Da tempo il Military Balance, pubblicato con cadenza annuale dal britannico International Institute for Stategic Studies (IISS), è ritenuto lo strumento più affidabile per valutare lo stato delle capacità militari e della spesa destinata alla Difesa a livello globale. L'edizione 2015, pubblicata recentemente, offre diversi spunti per comprendere il complesso quadro geopolitico che si è delineato negli ultimi mesi.
1/I dati del Military Balance 2015: Lungo il confine russo-ucraino
La crisi ucraina ha logorato profondamente i rapporti tra l'Europa e la Russia, facendo aleggiare nuovamente sul Vecchio Continente i fantasmi della Guerra Fredda. La precaria tregua raggiunta nelle scorse settimane ha portato ad un congelamento del conflitto e non ad una sua risoluzione definitiva, che sembra ancora lontana. Diversi osservatori internazionali, intanto, leggono nella vicenda un chiaro esempio del nuovo corso della politica russa. Le vicende del Donbass dimostrano in effetti come il rinnovato attivismo geopolitico del presidente Putin sia strettamente legato al perseguimento di una politica di potenza, anche in campo militare, che ricorda l'epoca sovietica.
Il Military Balance 2015 evidenzia come il Cremlino, mosso sia dal conflitto attuale che da un possibile futuro scontro con la NATO, abbia aumentato vertiginosamente le proprie spese militari. Il capitolo di bilancio dedicato alla Difesa è cresciuto del 10% nell'ultimo triennio, ben del 33% dal 2014. Gli investimenti della Russia appaiono mirati soprattutto ad una rapida modernizzazione dell'equipaggiamento militare, oltre che al suo incremento quantitativo. L'aviazione riveste un ruolo importante in questo quadro, con il test dei caccia Sukhoi T-50 di quinta generazione ed il progetto di un nuovo bombardiere a lungo raggio. Il colosso eurasiatico guidato da Vladimir Putin punta anche su un miglioramento delle proprie forze di reazione rapida (l'equivalente della spearhead force della NATO), mantenendo comunque al centro del progetto strategico l'arma nucleare.
2/I dati del Military Balance 2015: la polveriera mediorientale
Un altro nodo strategico particolarmente importante che l'IISS analizza è la zona mediorientale, tornata sotto i riflettori per la crescente minaccia dello Stato Islamico. La violenta affermazione degli islamisti, unita alla crescita del jihadismo autoctono e dei foreign fighters, pone diversi problemi ai governi occidentali, sia in termini di sicurezza nazionale che di contrasto al fenomeno laddove si è originato e sviluppato.
Il Military Balance 2015 affronta questo spinoso tema analizzando la natura ibrida dell'ISIS - in parte movimento insurrezionale, in parte esercito di fanteria leggera, in parte gruppo terrorista - e dimostrando la pervasività e l'efficacia delle sue azioni militari e propagandistiche. Sotto un profilo strettamente militare, i bombardamenti voluti dall'America hanno contribuito a fermare l'avanzata del Califfato Nero, ma da soli potrebbero non garantire la vittoria di alleati locali come il governo iracheno, i Peshmerga curdi e la Free Syrian Army. " Le operazioni aeree della coalizione possono portare a vittorie tattiche sull'ISIS", sottolinea il Military Balance, " ma non possono infliggere una sconfitta strategica al gruppo ". Nonostante la riluttanza del presidente Obama all'invio di truppe, una vittoria definitiva sul Daesh sarà possibile soltanto affiancando all'azione militare sia il blocco dei canali economico-finanziari attraverso cui si alimentano, sia un'efficace contrasto alla strategia mediatica attraverso cui l'ISIS fa proseliti anche nell'Occidente.
3/I dati del Military Balance 2015: lo scenario del Pacifico
Se Ucraina e Medioriente sono attualmente teatro di quelle che gli analisti politici definiscono "guerre a bassa intensità", uno scontro strategico di eguale se non maggiore importanza si sta svolgendo sottotraccia nello scenario del Pacifico. " In contrasto col continuo declino che si evidenzia in Europa", afferma il Military Balance 2015, " la spesa complessiva per la difesa è aumentata in Asia, [...] crescendo fino ai 340 milioni di dollari del 2014 ". La parte del leone è ovviamente riservata alla Cina, che con i suoi 132 miliardi copre il 38% dell'ammontare complessivo. (+10% rispetto al 2010). In discesa invece il peso percentuale del Giappone (-6%), che aumenta tuttavia i propri investimenti del 2%, toccando a quota 42 miliardi il nuovo record assoluto della storia recente nipponica. Il governo di Shinzo Abe appare infatti intenzionato ad imprimere una svolta bellicista alla politica estera del Sol Levante, proponendo la modifica del nono articolo della Costituzione che attualmente esclude la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie.
Il riarmo nell'area del Pacifico appare sostanzialmente all'insegna del rafforzamento del naval power. La marina di Pechino è l'osservata speciale, con lo sviluppo di nuovi vettori e cacciatorpedinieri e soprattutto un significativo incremento degli armamenti - triplicati rispetto al 2010 - a bordo delle navi. Tokyo non è da meno e progetta di acquistare, oltre ad aeromobili F35 e elicotteri, anche sottomarini avanzati di classe Soryu. La guerra sottomarina sembra essere in effetti il contesto a cui tutti gli Stati dell'area sembrano prepararsi. L'Australia, che nell'esercizio finanziario 2014 ha segnato un +6,1% alla voce Difesa, sembra intenzionata anch'essa a rinnovare la propria flotta con dei Soryu, mentre il Vietnam ha iniziato a ricevere delle unità di classe Kilo dalla Russia. India, Corea del Sud, Indonesia e Singapore si stanno muovendo nella stessa direzione.
Military Balance 2015: il quadro complessivo
Il quadro complessivo che emerge dal Military Balance, per quanto disomogeneo e frammentario, permette comunque di intuire i futuri sviluppi nelle relazioni internazionali. Il baricentro della nuova geopolitica, imperniato sul Pacifico, vedrà gli USA, che rimangono militarmente superiori, confrontarsi con le aspirazioni della Cina, mentre le altre potenze regionali, Giappone in primis, si rafforzano militarmente in previsione dello scontro. L'Unione Europea, attualmente minacciata sia sul confine orientale (Ucraina) che meridionale (Libia), dovrà invece trovare una strategia unitaria e convincente per riproporsi sulla scena internazionale non solo come controfigura della NATO ma anche come entità politicamente e militarmente incisiva.