Mindfulness? No grazie!
(In risposta all’interessante articolo di Morag McGill: “La Mindfulness: il paradosso di non cercare risultati, che comunque arrivano!”).
Qualcuno mi ha chiesto se medito. Ho detto: <<Non lo so, ma certamente rimugino>>. (Jim Rohn)
Non ho bisogno di una disciplina impegnativa e a lungo termine per disciplinarmi perché sono già sufficientemente disciplinato e consapevole. Non vivo in un convento e ho tante cose da fare.
Non voglio sentirmi costretto a meditare per tutta la vita per accorgermi, quando ormai è troppo tardi, che ho acquistato sì molto in razionalità e consapevolezza, ma ho perso la parte migliore della mia irrazionalità. Io tengo molto alla mia vitalità; ho gran bisogno della creatività e delle intuizioni; mi piacciono molto le emozioni perché mi fanno sentire vivo e vegeto; e ho bisogno dei miei errori e dei miei problemi che sono le sfide quotidiane che mi aiutano a crescere e migliorare mantenendo sano il mio cervello.
Razionalità e irrazionalità devono equilibrarsi per essere felici e sereni.
Non voglio essere uno schiavo volontario della mindfulness. Non voglio essere perfetto. Non voglio trasformarmi in un robot che non sbaglia mai. Non voglio essere proattivo al massimo grado. Preferisco essere un essere umano perché so concentrarmi fortemente quando lavoro e so “Come entrare facilmente in stato di flusso o di grazia”.
E non mi serve raggiungere il massimo dell’eccellenza nel mio campo perché “ la virtù non è mai il massimo di una data qualità o caratteristica, ma il valore medio tra il suo massimo e il suo minimo. Non voglio diventare il numero “1” perché so che la felicità non è il raggiungimento della meta, ma la gioia provata lungo il percorso. Anche la felicità è una virtù, precisamente una via di mezzo tra l’estasi e la disperazione. Anche perché è risaputo che chi si dedica anima e corpo a qualcosa, è costretto a trascurarne altre altrettanto importanti.
La felicità è data dal raggiungimento dell’equilibrio e della sicurezza nelle tre aree della vita: salute fisica e mentale, relazioni e vita di coppia, lavoro e business. Se anche una sola di queste aree è carente, essa influisce negativamente sulle altre due. A che mi serve essere una star, se mi manca l’amore? A che mi serve essere milionario, se la mia salute non è molto buona? A che mi serve avere un corpo statuario, se non ho un soldo per divertirmi?
Quanto al paradosso ”Per avere risultati, non cercare risultati”, è risaputo che il successo arriva automaticamente e in via esponenziale dopo che sei diventato sufficientemente esperto nel tuo campo. Non a caso, tutti sono bravi nelle cose che fanno ogni giorno! È il nuovo che ci spaventa perché ci manca la necessaria esperienza!
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