Titolo: Una forma di vita
Autrice: Amélie NothombTraduzione: Monica Capuani
Editore: VolandPagine: 128Data di Pubblicazione: 16 Febbraio 2011Prezzo: 14,00
Sinossi: "Quella mattina ricevetti una lettera diversa dal solito". Inizia così l'ultimo libro di Amélie Nothomb, in cui la scrittrice si confronta con un genere che conosce bene, quello epistolare. Amélie infatti passa parte del suo tempo a rispondere alle lettere dei suoi numerosissimi fan. La lettera arriva da un soldato americano di stanza a Bagdad, Melvin Mapple. Siamo agli inizi della presidenza Obama. L'uomo spera di tornare a casa. Come molti soldati americani in Iraq è afflitto dalla bulimia e da un'obesità sempre più preoccupante, legate alla paura degli attentati, all'orrore della repressione e alle costrizioni della vita militare. Poco a poco Amélie si affeziona al soldato Mapple e ai suoi compagni obesi, quelli di taglia XXXXL. Per aiutarlo a trovare una via d'uscita, gli suggerisce di praticare la body art fotografando sé stesso e il cibo in ogni momento della giornata. All'improvviso però Melvin Mapple smette di scriverle e Amélie, sconcertata, tenta di ritrovarlo... Il finale è naturalmente del tutto inatteso. In questo romanzo l'autrice torna ad affrontare temi a lei profondamente congeniali, come la bulimia, la solitudine e la fuga nella monomania.
La mia opinione: Nel bene o nel male i libri della Nothomb non lasciano indifferenti. Sono libri diversi, spiazzanti, così poco convenzionali da attirare su di loro grandi elogi o grandi critiche. Io non sono un'esperta di questa autrice, è solamente il suo secondo libro che leggo, e il primo, ahimè, non mi era piaciuto per niente. "Una forma di vita" invece devo dire che mi ha abbastanza colpita. E' redatto in prima persona dall'autrice stessa, la protagonista è lei, e non si capisce bene se la storia che sta raccontando è un qualcosa che le è davvero accaduto oppure no. Romanzo o autobiografia? Storia vera o finzione? Nessuna di queste ipotesi. Il libro è un ibrido puro, composto da realtà e menzogne; momenti di lucida riflessione si alternano ad assurde risoluzioni. Insomma... in sole 128 pagine si assisterà ad una storia decisamente particolare che è riuscita a destare il mio interesse: il rapporto epistolare tra l'autrice del libro e un soldato americano obeso, che fa dei suoi 130 chili di troppo una quasi virtù. Tra filosofeggiammenti sulla necessità di strafogarsi e sulla vita in generale la narrazione procede bene, incuriosisce e stupisce. Giunta alle ultime pagine avrei avuto voglia di un finale ad effetto, pensavo e ripensavo a come l'autrice sarebbe riuscita a trarsi d'impaccio e concludere questa strampalata vicenda. Purtroppo invece mi sono ritrovata dinanzi ad un non-finale, che mi ha lasciata alquanto perplessa.
"Il dramma dei naufraghi dell'esistenza è che, invece di aprirsi agli altri, si ripiegano sulla propria sofferenza e non la lasciano più."
PS= Volevo esprimere il mia incredulità per l'orrenda grafica della cover. Credo che qualsiasi dilettante di photoshop avrebbe potuto fare di meglio. Alla casa editrice Voland sembra non importare l'aspetto estetico, ma lasciatemi dire che sembra proprio di avere davanti il libro autoprodotto della vicina di casa.
voto:
Acquisto consigliato? Se avete voglia di un momento di svago, se avete voglia di distrarvi un po' dai soliti romanzi con introduzione, svolgimento e finale, come il tradizionale schema della narrativa propone, questo libretto potrebbe fare al caso vostro. Certo, non è un capolavoro, lo si legge in fretta e costicchia anche un po' in proporzione alle pagine, però avrete la certezza di leggere qualcosa di davvero alternativo.