22 dicembre 2014 Lascia un commento
Fino all’11 Gennaio 2015 alla Fondazione Fotografia Modena, l’esposizione si divide in tre per altrettanti argomenti, due monografiche e una tematica.
Sara’ questione di fisiognomica e fisonomia ma quei volti scolpiti nel marmo e nel tufo e levigati dal tempo, annullano i secoli e le distanze, riportano alla memoria antichi splendori, luce di gloria mai estinta ed epica mai assopita.
Jodice e’ onirico, sfuma e proietta attraverso linee di forza, il passato nel presente e ancora oltre. I suoi sono primi piani e ritratti, un dialogo fatto di sguardi e antiche virtu’, il richiamo del sangue e specchio nel quale ritrovarsi. Jodice e’ bravissimo in questo, meno sull’uso del digitale che semplifica un po’ troppo le cose.
A seguire Kenro Izu, giapponese classe 1949, una carriera dedicata ai luoghi sacri che dagli anni ’70 ha cercato, visitato e ritratto, con lo spirito dell’esploratore e nel rispetto dalle tradizioni che si manifestano anche attraverso l’uso di tecniche di stampa antiche e preziose come i sali d’argento e le stampe al platino.
I luoghi in mostra comprendono l’Egitto come l’Inghilterra, l’India e il Messico, sud-est asiatico e Sud America e la forza del fotografo e’ la forza della materia, un eterno imbrunire le cui sole luci provengono dai luoghi e le costruzioni incredibili che solo una Fede inarrivabile puo’ ispirare. Izu in cio’ e’ perfetto, l’occhio coglie il silenzio e le profondita’ delle costruzioni, la sospensione del tempo e la percezioni di forze potentissime. Templi di pietra e legno, natura che si mescola coi manufatti laddove la materia pare elevarsi da luoghi che non appartengono a questo mondo. Meno convincenti i viraggi, le sfumature che penalizzano i particolari, scelta sui tempi d’esposizione non sempre felici o quantomeno che non rispecchiano i miei gusti. A volte la sua tecnica funziona, altre no, merita comunque.
Infine la parte che ho preferito, fotografie autenticamente antiche dei primi del secolo scorso legate al Sudamerica, nello specifico Peru’ e Ande. Sessanta le opere esposte di diversi autori. Scene di vita quotidiana ma soprattutto ritratti di persone e famiglie, classi scolastiche e lavoratori, intere comunita’ rappresentate da volti e luoghi senza tempo o meglio appartenenti ad un tempo che fa parte dell’immaginario di un occidente che scopre vedendo quelle immagini, leggende e racconti come favole dimenticate e ritrovate.
Le foto sono bellissime, gioiellini di grande forza evocativa e nel contempo dolcissimi nell’ingenuita’ dei soggetti che rispecchiano probabilmente lo stupore di una tecnologia, la fotografia che a quel tempo, a molti di loro, doveva sembrare una specie di magia. Mi ha molto divertito e nel contempo incantato, indubbiamente delle tre la sezione che ho preferito. Consiglio anche un giro dal bookshop, quest’ultimo catalogo e’ da prendere.