Miss Italia: l’agonia di un concorso muto. E morto.

Creato il 28 ottobre 2013 da Biagiochi @biagiochi

Giulia Arena, eletta Miss Italia 2013

Stanotte ho fatto un sogno strano. C’era in onda Miss Italia su La7, e mi stupivo di quanto il concorso fosse diventato moderno e dinamico. C’erano in gara solo 25 miss, così poche che dopo un’ora ti sembrava di conoscerle tutte. E di riconoscerle. Nemmeno c’era bisogno dei numeri per identificarle. Gli autori avevano avuto quest’idea geniale di creare un grande contenitore vecchio stile in cui, attraverso diversi ospiti, momenti di talk e di varietà, le miss potevano farsi conoscere ed emergere durante il corso della serata. E il pubblico aveva già imparato a conoscerle, perché nei giorni precedenti alla finale in rete erano circolati i nomi e le descrizioni delle ragazze, come succede per il cast di un qualsiasi talent show o reality. Non erano mute, parlavano! L’impianto del format era un ibrido nel quale si incrociavano il corredo genetico del classico concorso di bellezza e la formula del varietà. C’era anche qualcosa del reality, con una sorta di confessionale in cui le concorrenti parlavano una dell’altra. C’era competizione, un pizzico di cattiveria, e c’era spettacolo. Molto spettacolo. Non ricordo bene il nome del conduttore. Ma era un vero conduttore. Uno di quelli che sanno come muoversi su un palco, che la televisione la conoscono, che l’hanno fatta. Non c’erano tempi morti, era un programma divertente, veloce, a tratti nostalgico e anche un po’ trash, ma quello non guastava. Alle 23:30 la miss Italia 2013 aveva la sua corona e il concorso era salvo, risorto dalle ceneri degli ascolti disastrosi delle ultime edizioni.
Poi mi sono svegliato e ho realizzato che Miss Italia era andato veramente in onda su La7. Con 63 miss. Tutte mute. Vestite con tutine di carta argentata, di quella in cui ci avvolgi il pollo avanzato. Non erano numerate “perché così si dava più umanità al programma”. Ma questa storia dell’umanità è durata appena mezz’ora, poi a quelle che passavano il primo turno eliminatorio veniva messo un anello con un numero, come si fa alla bestie negli allevamenti, e loro stavano lì, immobili e sorridenti, ad aspettare qualcosa. Ho avuto l’impressione che soffrissero assai, zitte con la manina alzata a mostrare il numeretto, per ore. Tante belle statuine in un museo delle cere. A un’ora dalla fine le hanno fatte anche parlare, queste aspiranti reginette, ma solo per 15 secondi. Poi c’era un suono fastidioso che le zittiva. Una sveglia. “Driiin! Sei una miss, vuoi pure parlare“? Era un programma noioso, pieno di tempi morti, senza spettacolo. Condotto da Massimo Ghini e Cesare Bocci, del tutto inadatti al ruolo che erano chiamati a svolgere, lo show sfiorava con facilità momenti di imbarazzo in cui appariva improvvisato, messo in piedi in fretta e furia. C’era anche una ex miss Italia, Francesca Chillemi, che per quanto era incapace persino a leggere il gobbo, sembrava capitata su quel palco per puro caso. E le miss stavano sempre mute, quelle rare volte che erano inquadrate. Allora ho capito che, in barba ai sogni di noi creativi appassionati di televisione, noi che come archeologi del tubo catodico salveremmo anche il più becero dei format antichi, Miss Italia è morta. Col braccio anchilosato, senza dire nemmeno una parola.

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