Magazine Talenti

Mio caro blog, tanti auguri! Primo anno insieme.

Da Marta @RosaMDeserto
Immagine Cari lettori,
oggi l'aggiornamento di questo blog è per me speciale. Si festeggia un anno, e sono felice di farlo con voi!
Incredibile come vola il tempo. E' già trascorso un anno da quando decisi di creare questo angolino virtuale. Come è nato tutto? Un po' per noia, un po' per curiosità di creare un sito tutto mio, un po' per condividere le mie passioni in un unico luogo virtuale. Ho sempre amato molto gestire un blog tutto mio. In passato, complice anche la mia immensa ingenuità, l'ho usato come una sorta di diario personale, che poi tanto personale non era, poiché lo potevano leggere tutti. Molte volte i blog sono stati luoghi nei quali perdermi e respirare, ma anche motivo di tristezza per commenti molto, molto, deludenti e cattivi nei miei riguardi. Ho cambiato varie piattaforme, prima di approdare qui, e ora mi sento veramente a "casa". Avevo bisogno di uno spazio mio, nel quale riversare tutte le mie passioni. Avrei voluto parlare di musical, di teatro, di cinema, di musica ascoltata e di libri. Quei meravigliosi amici che spesso hanno allietato le mie giornate e continuano a farlo, diffondendo nel mio cuore emozioni indescrivibili. Volevo trovare un sito dove ospitare anche le mie storie. Quei racconti che nel giro di due anni avevo scritto su EFP, un sito che mi ha fatto scoprire realmente il piacere di creare mondi e personaggi miei, e che mi ha regalato davvero tante emozioni. La scrittura, in questo primo anno, si è andata un po' perdendo. Ma, ieri, dopo tanto tempo e dopo la paura terribile di non trovare più il modo di riversare i miei mondi e le mie emozioni sulla carta, sono riuscita a stendere qualche riga. Non potete immaginare la mia felicità nel farlo! Non so se la mia storia avrà mai luce, ma il solo pensiero di riuscire a far vivere quei dolci personaggi che serbo nel cuore mi fa star bene.
Da quel non lontano 29 agosto 2012 ho attraversato un periodo molto difficile. A stento sto rinascendo ora. Questo sito è stato un valido appiglio per non affondare quando la vita mi ha tolto quello che mi aveva donato. La mia gioia più grande. Quello che credevo il mio grande amore. Un principe speciale, che però mi ha abbandonata. Non voglio affondare troppo in quei tristi ricordi, ma, ancorandomi a questo luogo magico, sono riuscita a non sprofondare del tutto. Temevo di non farcela ad andare avanti. Temevo di morire dentro per tutta la sofferenza provata. Lo so, ci sono mali più grandi di un amore finito, eppure, stavo malissimo. Poi, pian piano, la mia vita è tornata ad avere piccoli sprazzi di luce. Sono cresciuta, anche se devo ancora farne di strada prima di ritrovare me stessa e quella felicità alla quale ogni giorno aspiro. E i meravigliosi amici libri, di cui tanto parlo in questa sezione, sono stati un valido rimedio per andare avanti.
Quando ho aperto questa sezione non conoscevo ancora i lit-blog, o blog che parlano di libri. Ne conoscevo al massimo uno, ma ero ignorante sulla diffusione che si era creata sul web. Il mio scopo principale era semplicemente di esporre i miei pensieri più puri sui libri, le mie emozioni, recensioni che vengono dal cuore, e che forse non sono oggettive al 100%, ma sicuramente sono del tutto sincere e non mirate ad aiutare quello o quella, anche considerato che non conosco nessuno. Poi, il mio viaggio si è ampliato. Ho cercato di mettermi alla prova. Volevo anch'io aiutare autori emergenti e non con i miei pensieri, la mia pubblicità, segnalazioni e interviste. Non so se sono riuscita nel mio intento, se la mia passione abbia aiutato realmente questi autori, ma io faccio sempre del mio meglio. Posso sbagliare, perché sono umana. A volte sono lenta nella lettura. Non offro anteprime speciali, per vari motivi. Ma una cosa è certa: ci metto il cuore, in ogni cosa che faccio. E spero che si senta.

