Oggi, per presentare questo libro, "Il dandy della Reggenza" ho pensato che sarebbero state benissimo queste mini cheesecake. Molto eleganti, di moda e affascinanti perchè queste cheesecake sono una sorpresa ed un dandy ama stupire.
Ma chi è un dandy?
Il dandismo è un movimento culturale inglese della fine del XVIII secolo che vede il diffondersi di persone dandy.il dandy e' generalmente l'intellettuale, l'aristocratico l'artista che concilia la bellezza con la moda, ama stupire, e' eccentrico, e' affascinante nel modo di apparire e fuori dagli schemi nel modo di pensare e comportarsi, ha un'anarchia dentro ma la offre con grazia, dice cose molto originali e anche ciniche, il massimo esponente del movimento e' Oscar Wilde.Il periodo della Reggenza
Il periodo della Reggenza in Inghilterra è il periodo che va dal 1811 al 1820, anni durante i quali il futuro Giorgio IV governò come principe reggente al posto del padre Giorgio III, inabile al regno a causa della sua infermità mentale. La Reggenza fu "una breve ed elegante bolla nel tempo", tante e tali sono le differenze che la separano dai periodi che la precedono e la seguono. Furono anni in cui l'alta società inglese si chiuse nel suo singolare microcosmo dove la vita era scandita dai frivoli rituali consumati durante i balli e nei club più alla moda.
Un regency romance è dunque un romanzo d'amore ambientato in questo periodo. Le ambientazioni sono le stesse dei romanzi di Jane Austen che vennero pubblicati proprio in quegli anni, ma mentre la Austen, nei suoi "romanzi di costume" descrive il mondo in cui vive, Georgette Heyer (e dopo di lei le altre autrici di regency romances) devono necessariamente partire da una meticolosa ricerca storica. Il risultato è quello di un romanzo che si ispira al romanzo di costume austeniano, nella descrizione di caratteri, mode, ambienti, nella serratezza dei dialoghi e nell'ironia che pervade la storia e che nel confronto di certi personaggi diventa sarcasmo (si pensi al sarcasmo di Mr. Bennet nei confronti della moglie o di Mr. Collins), ma caratterizzato da un maggiore "movimento". Amori, intrighi, matrimoni di convenienza, falsi fidanzamenti, fughe, travestimenti, ma sempre con tanta compostezza e tante buone maniere e sempre salvando le apparenze, perché mai come nell'Inghilterra della reggenza l'apparenza conta più della sostanza. Guai infatti a suscitare la disapprovazione delle patronesse di Almack's che squadrando la nostra eroina da sopra gli occhialini potevano decretarne l' esclusione dai balli e dalle serate più alla moda. Sempre che all'origine di un comportamento un po' stravagante non ci fosse una mente troppo fine per poter sottostare a tutte proprio tutte le regole, allora poteva capitare addirittura che certe stravaganze diventassero moda col beneplacito delle suddette patronesse. Per gli eroi il discorso è diverso... a loro viene richiesto "solo" di essere ricchi, belli, indolenti, sportivi e alla moda (ma più sul lato di chi la detta che di quello di chi la subisce) e naturalmente di avere una mente acuta e la battuta fulminante. E devo dire che ci riescono benissimo. E riescono altrettanto bene a tirar fuori le nostre eroine dalle situazioni più complicate e a regalarci degli indimenticabili happy end in cui la dichiarazione d'eterno amore è espressa spesso in modo assai singolare.
