La ghirlanda e l'urna d'oro ritrovate
nella tomba ritenuta di Filippo II
Verghina si trova vicino all'omonimo insediamento, a 75 chilometri da Salonicco e a 515 chilometri da Atene. Qui, tra le montagne e le rare pianure, la mitologia greca collocava la terra d'origine delle Muse e di Orfeo. Sempre la mitologia vuole che a fondare la dinastia macedone degli Argeadi fu Carano, uno dei figli di Timeno, discendente di Eracle. I capi vennero invitati dall'oracolo di Delfi ad individuare un luogo a nord ricco di animali e i Macedoni individuarono una verde valle ricca di selvaggina e di capre. Qui fondarono Ege, Aigai, il cui nome fa proprio riferimento, in greco, alle capre. Ege/Aigai fu la prima capitale dinastica. Il nome attuale, il sito lo deve ad una mitica regina vissuta nelle rovine del palazzo reale, che si suicidò gettandosi nel fiume Aliacmone per non cadere nelle mani dei Turchi.
Verghina è una città socialmente elaborata, risalente al III millennio a.C.. I suoi tumuli sepolcrali, eretti sulle rive del fiume Aliacmone, caratterizzano il panorama e narrano la storia antica della città. L'acropoli era la costruzione più elevata. Sulle colline circostanti sono state rintracciati i resti delle antiche mura cittadine e di una monumentale porta.
Scudo in oro e avorio ritrovato nella tomba
attribuita a Filippo II
Il teatro di Ege/Aigai venne scoperto nel 1981. Era provvisto di due fili di sedili, di scena, passaggi laterali e di un altare dedicato a Dioniso. Proprio in questo teatro avvenne la tragica fine di Filippo II e, nello stesso anno, suo figlio Alessandro venne acclamato re (336 a.C.).
La città ospitava anche il santuario di un antico spirito femminile, Eucleia, garante della gloria e della buona fama. Eucleia era, a volte, assimilata ad Artemide ed era considerata la più giovane delle tre Grazie. Il santuario conteneva templi abbelliti da statue che recavano il nome dei membri della famiglia reale. Una recava il nome di Euridice, figlia di Sirra e, forse, di Aminta III, madre di Filippo II.
Elmo macedone e impugnatura di spada dalla sepoltura
attribuita a Filippo II
Il Grande Tumulo fu restaurato in passato da Antigono II Gonata (319-239 a.C.) e ricoperto con i residui delle tombe distrutte dagli stranieri. Nel 1977 lo scavo archeologico rivelò un muro in mattoni crudi ed una vasta area circolare piena di cenere, ossa e resti di ceramica bruciata. Furono trovate anche alcune costruzioni funerarie adiacenti il Grande Tumulo, delle quali due erano tombe sotterranee, sepolture monumentali macedoni e si accompagnavano ad un heroon per il culto del fondatore dinastico della stirpe reale macedone. Una tomba al nord dell'heroon restituì frammenti di decorazione dipinta con immagini di Persephone che fecero pensare ad una sepoltura monumentale. Questa tomba è stata datata al IV secolo a.C.
Volto di Sileno, decorazione di un vaso ritrovato
nelle tombe reali di Verghina
Nell'anticamera venne ritrovato un altro sarcofago con una seconda corona aurea. Vicino allo stipite della porta d'ingresso era stata deposta una superba faretra in oro di manifattura scitica che ancora conteneva i resti delle frecce. Accanto a questa, alabastra e gli schinieri in bronzo di Filippo II. Il sarcofago conteneva un altro larnax e il diadema di una regina.
Faretra in oro e avorio dalla tomba attribuita a Filippo II
Nel 1984 uno specialista in anatomia di Bristol, Jonathan Musgrave, dopo aver esaminato i resti ritrovati nel primo larnax, attribuì questi ultimi a Filippo II sulla base delle tracce dell'impatto di una freccia riscontrate nell'orbita dell'occhio destro (Filippo II patì una ferita simile, secondo gli antichi cronisti, durante l'assedio alla piazzaforte di Metone, sul Golfo Termaico). Se l'identificazione delle ossa era vero, le altre ritrovate nel secondo larnax dovevano appartenere a Cleopatra, ultima, giovane, moglie di Filippo II, costretta a suicidarsi da Olimpiade, madre di Alessandro Magno. Nel 2000, però, il paleoantropologo greco Antonis Bartsiokas, dopo aver riesaminato i resti, ha affermato che le ossa avrebbero subito un processo di scarnificazione prima di essere bruciate sul rogo.Entrata della tomba attribuita a Filippo II
Bartsiokas ha elaborato un'altra teoria. Le ossa ritrovate apparterrebbero non a Filippo II, padre di Alessandro Magno, quanto, piuttosto, a Filippo III Arrideo (359-317 a.C.), fratellastro di Alessandro e re alla morte di quest'ultimo. La seconda sepoltura apparterrebbe, invece, ad Euridice, moglie dell'Arrideo e costretta al suicidio al pari di Cleopatra, moglie di Filippo II.Filippo III era, con tutta probabilità, malato di epilessia. Venne manipolato dai seguaci dei diadochi e fatto assassinare dalla perfida Olimpiade. Ma la tomba supposta di Euridice non contiene i resti di Kynna, madre della donna, che le fonti affermano essere stata sepolta insieme alla figlia. Inoltre la defunta doveva avere, al momento della morte, più dei 18-19 anni che Euridice è detta avere dalle fonti nel momento in cui morì.
Uno studioso greco, Triantafyllos Papaois, sostiene - ed è questa la terza ipotesi in merito - che la tomba di Alessandro sarebbe proprio nell'urna d'oro di Verghina. I resti del grande macedone, infatti, sarebbero stati rimpatriati da Antigono II Gonata (319-239 a.C.).
Al momento ognuna delle ipotesi formulate potrebbe essere valida o meno. Si attendono nuove risposte dalle ricerche, dagli studi, dalle analisi e anche dagli scavi nell'antica sede reale della monarchia macedone.