Un anno è già passato, ma spero che sia solo l'inizio di altri, innumerevoli e meravigliosi anni. Non abbandonerò il mio blog. Forse ci saranno periodi un po' morti, ma non lascierò mai il mio angolino nel quale rifugiarsi quando la vita non ha di meglio da dare.
E poi... voglio ringraziare voi lettori ed autori per essere sempre stati così carini con me. Per i vostri pochi ma meravigliosi commenti, che tanto scaldano il cuore. Per chi mi ha permesso di leggere le proprie opere e poter lasciare, così, il mio pensiero a riguardo. Per chi si è fidato di me e ha apprezzato il mio "lavoro". Vi ringrazio davvero, perché non mi fate sentire sola e mi aiutate ad acquisire un pochino di fiducia in me stessa, che tanto manca.
So che in altri lit-blog si creano regali apposta per i lettori. Il mio non lo reputo un vero lit-blog, ma spero che non ve la prenderete se non ci saranno libri per voi. In questo post voglio esprimere le mie emozioni, come ho sempre fatto e... donarvi una parte di me, più nascosta, ma che spero potrete apprezzare.
Ho deciso di donarvi un mio racconto, pubblicato sulla mia pagina EFP, ma che ora copierò qui, corredandolo di cover ed immagini. Lo so che il post diventerà lunghissimo, per cui decidete voi se continuare o meno, se leggerlo più avanti o no. Non obbligo nessuno a farlo. E' solo un mio piccolo pensiero per chi arriva qui e lascia il suo passaggio, anche silenzioso.
E' una storia che parla di amore e sogni. Una sorta di favola che ha come protagonisti animali un po' particolari. Un racconto che è arrivato primo a un concorso proposto da altre amanti della scrittura e presenti su EFP. Io spero che la mia piccola Kuu vi possa donare un poco di emozioni. Altrimenti, non importa. Non sono una scrittrice, ma solo una semplice ragazza che vive di emozioni e spera di regalarne agli altri. Spero anche di non aver fatto troppi errori.
Ovviamente nessuno è autorizzato a prendere nulla senza il mio permesso.
Mio caro blog, buon compleanno.

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Atto I
Kuu e Lézard

Immagine Era una notte senza luna. Fulgide stelle adornavano l’oscuro cielo come una filigrana di perle.
Nelle lande nordiche tutto sembrava sospeso in un assoluto silenzio, in un’incomprensibile e interminabile attesa. La neve copriva i prati simile a un manto brillante, posandosi anche sugli alberi che protendevano i loro rami verso il terreno. Non v’era rumore, né movimento, neanche i gufi bubbolavano i loro canti notturni.
Al riparo di una roccia, però, in una concavità del terreno riempita di erba secca e pelo bianco dove la neve non era riuscita a posarsi, qualcosa stava accadendo. Una giovane lepre, infatti, era alle prese con le ultime fasi del parto e, dopo interminabili momenti, diede alla luce sei cuccioli dal manto completamente bianco. Sembravano palle di neve posatesi sul verde dell’erba. Spalancarono ben presto i grandi occhi, guardando per la prima volta il mondo. All’apparenza erano tutti uguali, ma solo uno di loro presentava una particolarità: incredibili occhi rosso rubino, a differenza del nero che tingeva quelli dei suoi fratelli.
E così ebbe inizio la vita della piccola Kuu.
 
* * *
 
Kuu osservava incantata l’astro argenteo nella sua completa forma che brillava nel cielo. Da quando i suoi occhi si erano soffermati per la prima volta su quella che la sua mamma chiamava luna, aveva provato un’attrazione forte e incessante che l’aveva portata a rimanere per ore e ore con il musino rivolto verso l’alto.
Le sue sorelle la denigravano spesso per questi suoi atteggiamenti a loro inspiegabili, ma quella sera sembravano aver desistito lasciandola a contemplare il suo amore senza rumore, accompagnata unicamente dal silenzio.
Kuu arricciò il nasino aspirando il profumo dei fiori portati dalla primavera nascente. Il manto erboso che di giorno appariva adorno di colori, ora era adombro di morbida seta scura, illuminata di tanto in tanto da tenui scintille luccicanti.
