Come spesso accade in ambito scientifico, quando si realizza uno strumento per ottenere risposte ad alcune delle domande più affascinanti dell'universo, non si fa altro che sollevare nuovi interrogativi, sempre più misteriosi, circa la natura dello spazio che ci circonda.
E' il caso di Kepler, lanciato per svelare alcuni segreti del cosmo ma che contemporaneamente ha sollevato nuove questioni, come il problema dei corpi celesti super-densi.
Nel corso degli ultimi 3 anni, infatti, Kepler ha scoperto che alcuni sistemi extrasolari sono popolati da oggetti del tutto particolari: hanno dimensioni ridotte (a volte simili a quelle terrestri), ma una densità troppo elevata, spesso identica a quella del ferro puro.
Nel nostro sistema solare non esiste nulla di simile, e finora mancano esempi concreti relativi a questo particolare tipo di oggetti celesti. "Non c'è modo di spiegare questo fenomeno nei limiti del Sistema Solare" spiega Olivier Grasset, geofisico dell'Università di Nantes.
Grasset e i suoi colleghi hanno elaborato una teoria in grado di spiegare la presenza e l'origine di questi oggetti super-densi. Proposta inizialmente nel 2011, questa idea prevede che questi corpi misteriosi non siano altro che i nuclei di pianeti ghiacciati giganti avvicinatisi troppo alla loro stella.
La dinamica del fenomeno sarebbe la seguente: un pianeta gigante ghiacciato (del tutto simile, ad esempio, a Nettuno) si forma ai margini del suo sistema solare per poi avvicinarsi gradualmente (a causa di innumerevoli possibilità gravitazionali) alla sua stella, perdendo la sua copertura ghiacciata e lasciando esposto il nucleo.
Le temperature dell'atmosfera stellare, infatti, farebbero evaporare gli strati più superficiali del pianeta, principalmente composti da elementi volatili come idrogeno, elio e acqua, lasciando soltanto roccia e metalli, i materiali che si suppone compongano anche il nucleo della Terra.
Il fatto che questi nuclei rimanenti abbiano un diametro pari o superiore a quello del nostro pianeta suggerirebbe che si siano formati a partire da pianeti giganti in grado di esercitare pressioni di 500 gigapascal (5 milioni di volte la pressione atmosferica terrestre) sul loro nucleo.
Recentemente, Grasset e Antoine Mocquet hanno creato un modello computerizzato in grado di simulare in modo approssimativo la generazione di un pianeta super-denso, scoprendo che occorre moltissimo tempo per ottenere un nucleo planetario esposto di questo tipo, e non è affatto certo che l'erosione dovuta alla radiazione e alla temperatura stellare riesca a fare il suo lavoro.
Se il pianeta gigante perde il suo strato superficiale nell'arco di miliardi di anni, il materiale del nucleo tende a rilassarsi, raggiungendo densità ordinarie per un corpo celeste di quelle dimensioni. Ma se il fenomeno si verifica nell'arco di tempi geologicamente brevi, il repentino raffreddamento del nucleo lo manterrebbe in uno stato di elevata densità a tempo indeterminato. "Se il processo è veloce, si ottiene una super-Terra estremamente compressa" sostiene Grasset.
Lo strato superficiale del pianeta gigante, tuttavia, potrebbe venire distrutto in modo violento anche da fenomeni di tipo catastrofico, come collisioni con altri corpi celesti o l'azione di elementi ancora sconosciuti.