Detto cio’, un movimento radicale di cambiamento che sia consapevole di sè e della complessità delle cose istituzionali non la candiderebbe mai alla presidenza della Repubblica. Si muoverebbe per metterla alla guida di una rete Rai. O per farla direttore generale del servizio pubblico.
Se decide di votarla per il Colle le spiegazioni possibili sono solo due.
- La prima è un cinico (ma ormai scoperto) calcolo politico. Il sogno proibito dei Cinque Stelle è un accordo di governo tra Pdl e Pd, così da poter gridare all’inciucio e specularci bellamente sopra? Allora meglio buttare via la possibilità di influire sulla elezione del capo dello Stato, chiamarsi fuori come sempre e ribadire il teorema noi/loro, che è la miniera d’oro di Grillo e Casaleggio.
- La seconda è puro e semplice smarrimento del senso della realtà. Quello di chi, in attesa della rivoluzione (il 100 per cento del Parlamento, del Paese, del pianeta terra e della Via lattea) si rifugia dietro ad una scelta identitaria, sterilmente simbolica e totalmente autoreferenziale.
Probabilmente, sono entrambe le cose. La massima inutilità politica unita al più totale cinismo