Socchiuse appena gli occhietti scarlatti, poi li riaprì, sollevando le zampette anteriori e distendendo il suo corpo, protendendosi verso il cielo, come nel vano tentativo di raggiungere la sua fonte di attrazione.
  « Come sei distante, mia dolce luna » mormorò, prima di tornare a terra, comprendendo l’impossibilità di raggiungerla in quel modo.
  « Sei lassù, immobile e silenziosa e sembri così sola, come lo sono io. » Esitò un solo istante, e poi si rivolse ancora alla sua musa. « Dal cielo ci osservi, riflettendo la tua luce sulla terra, il mio mondo, così diverso dal tuo. Quanto vorrei congiungere le nostre vite, colmare il nostro vuoto, unirmi a te e annientare questa distanza che ci divide, rendendo la vita piena d’ombra e tristezza. Gli altri non capiscono, non sanno quello che provo, questo forte legame che mi attrae a te. Non possono leggere nel mio cuore, ma sento che tu puoi comprenderlo. Quanto vorrei anche solo sfiorarti, mia luminosa luna. »
Ogni notte per lei era fonte di delizia, costellata da una dolce malinconia. Ogni notte librava in tal modo i pensieri che serbava nel suo cuore quando il sole splendeva in cielo e doveva mostrare una maschera per impedire al mondo di beffeggiarla; ma quando l’oscurità scende, è facile far sciogliere quel volto finto e lasciar emergere il vero io.
  « Un modo per raggiungerla, ci sarebbe. »
Kuu sobbalzò sentendo una voce fredda e sibilante rispondere al suo pensiero. Credeva di essere sola, ma all’improvviso si accorse che qualcuno la stava ascoltando. Si voltò nel tentativo di scorgere il proprietario: girò il muso in alto, a destra e a sinistra, ma non riuscì a vedere nulla.
  « Perché si deve sempre guardare in alto? Non tutte le risposte arrivano dall’aria, a volte basterebbe abbassare lo sguardo verso la terra » sibilò ancora la voce con una punta d’insoddisfazione.
   « Oh mi scusi » replicò Kuu imbarazzata, arricciando il nasino nero e facendo tremolare i baffetti. Guardò il terreno, ma ancora non riuscì a scorgere nulla.
   « Accidentaccio! Un po’ di cervello leprotta! Affina quegli occhietti di sangue! » ribatté implacabile la voce. « Guarda in basso, tra l’erba. Oh no! Più a sinistra. Ah, ma insomma! Ora mi vedi? Posa lo sguardo sulla pietra, suvvia! »
Kuu avvertì un fruscio tra l’erba e poi riuscì, finalmente, a scorgere la piccola sagoma scura di una lucertola, posta su una pietra piatta, che era leggermente rischiarata dalla luce lunare.
   « Ma tu sei una lucertola! » esclamò perplessa Kuu, spalancando gli occhietti scarlatti.
   « Ebbene sì, sono una signora lucertola, per l’esattezza » confermò, sollevando la testolina, tronfia.  « Che c’è di male? Anzi direi che sia più congeniale chiamarmi Lézard, giacché è questo il mio nome! »
Spalancò la boccuccia e da questa vi uscì una lunga e biforcuta lingua che tremolò nell’aria per diversi istanti.
  « Oh, be’, ecco… salve Lézard » mormorò Kuu, imbarazzata e confusa.
   « Perché mi guardi ancora in quel modo? Che c’è di sbagliato nell’avere una lucertola come possibile consigliere? Oh, ma certo! Ti aspettavi di incontrare un gufo magari, quei cosi volanti sono così pomposi e credono di essere gli unici depositari della saggezza, ebbene così non è! Noi lucertole sappiamo tante cose e non siamo semplici animali della terra, conosciuti solo per essere lo zimbello della crudeltà dei giganti a due zampe, che sanno unicamente tagliarci la nostra nobile coda o farci altro male. » Ebbe un leggero sussulto, e la lingua uscì con uno scatto fulmineo attirando un insetto che prese a mangiare con gusto, poi riprese: « E poi è ugualmente insolito per una lepre essere la protagonista di una storia, eppure è così, chi siamo noi o chi sono gli altri per sindacare su questo? Dovrebbero rivalutare altri animali, non credi? »
Kuu osservava incantata e ancora un pochino perplessa la lucertola che continuava in quel suo assurdo monologo e non osava neanche fiatare.