Il dandy della Reggenza
Trama Nell'affidare per testamento i suoi due figli alla tutela del quinto conte di Worth, il signor Taverner, gentiluomo di campagna nell'Inghilterra del primo ottocento, era vittima di una distrazione, era mosso dal desiderio di comportarsi fino all'ultimo da quell'irascibile vecchio che era stato, o era spinto da una prodigiosa lungimiranza? Poiché il quinto conte di Worth non era l'anziano gentiluomo che Judith e Peregrine Taverner si attendevano come tutore: il quinto conte di Worth era il più bello, più elegante, più affascinante e insopportabile dandy della Londra della Reggenza.Errore, dunque, o lungimiranza? Di lungimiranza dovette certo trattarsi se il vecchio gentiluomo non aveva affidato Judith e Peregrine alla tutela dello zio, l'ammiraglio Taverner, poiché l'ammiraglio si conduceva a volte in modo assai strano. Ma c'è da stupirsi se attorno a due giovani provinciali eredi di una favolosa fortuna, privi di esperienza e ostinatamente decisi a non ammetterlo, ruotano personaggi la cui condotta appare, a dir poco, enigmatica? Inquietante è la gelida ironia del conte di Worth, né suo fratello, il capitano Audley, è del tutto esente da ambiguità. Quanto al cugino Bernard, onesto, discreto e sempre pronto a rendersi utile, non è troppo pronto a rendersi utile?Così, da un testamento sbagliato o dal malizioso e volontario errore di un vecchio gentiluomo afflitto dalla gotta, prende avvio l'irresistibile avventura di Peregrine e Judith Taverner nel bel mondo della Reggenza. Da Londra a Brighton, dai club più "esclusivi" ai balli nella residenza estiva del principe reggente, l'educazione sentimentale dei due giovani sotto la guida dell'imprevedibile conte di Worth li porta a incontrare i luoghi e i personaggi più famosi dell'alta società della Reggenza, tutti quanti crearono in quel periodo della storia inglese un piccolo mondo chiuso in se stesso, rarefatto, impermeabile al fluire del tempo.Un mondo "esclusivo", di cui Georgette Heyer, tuttavia, possiede come pochi altri la chiave. Qui la realtà storica si intreccia all'invenzione in un affresco incantevolmente mosso e puntigliosamente preciso. Le mode, le eccentricità, i personaggi, visti come certo li videro gli stessi contemporanei, restituiscono con prodigiosa immediatezza la frivola realtà di un mondo in cui l'ingresso in un club poteva costituire Io scopo di una vita.E di quel mondo, i lettori si trovano a vivere gli aspetti più affascinanti, ignorandone le stridenti asprezze. Voltata l'ultima pagina, sciolti gli ultimi nodi di un intreccio che si tinge di autentica suspense, sembra inevitabile rivolgere un pensiero all'irascibile gentiluomo le cui ultime volontà hanno permesso l'avventura di Judith e Peregrine, e nutrire per lui quei sentimenti di gratitudine che i due giovani, nella loro filiale irriconoscenza, gioiosamente dimenticano di nutrire.
L'Autrice
Georgette Heyer, considerata nei paesi anglosassoni come la First Lady del romanzo ambientato nel periodo della Reggenza inglese, è nata a Wimbledon il 16 agosto 1902, ha vissuto per parecchi anni in Tanganica ed è morta a Londra nel luglio del 1974. La sua carriera letteraria è iniziata alla tenera età di diciannove anni col successo istantaneo di "The Black Moth", scritto un paio di anni prima per rallegrare la convalescienza del fratello. Sposata a ventitré anni al giudice George Ronald Rougier, che l'ha aiutata nella stesura dei suoi dodici romanzi polizeschi, Georgette Heyer ha continuato a scrivere i suoi bestsellers mentre come Sig.ra Rougier ha mantenuto una riservatezza quasi perfetta. Non ha mai parlato del suo background, del suo matrimonio o di altri aspetti della sua vita. La sua risposta alle sempre presenti domande è stata "Mi troverete all'interno dei miei lavori". I biografi di questa affascinante donna sono stati ridotti a dipendere da interviste con persone che la conoscevano, ed a una profonda lettura delle sue lettere. Consenso generale vuole che fosse timida in superficie, ma una profonda comunicatrice attraverso la parola scritta. I suoi amici la descrivono unanimamente come una persona positiva sotto una facciata di timidezza, con un forte punto di vista e un grande senso di stile. Quando è morta all'età di settantun anni si è lasciata dietro un tesoro di cinquantuno titoli in stampa tradotti in almeno dieci lingue. (fonte: Romanzi Rosa Homage)
"Dal primo momento che gli occhi si fissarono su di lui sapeva che lei lo amava. Ora lei aveva agio di osservarlo più da vicino. Era l'epitome di un uomo di moda. Il cappello di castoro era distribuite su ciocche nere spazzolati accuratamente in una parvenza di disordine, la sua cravatta di mussola inamidata sostenuto il mento in una serie di belle pieghe, il suo cappotto di panno grigio , e una doppia fila di bottoni d'argento."Questo estratto è appena alla fine del primo breve capitolo, ed è già il secondo incontro, o forse direi meglio scontro (scoprirete leggendo il perché) tra i due protagonisti: Miss Judith Taverner e l'imperturbabile Lord Julian Worth.Il tipo di relazione tra i due personaggi non coinvolge però l'ostacolo della differenza di ceto, siamo, difatti, in pieno ambito artistocratico; l'impedimento è nell'equivoco iniziale, che fa di Lord Worth il tutore di Miss Taverner, malinteso attorno a cui gira la trama, determinando gli effetti dello scontro fra i protagonisti, vero motore del romanzo. I dialoghi, sebbene siano molto meno complessi ed acuti di quelli della Austen, sono comunque efficaci: il botta e risposta tra i due protagonisti evidenzia la battaglia costante dei rispettivi animi, quello testardo, ma per certi versi insicuro, di Judith e quello imperscrutabile di Julian.
