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Miss violence

Creato il 02 novembre 2013 da Ussy77 @xunpugnodifilm

28891«La violenza più efferata è quella del silenzio» 

Un pugno nello stomaco ben assestato, Miss Violence (2013), presentato a Venezia 70, lascia attoniti e senza parole. Un’esclation silenziosa nella quotidianità di una famiglia (a)normale.

Si festeggia Angeliki, tra trombette, foto ricordo e danze. E mentre Eleni confessa alla madre che è nuovamente incinta, la festeggiata (in un momento di distrazione generale) scavalca il balcone e si lascia cadere, sfracellandosi al suolo in una pozza di sangue.

Leone d’argento a Venezia 70, Miss Violence spiazza e suggerisce. Perché se già in apertura di pellicola si respira aria di anormalità, nella quotidianità di una festicciola in famiglia, Avranas cerca di celare il dramma sotto la cenere. E ci riesce perché l’ambientazione è asettica (e chirurgica) e la narrazione ponderata, lenta e pronta a esplodere. Tuttavia non è la sceneggiatura a esplodere o implodere, ma sono le immagini a restituire disagio e malcostume. Una violenza che si consuma nel silenzio e nella normalità di una famiglia grigia e “impolverata” dal punto di vista emozionale. Un nucleo familiare nel quale vige la legge del nonno padrone e la disciplina rigida e inflessibile.

Miss Violence si muove abilmente tra catarsi mancate e necessarie, tra violenza fisica e psicologica, tra suicidio e pedofilia, tra incesto e forzato silenzio. E tutto ciò esalta una messinscena immobile, nella quale nulla è fuori posto, nella quale il dramma è evidente, ma non si vede. E grande merito va ad Avranas capace di restituire disgusto e ribrezzo, agendo distaccatamente, non facendo compromessi ed evitando di abusare del classico voyeurismo. Ed è proprio grazie alla sua bravura che lo spettatore a fine visione è attonito, pietrificato, incapace di ribattere, di applaudire perché colpito nel profondo. Una pellicola che non si dimentica facilmente, che ricorda l’Haneke dei giorni migliori (camera fissa e uno stile elementare, ma profondamente empatico), che non è pretestuosa, ma tragicamente verosimile.

Avranas fa soffrire, prova a farsi metaforico (l’istantanea della Grecia in crisi giunge un po’ sbiadita), destabilizza e devasta. Condanna tutto e tutti. Allarga a macchia d’olio responsabilità e omertà, ma anche solidarietà passiva e vendetta. Una famiglia nella quale non si palesa futuro. Oppure no?

Uscita al cinema: 31 ottobre 2013

Voto: ****1/2


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