Le appariva buffa e lottò contro la voglia di ridere, pur di non offenderla e, quando finalmente l’altra si fermò, osò prendere parola:
  « Nobile Lézard hai detto che c’è un modo per raggiungere la luna. Saresti così gentile da dirmi come fare? »
  « Ah già! Ma certo, certo, sicuramente! » esclamò, più contenta, e rifletté i suoi occhi scuri in quelli scarlatti della giovane lepre. « La luna è distante, questo lo si sa, ma allora qual è il metodo più semplice per far divenire il tuo sogno realtà? »
Lasciò in sospeso la risposta, guardando intensamente la lepre, che sembrava turbata mentre rifletteva.
   « Ecco… io, non lo so. Ho provato a sollevarmi o saltare, ma è così lontana... » mormorò cupamente.
   « Oh, sei proprio una lepre sciocchina! Ma è semplice! Qui la terra è troppo distante dal cielo, ma c’è un promontorio da cui scivola un’impetuosa cascata che è molto più vicino alla tua luna! Dovrai salire lì, e poi saltare più in alto che puoi. E se la luna ti vorrà, sarà pronta ad accoglierti nel suo grembo! »
Lézard rise tutta contenta, pensando di aver detto una perla di saggezza e, dopo un primo attimo di turbamento, suscitò un sorriso anche nella piccola Kuu.
  « Mi accompagnerai lì? »
  « Tra un mese esatto ci incontreremo di nuovo qui, quando la luna avrà di nuovo il suo aspetto completo. Allora ti accompagnerò. Nel frattempo salta piccola Kuu, salta più in alto che puoi! »
Kuu annuì, eccitata, e quando Lézard svanì nel nulla, lei tornò a guardare la Luna, fino a che non discese di nuovo a nascondersi, per lasciare il suo posto a un nuovo sole.


Atto II
Saluti e Tentativi

Immagine La luna era ormai svanita all’orizzonte, quando finalmente quell’incanto finì e Kuu poté tornare a casa. I suoi occhi però brillavano di un’intensa luce di speranza, dopo l’incontro con la lucertola. Se si fosse rivelata una vera consigliera, forse avrebbe davvero realizzato il suo sogno! Saltellò fino all’incavo del terreno dove era posto il buco della sua tana e la prima voce che le giunse fu quella preoccupata e un tantino alterata di sua madre.
  « Kuu non ti sarai fermata di nuovo a guardare la luna per tutta la notte, spero. »
I suoi occhi scuri però lasciavano intendere che era perfettamente consapevole che sua figlia lo avesse fatto. Kuu abbassò lievemente il musetto, allungando le lunghe orecchie all’indietro, e sua madre sospirò.
  « Kuu, piccola cara, così ti struggerai. »
  « Kuu è proprio matta! Sì, sì, sì! » S’intromise la voce civettuola di una delle sue sorelle e le altre fecero eco, beffeggiandola e guardandola dall’alto in basso, come se fossero superiori a lei.
Kuu non le sopportava quando si comportavano così, perché non riuscivano a comprenderla e sapevano unicamente attaccarla. Era consapevole che prima o poi si sarebbero allontanate per seguire ognuna la propria strada, ma avrebbe voluto instaurare con loro un rapporto migliore. Tuttavia, una voce dentro di sé mormorava piano che in fondo era meglio così. Un maggior distacco, minor dolore.
Però amava profondamente i suoi genitori, in particolar modo sua madre, che dimostrava un affetto sincero ma a tratti quasi morboso nei suoi riguardi. Cercava di comprenderla, ma in dei momenti sembrava quasi non capire quanto fosse forte il suo amore per la luna, il desiderio di raggiungerla.
  « Smettetela tutte e uscite di qui » sbottò la madre, dando un’occhiataccia alle figlie, le quali, saltellando, si allontanarono di gran fretta dal rifugio, poi si voltò a guardare di nuovo Kuu. « Cerca di riposare Kuu e smettila di pensare alla luna. È così distante, così lontana da noi. Tu appartieni al mondo terreno. » C’era una sorta di dolore nelle sue parole, una recondita paura che aleggiava nei suoi occhi, come se temesse che prima o poi la sua cucciola potesse lasciarla per sempre, andando lontano, troppo lontano da sé.
