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Minimi esodi ad Albion road di Giovanni Turra Zan invito alla lettura di Antonella Pizzo

Creato il 03 marzo 2012 da Viadellebelledonne

Minimi esodi ad Albion road di Giovanni Turra Zan invito alla lettura di Antonella Pizzo

Minimi esodi ad Albion road di Giovanni Turra Zan

Molto interessante e piacevole alla lettura il lavoro di Giovanni Turra Zan che attraverso una scrittura densa ma non greve,  colloquiale e piana, descrive la vita come si svolge a Londra oggi, un quotidiano che va oltre le apparenze o l’immaginazione di chi come me ha un’idea di Londra frenetica e impersonale. Qui, forniti di coordinate spazio-temporali precisi, si entra dentro la storia e  dentro l’anima di una città popolata da personaggi strani, dentro l’anima dei personaggi stessi che la abitano e la vivono, quasi in una sorta di esilio e di prigione circoscritta da “Albion road, Church street,/ Kingsland High street e Balls Pond road/con l’appendice già gonfia/ e dolente di Colvestone Crescent” da cui ogni tanto, però,  e minimamente, è possibile evadere e  straniarsi e spaesarsi come fa Croesor il pettirosso che saliva alla miniera e si faceva il bagno alle ossa piccole “Fino alla miniera d’ardesia/ salivi e ti facevi giocoliere di tre arance/sul grigio; così amorevole l’acqua alle caviglie,/ il bagno nelle ossa piccole.”

Un po’ come si fa tutti noi, che si va e si viene, che si sale e si scende per molto o per poco, che siamo tutti come il nipotino Hernst di Freud e tutti abbiamo un rocchetto in mano che tiriamo oltre la barriera del letto per poi tirarlo di nuovo a noi.

L’intera raccolta, vincitrice del premio vincitrice della prima edizione del premio “Editoria di Poesia“, Novi Ligure, 2011, edita da Constable, Londra 2011,  si può leggere on line e scaricabile liberamente nella dimora del tempo sospeso qui

Testi

**

La città è la città, è una città
che è mia per le cose precise che sono di maggio.
Ma a maggio e anche a marzo spuntano le golden ladies,
crepitano i bruciori di burro, quell’odore di quando
si sta distesi sul materasso per la strada
a offrire il Big Issue che non passa

***

Al termine c’erano gli orti, i casotti
degli attrezzi, la parallela altezza dei volumi.
Ognuno isolava i suoli dal sottolago,
mai pensando a quel giorno a venire.
Si seguiva lo spasmo delle radici
come segno del ciclo dei terreni,
che si dicevano solidi, portatori
di nessun calcolo, nessuna
intenzione d’ingravido.
Attendevano in molti il traguardo
e invece si decise a fermarsi.
Si guardò attorno accogliendo le vie
più laconiche a lei tolte per far lido
alle madri, a quei mostri che legano
al suolo e ai cabli, che dicano
interissimi tutti i tradimenti.

***

Di là c’è gesso e foraggio e abboccato
declino alle mansioni coi fortissimi
uomini che spillano il luppolo alle sere.
Sapevi esserci rifugio ovunque per il male
ed è dal male dicevi che si forma
una baldoria. Ritornavi quindi a zonzo,
poi nel cab con la réclame di dentro;
pago, no grazie my friend, ho già alla porta,
ad accogliermi, una mezuzah e un toxicodendro.

***

Croesor, oh mio pettirosso, è dove hai
una casa di sassi e le limacce
consegnano in sei mesi una bolletta.
E’ la prima volta che vedi the real darkness
pare, tra gli abbracci delle felci
e la conquista della vetta punta-di-freccia.
Si sta umidi e riscaldati dai cari
pastori traboccati e dai fedeli,
che non dovrebbero lavorare
la domenica. Fino alla miniera d’ardesia
salivi e ti facevi giocoliere di tre arance
sul grigio; così amorevole l’acqua alle caviglie,
il bagno nelle ossa piccole.

***

Sulla mappa si vede in sfumature
di grigi tutta Church street e se ne
connota lo spazio come una tolleranza
per chi rifiutava la dottrina data al secolo.
Le sette e le loro case d’incontro
fioriscono e vi si dà asilo agli esuli,
alle idee di un ministero di mancanze
tra il cielo e il soldo.

***

Ecco. Noi siamo il nostro andarcene,
tra l’acusia di una sillabazione delle proroghe
e la fuga dal divelto, dai lontani insoluti
fattisi pensiero che non satura.
Stiamo a dirci del partire come promessa,
come celebrazione di un contratto che
ci provi a vita. E in fondo ci basterebbe
la rinuncia al verso, una pioggia che asciughi il varco
tra le rughe, un solo punto di misura del contorno



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