ed economica (meno brillante di lui il tecnico, che non lo segue come dovrebbe e per questo si prende un simpatico rimbrotto), si difende dalle accuse degli avversari e li attacca – poco – convincendoci a convenire che non può ergersi a giudice chi per 20 anni è stato scaltro rappresentante solamente del proprio “particulare”. Ci sono buone idee, ma piccole e non risolutive: servizio civile obbligatorio per un periodo di tempo limitato, attenzione all’offerta turistica, decisione piuttosto che incertezza e cerchiobottismo, sono “riforme” a costo zero che potrebbero rimettere in moto la coscienza civica, oggi ai minimi storici. Sui grandi temi solo grandi risposte (“liberiamo la produttività femminile incentivando l’asilo nido”) che però non hanno una copertura economica dichiarata, e restano un po’ in sospeso. Comunque mai un indecisione, mai un momento di noia, sempre la capacità di creare empatia con un pubblico che si infiamma quando Renzi alza il tono e si concentra quando la discussione diventa più articolata: può piacere o meno il suo approccio politico, mentre l’abilità oratoria è indiscutibile.
IL NUOVO E IL VUOTO – Trovo Matteo Renzi un uomo nuovo: pone, in politica, temi che qualcuno ritiene essere scontati, al punto tale che non vengono neppure più proposti (e quindi non sono mai stati analizzati). Nuovo è anche l’approccio di chi vuole dare un’anima liberale e laica alla sinistra italiana: non è laico, infatti, pensare di sostituire alla religione dominante – il cristianesimo – un’altra religione – chiamiamolo sinistrismo – ritenuta indiscutibile, mentre è genuinamente laico l’approccio di chi vuole dare spazio e uguale dignità a tutte le voci esistenti. Renzi mi piace perché pone anche il tema di una “summa”, a posteriori, di tutte queste voci: hanno uguale cittadinanza, ma non possono avere un peso più rilevante rispetto a quello che ottengono realmente. Certo: a parte l’amicizia con i sindaci e il sodalizio con Ichino, Renzi rischia di essere una potente macchina da guerra avanzata troppo rapidamente e priva di una retrovia in grado di garantirgli costante rifornimento; dietro di lui sembra esserci nulla, se non quei ragazzini che sono arrivati urlando al dal Verme con fiaccole in mano: sarebbe poca cosa..