Kuu amava la sua mamma e ogni volta che scorgeva quella sorta di tristezza nei suoi occhi, provava il medesimo sentimento. Aveva voglia di raggiungere il suo amore, ma allo stesso tempo era difficile abbandonare colei che l’aveva messa al mondo, l’aveva cresciuta e donato tanto sincero amore.
Ma la luna era parte del suo cuore e, per dimenticarla, avrebbe dovuto sottrarlo dal suo petto. Era solo una lepre della terra, ma amava una dea del cielo.
 * * *
I giorni passano troppo lentamente quando aspiri a qualcosa. Speri che quel momento giunga presto, ma più ci pensi e più le ore non sembrano avanzare, anzi paiono ghiacciarsi e farsi gioco di te, dei tuoi sentimenti, della tua eccitazione.
Kuu, ormai, lo aveva ben compreso. Cercava di svolgere le sue mansioni, di restare il più possibile accanto alla sua famiglia, e di assecondare le parole di sua madre. Non trascorreva più ore intere a osservare la luna, ma in cuor suo ne soffriva. Tuttavia, quel dolore era affievolito al pensiero che presto l’avrebbe raggiunta per restare insieme per sempre.
Infine, il mese passò e Kuu scivolò veloce fuori dalla sua tana, ma solo dopo aver donato un bacio e un ultimo sguardo alla sua famiglia. Dormivano tutti in quel momento e nell’osservarli Kuu provò una stretta al cuore. Non era, forse, stata sempre accettata per la sua diversità e il suo – a loro parere – strambo amore, ma era impossibile non amare la sua famiglia e, al pensiero che quello sarebbe stato il suo ultimo saluto, per un attimo desistette.
La luna, però, la chiamava, sentiva la sua voce, la magia che riusciva ad attrarla e le impediva di rimanere immobile.
Diede addio ai suoi familiari e poi saltellò verso il punto del terreno in cui – un mese prima – aveva scorto la lucertola.
Lézard era immota sulla pallida pietra piatta e sembrava attenderla da molto.
  « Oh, finalmente sei giunta » disse, sorpresa. « Allora ti fidi dei miei consigli. »
  « Certamente » mormorò Kuu, bloccando il suo incedere e facendo vibrare i baffetti. « Sono qui e sono pronta ad ascoltarti. Dove dobbiamo andare? »
  « Quanta fretta, leprottina! » sbottò Lézard, battendo repentinamente la coda sulla roccia. « Un attimo e ti spiegherò tutto, suvvia. »
Kuu abbassò le orecchie, risentita, ma era così tanta l’eccitazione che non riusciva a comprendere perché la lucertola ci mettesse tanto a spiegarle dove fosse il promontorio.
Lézard chiuse gli occhi per quelli che a Kuu parvero minuti interminabili e poi parlò:
  « Dobbiamo andare a nord, sul Dirupo Cadente, lì il cielo sarà abbastanza vicino alla terra. C’è una cascata che scorre tra le rocce e ricade a terra in uno sbuffo continuo d’acqua. Seguimi, ma sii lesta! »
Kuu si ritrovò a ridacchiare, sentendo le ultime parole della lucertola. Era riconosciuto che le lepri fossero animali piuttosto lesti, e non comprendeva come una lucertola potesse rimbeccarla in quel modo. Tuttavia, Lézard prese a correre tra i fili d’erba e Kuu dovette sbrigarsi prima di perderla nell’oscurità, sebbene la sua amata luna l’aiutasse – con la sua luce – a scorgere il cammino.
* * *
Quando raggiunsero il Dirupo Cadente, Kuu era stanca, ma eccitata. La sua luna da lì sembrava ancora più grande e luminosa, completamente bianca, e i suoi occhi scarlatti si persero a contemplare il suo candore. Il fiume divideva in due il terreno, scivolando placidamente verso il picco del dirupo e cadendo verso il basso in un’esplosione di spruzzi formando così la cascata di cui Lézard le aveva parlato. Kuu avvertì un leggero formicolio sul suo corpo e il pelo si rizzò nell’ascoltare la forza impetuosa dell’acqua, che scorreva sulla nuda roccia ammantata da una coltre oscura, tuttavia visibile grazie al chiarore lunare.
