1958: Mon oncle di Jacques Tati
Giustamente inondato di premi (Oscar, Palma d’oro…), il primo lavoro a colori di un genio del cinema.
Il film stupisce ancora oggi per la sua modernità: quando uscì (più di 50 anni fa!) avrà lasciato più di uno spettatore interdetto e «scioccato»…
Uno dei più caustici ritratti di una società che andava mutando velocemente (e non sempre in modo positivo). Massimamente ironico, a volte corrosivo, nel disegnare personaggi e situazioni che solo all’apparenza appaiono assurdi e inverosimili ma che invece riguardano tutti noi, con i nostri pregi (e soprattutto) con i nostri difetti… sempre uguali nel tempo e nello spazio.
La creatura di Jacques Tati, Monsieur Hulot, così stralunata ingenua anarchica…, esprime al meglio il disagio di quanti non accettano l’ipocrisia e il finto perbenismo di una società priva di veri valori, alla perenne ricerca -contro ogni buon senso- di modelli falsi e illusori.
Appare un anticorpo, Monsieur Hulot, ma più passa il tempo più ci rendiamo conto che la verità è in lui e non in quanti lo circondano e lo contrastano (vedendo in lui, giustamente, un pericolo, una minaccia a un modo di vivere sempre più disumanizzato, alienato e alienante, supinamente accettato e condiviso).
Un piccolo gioiello che conferma l’altissimo talento di un’artista che ha onorato la cinematografia europea, unico e inimitabile (1).
Ha scritto Claudio Colombo: “Come per tutti i film di Tati, anche dopo la decima visione si scopre qualche dettaglio che era sempre sfuggito, ma Mon oncle non conta tanto per i dettagli, quanto perché è un’opera che non invecchia mai, essendo nata in un tempo che non era il suo, così come Tati sembra provenire da un altro pianeta, tale è la distanza da cui riesce ad osservare le cose che a noi, troppo vicini, spesso sfuggono. Chissà cosa dirà di noi, adesso”.
note
(1) Gabriele La Rovere così ci spiega Tati e la sua particolare tecnica: “Jacques Tati racconta la vita quotidiana come una continua commedia che non ha mai termine e i suoi lavori rappresentano una formidabile satira sui riti sociali… Sono gli “assurdi” ritmi quotidiani il suo bersaglio e lo centra soprattutto con Monsieur Hulot; personaggio tranquillo ed impassibile dall’aria parecchio stralunata, vestito con impermeabile, cappello, pantaloni un po’ corti e immancabili pipa e ombrello. Le trame sono poco strutturate e le gag si susseguono continuamente senza avere necessariamente una logica; Tati-Hulot più che parlare borbotta esprimendosi quindi con una comicità dalla narrazione prevalentemente visiva e con una scarsa presenza dei dialoghi se non con lo stesso blaterare del protagonista; i campi di ripresa sono lunghi, le inquadrature minuziosamente costruite con un’attenzione particolare ai personaggi dislocati ai margini del campo; infine con l’intensità del sonoro, inteso non come dialogo ma suono, viene guidata l’attenzione all’interno dell’inquadratura stessa”.
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