Judith, trasfigurazione di Lizzy, non ne indossa l'identico carattere, molto meno celebrale, anche se si contano alcuni excursus nel tentativo di dare una spiegazione al comportamento imprevedibile di Lord Worth. Quest'ultimo, chiara versione heyerana di Darcy, diversamente dal personaggio ispiratore, tenta ogni modo possibile per dar battaglia all'irrefrenabile caparbietà di Miss Taverner, la stuzzica continuamente, la induce volontariamente agli errori di valutazione, dimostrandole la fallacità delle sue indiscutibili opinioni, senza, però, scoprirsi ai suoi occhi; Julian non agisce con l'obiettivo di svelare la propria reale natura per sconfiggere il pregiudizio di lei e demolire le false accuse (come per Darcy), piuttosto, pare convincerla dell'esattezza della sua tesi, di essere quello che oggi definiremmo "un bello e maledetto", imbottito solo di orgoglio e prepotenza, eppure, irrimediabilmente affascinante (...noi donne siamo masochiste di natura!).Quello che ho trovato dissonante, forse perché esclude la naturale azione d'immedesimazione, è il ritratto generale di Judith: bellissima, ricchissima, caparbia e affascinate nei modi...la sola cosa che mi ha fatto avvertire il sodalizio lettore-personaggio è stato il suo lato caratteriale testardo, un pò contro-corrente e, perciò, spesso impulsivo e passionale.Insomma, quello che tiene le redini (ed è il caso di aggiungere di un bel tiro a quattro - leggendo capirete) è indubbiamente Lord Worth, protagonista maschile difficilmente dimenticabile, risolutore d'enigmi (dato che, come in ogni Regency romance, anche qui esiste un mistero da sciogliere) ed affascinante dialogatore..Gli altri personaggi presenti nella trama ne ricordano altri austeniani, nonostante l'esclusione del confronto fra gentry ed aristocrazia, fulcro dei romanzi della Zia, tolga molto, a mio avviso, alle dinamiche possibili. La Heyer, ad ogni modo, introduce molti personaggi storici, forte di una documentazione dettagliata che le ha visto collezionare nell'arco della sua vita un migliaio di libri, fra saggi e testimonianze storiche del periodo Regency; lo studio accuratissimo di tale soggetto era naturalmente necessario per la credibilità dei suoi romanzi, dato che, a differenza della Austen, la Heyer non scriveva del proprio tempo, ma di un secolo prima.Incontriamo tra i tanti, il Dandy per eccellenza, colui che dettò la moda del periodo, il ben noto Beau Brummell, inserito perfettamente nella trama, il quale, più che elargire regole, diviene un buon dispensatore di consigli morali conditi da un inaspettato, quanto benvenuto, umorismo, teso a sottolineare il carattere effimero della Società di cui si fa istrione.La scrittura è brillante, giocata soprattutto sugli eventi ed i dialoghi, lasciando poco spazio alle descrizioni o riflessioni, peraltro, sottintendibili senza troppa fatica; il mistery intrecciato ai destini dei personaggi tiene al pari di una puntata dell'ispettore Barnaby, né prevedibile, né astruso nella sua risoluzione; personalmente ho divorato questo libro.Non aspettatevi una simulazione dello stile di Jane Austen: la Heyer l'amava indubbiamente, ma ha saggiamente optato per scrivere in tutta autonomia la sua personale rivisitazione della più bella coppia letteraria mai concepita, e l'ha fatto nel pieno rispetto dell'originale, senza scimmiottare, senza scadere nell'ovvio.Ingredienti
Per la base
150 gr di fette biscottate
70 gr di burro
Per la crema al salmone
300 gr di Philadelphia
250 gr di ricotta di pecora
150 ml di panna fresca
160 gr circa di salmone affumicato
8 gr di colla di pesce
sale affumicato q.b.(Gemma di Mare)
Per guarnire
2 fettine di salmone
qualche filo di erba cipollina
Innanzitutto polverizzate le fette biscottate con il robot da cucina. Aggiungete il burro fuso e amalgamate bene. Riempite uno stampo da muffin con delle pirottine di carta: distribuite un cucchiaio abbondante di composto in ciascuna di esse. Appiattite bene e fate raffreddare in frigorifero per almeno un'ora.
Fate ammorbidire la colla di pesce in una ciotola con poca acqua fredda. Nel frattempo mescolate i formaggi aggiungendo 3-4 cucchiai di panna dove avrete sciolto la colla di pesce. Amalgamate il tutto, quindi tritate il salmone ed incorporatelo nel composto. Regolate di sale.
Distribuite la crema sulle basi di biscotto (fette biscottate), quindi coprite le pirottine con della pellicola trasparente e rimettete in frigorifero per un 2 o 3 ore. Prima di servire potrete decorare con fiorellini di salmone e qualche filo di erba cipollina.
Perchè all'inizio ho detto che queste ceesecake stupiscono? Perchè di solito le si aspettano dolci, questa invece è ottima con l'aperitivo ed è salata!
Naturalmente rifaccio a tutti gli auguri più sinceri di Buona Pasqua e grazie per gli auguri di buon compleanno che moltissimi di voi mi hanno fatto per mail e su FB.