La natura era splendida e per un attimo riuscì a distogliere la sua attenzione dall’amata luna per osservare la meraviglia che l’avvolgeva. Lasciare la terra non sarebbe stato facile, ma l’attrazione esercitata dall’astro celeste era più forte, più importante di tutto.
  « Ebbene ci siamo! » esclamò Lézard comparendo all’improvviso su una piccola roccia per rendersi visibile. « Non pensi che questo luogo sia incantevole, leprottina? »
Kuu la guardò e mosse le lunghe orecchie, eccitata. Fece un leggero balzo e poi annuì.
  « Certamente, Lézard! Qui è meraviglioso! »
  « Sei anche più vicina alla luna. »
  « È vero! » Kuu sollevò il musino e le zampine verso il cielo. Aspirò l’aria e strizzò il nasino. Poi, sospirò, incantata.
  « Be’ che aspetti? Salta più in alto che puoi! Dai vita ai tuoi sogni, lotta per realizzarli, o resteranno solo una pallida illusione destinata con il tempo a svanire e lasciare il vuoto nel tuo cuore. »
Kuu esitò. Non voleva perdere il suo amore, né veder svanire i suoi sogni, né tantomeno tornare a casa a orecchie basse, con il rischio di essere presa in giro per la sua incapacità e il suo desiderio non realizzato.
Fece un profondo respiro e poi fissò con intensità la luna, e a lei rivolse il suo cuore.
  « Arrivo, mio tesoro! » sussurrò e, facendo forza sulle gambe posteriori, iniziò a saltare.
Il primo salto fu troppo basso, ma i successivi parvero sempre più alti. Le sembrava di sfiorare quasi il cielo, ma la luna era ancora distante.
  « Forza, forza, lepre lesta, muovi quelle lunghe zampe e sali verso il cielo! » la incitava Lézard, ma nonostante la sua determinazione, Kuu non riusciva a raggiungere il suo scopo e pian piano perdeva ogni energia.
All’ennesimo salto, crollò a terra malamente, gemendo per il dolore più emotivo che fisico.
  « Non ce la faccio. Io non ci riesco… » mormorò, sentendosi perduta.
La risposta però non venne da Lézard, ma da una voce sconosciuta.
  « Uh! Qualcuno ha un problema? Inutile piangere, quando arriva il prestigiatore! »

Atto III
Il ponte tra terra e cielo.

Immagine    « Prestigia…che? » chiese Kuu, sollevando il musino e reclinando le orecchie.
  « Prestigiatore, leprottina. » intervenne Lézard con fare intellettuale, ma poi si voltò verso il nuovo giunto e spalancò i piccoli occhi, sputando fuori la lingua biforcuta in un’espressione stralunata, quasi. « Non dirmi che ora interverrai a prendere il mio posto! Accidentaccio! La consigliera sono io, e non tu! »
Il prestigiatore rise di gusto, prima di avanzare di un passo ed essere illuminato dalla luce lunare, cosicché sia Kuu sia Lézard poterono vederlo meglio. Costui era un incrocio tra un coniglio e uno strano essere a due zampe, ma di una versione ridotta rispetto a quella umana. Era piccino, più piccolo di Kuu, ma aveva un aspetto esilarante. Aveva il viso tondo e delicato, illuminato da grandi occhi blu, e riccioli castani fuoriuscivano da sotto un lunghissimo cappello azzurro dalla falda larga e a punta. Il suo vestiario era certamente variopinto: il cappotto era simile alle fragole mature, le sue brache corte ricordavano i fili d’erba fresca, mentre i calzari avevano preso le tinte del legno. Poteva sembrare un piccolo umano, se non fosse per due grandi denti sporgenti e lunghi baffi che partivano dal nasino a punta, e per finire due belle orecchie molto simili a quelle di Kuu, del medesimo candido colore.
  « Non voglio rubarti la scena, mia cara! » replicò, facendo un pomposo inchino all’indirizzo di Lézard, la quale sbatté la coda freneticamente sulla roccia. « Tu resterai la consigliera ed io il prestigiatore che aiuta l’eroina! »
   Lézard avrebbe voluto dire qualcosa, ma si accorse ben presto di ritrovarsi inconsapevolmente senza parole. Era irritata forse? Delusa per il suo consiglio non riuscito? Kuu non poteva saperlo, perché era rimasta incantata da quell’essere in parte simile a sé, ma non aveva mai visto una lepre del genere, e addirittura un prestigiatore. Ma poi cosa fosse un prestigiatore neanche lo sapeva.
   « Cosa sei tu? Non puoi essere una lepre… » chiese, curiosa.
Il prestigiatore proruppe in una nuova risata acuta e poi le rispose:
   « Né lepre né del tutto umano. Io sono un Conignomo! » s’inchinò, e il lungo cappello a punta quasi le sfiorò il musetto, ma non cadde dal suo capo riccioluto, lasciando Kuu confusa e affascinata nel medesimo tempo.
   « E tu puoi aiutarmi, signor Conignomo? »
Sentì lo sbuffo di Lézard e la udì bofonchiare irritata:
   « Leprottina ingrata! Subito a cercare in altri l’aiuto! »
   « Ma io… »
   « Suvvia, suvvia, mia deliziosa lucertola, non devi essere così aspra con la bambina! Un po’ di aiuto in più, non fa male a nessuno! » intervenne gioviale il Conignomo, poi rispose a Kuu: « Sì, posso farlo. Che cosa desideri? »
   « Vorrei andare sulla luna. Lei mi chiama ogni notte, ma non so come raggiungerla. Il cielo è così distante dalla terra ed io non so saltare troppo in alto! »
La lucertola sbuffò ancora, ma il Conignomo non la considerò, fermandosi a riflettere. Strizzò il nasino e i lunghi baffi bianchi vibrarono per diversi minuti.
   « Dunque, dunque. Quella che mi chiedi è una grande magia, ma se il tuo desiderio è molto forte, forse… »
   « Oh sì, sì! Lo desidero più di qualsiasi altra cosa! »
   « Anche a costo di non tornare più? » domandò il Conignomo, assumendo per un attimo un tono serio che non collimava per nulla con il suo aspetto.
Kuu esitò un solo istante. Il ricordo di sua madre, suo padre e delle sue sorelle – nonostante tutto – le trasmetteva ancora tristezza, ma poi annuì con vigore.
  « Presto avrei comunque dovuto lasciare la mia tana per seguire la mia strada; e il mio cuore è stato rapito dalla luminosa dea notturna. »
Il Conignomo la osservò con i suoi occhi scintillanti e poi batté i piedi a terra e anche le mani.
  « E allora che cosa aspettiamo! Presto e lesti apriamo le danze! » esclamò, esaltato, ma trasmettendo un’eccitazione anche alla piccola lepre.
  « Che cosa devo fare? »
  « Oh, tu devi solo attendere e rivolgere il tuo cuore a lei. Al resto ci penso io, non dubitare! »
Kuu annuì. Quello che le veniva richiesto era assai semplice, ma era curiosa di sapere in che modo il Conignomo l’avrebbe aiutata.
Quest’ultimo si avvicinò di pochi passi al dirupo, il più vicino possibile alla cascata.
  « Buttati ora, così ci liberiamo del prestigiatore egocentrico! » sibilò Lézard, facendo unicamente ridere di gusto lo strano personaggio.
Kuu rimase a guardarlo, incantata, e lo vide allungare le mani verso l’acqua. Il brontolio impetuoso della cascata sembrò continuare ancora per qualche minuto, quando a un tratto qualcosa mutò: il Conignomo, infatti, sollevò le braccia verso il cielo e l’acqua parve seguire i suoi movimenti. Una lingua di tal elemento si librò nell’aria e lì rimase sospesa per diversi secondi, prima di ricadere verso il terreno sottoforma di tante goccioline simili a pioggia.
  « E questo dovrebbe aiutarla? » gridò Lézard, esasperata, ma fu subito zittita da Kuu, che per la prima volta osò lanciarle un’occhiata furente. Stava accadendo una grande magia, ne era certa, e la lucertola non doveva interrompere tutto per invidia o risentimento.
  « Bene! La cascata c’è, la pioggia anche, la luna è bella piena, ora manca il tocco di classe! » esclamò allegro il Conignomo, zampettando abbastanza vicino a Kuu, dove si fermò.  « Ora, guardami con attenzione! Non disturbare, e vedrai cosa accadrà! »
Kuu annuì mantenendo il silenzio e invitando, con un’altra breve occhiata, Lézard a fare lo stesso. Quest’ultima si zittì, ma si voltò non volendo guardare oltre, troppo indispettita.
Il Conignomo guardò il cielo e poi mosse il capo in alto e in basso, a destra e sinistra, e portò la mano destra al cappello. Lo sfilò con un rapido gesto e lo riportò sul capo con altrettanta velocità. Eseguì quel gesto fulmineo per sette volte di seguito, ma per qualche attimo non sembrò avvenire nulla, se non per una leggera brina dorata che fuoriusciva dal cappello ogni qualvolta veniva sfilato.
Kuu sembrò rattristarsi. A cosa era servito un simile gesto se poi non accadeva nulla? Le sue speranze stavano per svanire, soprattutto quando udì la risata aspra di Lézard che sembrava provarci gusto nel brutto esito, ma il Conignomo sembrava sorridere alla luna, con soddisfazione.
 « Non dubitare piccola! » bisbigliò. « Attendi e guarda attentamente il cielo e scoprirai come raggiungere la tua adorata luna! »
Kuu annuì e sollevò di nuovo il musetto verso l’astro candido che riempiva il suo cuore di gioia. Ritrovò, pian piano, la speranza. Non poteva permettersi di essere debole e l’amata rappresentava la sua forza più grande.
Poi, dal nulla, quella sorta di brina dorata si distese come tanti fasci nel cielo, simili a curve che si univano le une alle altre a formare una sorta di ponte che dalla terra arrivava fino al cielo. L’oro si trasformò nelle tinte più diverse: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco, violetto.
  « L’arcobaleno! » esclamò, estasiata Kuu, ricordando il nome che sua madre aveva dato a quei giochi di colori che comparivano nel cielo quando la pioggia e il sole sembravano divertirsi tra loro. Ma come poteva nascere di notte? Le tinte sembravano più sbiadite rispetto all’arcobaleno solare, tuttavia si amalgamavano con il medesimo incanto e accesero i suoi occhi di luce.
   « Ma come? Cosa? Quando? Perché? » sbottò Lézard, incredula, e alla fine tentata dalla curiosità.
  « Ecco il tuo Moonbow, piccolina. Il tuo ponte per arrivare al tuo amore. Sali tranquilla, se il tuo desiderio è intenso e puro, riuscirai a non cadere. »
Il Conignomo le sorrise, con dolcezza, ma poi ridacchiò saltellando come un pazzo e in un turbine di fumo scomparve alla loro vista, lasciando le due completamente senza parole.
Solo dopo diversi attimi, Lézard riuscì a ritrovare l’uso della voce.
  « Be’ che aspetti ora? Quel prestigiatore ti ha aiutato, ora tocca a te! »
Kuu annuì, ma poi posò il nasino a sfiorare il muso freddo della lucertola.
  « Grazie anche a te, nobile Lézard. Se realizzerò il mio sogno, è anche merito tuo che con la tua saggezza mi hai condotta qui. »
Lézard rimase di stucco, ma poi scosse la coda e la invitò con una serie di brontolii imbarazzati ad andare.
Kuu fece un respiro profondo e poi spiccò un balzo, ritrovandosi ben presto all’inizio dell’arcobaleno. Gocce d’acqua bagnarono il suo folto pelo bianco, ma lei non aveva occhi che per la luna, che immota sembrava attenderla.
Aggrappandosi con forza al suo sogno, Kuu saltellò ancora, percorrendo tutto quel magico ponte e raggiunse infine la dea del suo cuore, che sembrò felice di accoglierla dentro di sé. Entrambe si fusero insieme, divenendo un tutt’uno e sulla luna completamente pallida apparve come la forma stilizzata di una lepre.
Kuu aveva creduto con forza al suo desiderio e, con un piccolo aiuto, divenne realtà.
  

 

Immagine A presto, cari lettori.
Rosa del Deserto.

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