Chiuse senza risultati le indagini sulla scomparsa dell'imprenditore e del figlio. Una vicenda che intreccia politica, cosche e appalti. E svela legami con gli storici soci di Dell'Utri - Rivolta contro la Cassazione. Così Berlusconi scambia il Parlamento per il suo scudo personale (di Marco Damilano - l'Espresso)
Il caso Maiorana è chiuso. Non ci sarà alcun processo per capire che fine abbiano fatto l'imprenditore Antonio Maiorana e il figlio Stefano, scomparsi il 3 agosto nel 2007 a Palermo. Dalla procura è partita la notifica che chiude i sei anni di indagini con un sostanziale nulla di fatto. La mole di carte, intercettazioni, documenti bancari e societari, e verbali di testimoni non ha nno fatto luce sulla sorte di Maiorana e sui motivi della sua scomparsa. L'unica certezza è che relazioni con ambienti mafiosi, cemento e politica sono stati i tre peccati capitali di Antonio Maiorana.
Dalla carte dell'inchiesta è spuntato anche il tentativo di contattare Matteo Messina Denaro. Puntando sull'intercessione del boss latitante, Maiorana voleva entrare nel "gioco grande" di Cosa Nostra imprenditrice. I fatti risalgono al 2006, un anno prima della scomparsa del manager. Lo rivela la testimonianza - agli atti dell'indagine coordinata dai pm Francesco Del Bene e Gaetano Paci - di A.R., una "fonte" di Castelvetrano, chiamata dai magistrati a rendere informazioni dei suoi rapporti con l'imprenditore. Seguendo la ricostruzione, Maiorana avrebbe voluto realizzare a Selinunte un resort turistico da quasi 7000 posti. Il lasciapassare all'opera faraonica sarebbe dovuto arrivare da politici - nei verbali si fa riferimento ad amministratori locali e deputati regionali - e dal network di faccendieri vicini a Messina Denaro. Nel rispondere alle domande dei pm, la fonte A.R. fa il nome di Giuseppe Grigoli, l'ex gestore dei supermercati Despar in Sicilia, ritenuto un prestanome della "primula rossa" della mafia trapanese. Maiorana sarebbe entrato in contatto con Grigoli per capire i margini di realizzazione di quel progetto turistico. Non solo: l'imprenditore palermitano avrebbe cercato un abboccamento diretto con la famiglia del latitante.
La scomparsa di Maiorana è una dark story che intreccia mafia, potere politico e imprenditoria. I carabinieri del reparto operativo di Palermo hanno ricostruito, passo per passo, l'intera storia di Maiorana. Cresciuto sotto l'ala protettrice dello zio, il costruttore messinese Giuseppe Contarini, si lancia nel mondo dell'edilizia residenziale all'inizio degli anni Ottanta, con il consorzio Coreca 2000. All'epoca tra i suoi partner c'è anche Massimo Ciancimino, discusso protagonista delle rivelazioni sulla trattativa Stato-mafia. Tutti i progetti di Maiorana si svilupperanno con il medesimo canovaccio: sponsor politici - nel 2000 vantava contatti diretto con l'allora presidente della Regione Totò Cuffaro - e relazioni border line con personaggi contigui alle cosche. Storico, ad esempio, è il rapporto di Maiorana con Francesco Paolo Alamia, l'ingegnere e politico legato alla cerchia di Marcello Dell'Utri sin dagli anni Settanta, coinvolto con la sua Inim immobiliare nel fallimento della Venchi Unica e indagato più volte per le sue relazioni con i boss.
Maiorana e Alamia erano partner anche nel cantiere vicino all'aeroporto palermitano, dove la loro società Calliope stava realizzando decine di appartamenti. Qualche giorno prima della scomparsa, l'imprenditore era riuscito a realizzare un passaggio di quote societarie, estromettendo nei fatti l'antico socio Alamia. Anche per quell'impresa, Maiorana e i suoi partner avevano rispettato il codice non scritto di Cosa Nostra, facendo lavorare operai legati al clan Lo Piccolo e al mandamento mafioso di Brancaccio. Nonostante la decisione dei magistrati palermitani, Rossella Accardo, ex moglie dell'imprenditore scomparso, continua a battersi per la ricerca della verità. In questa storia ha perso i suoi due figli. Stefano è scomparso insieme al padre; Marco, travolto dalla pressione, si è tolto la vita a gennaio del 2009: quando mafia e cemento camminano insieme, la storia insegna che le colpe dei genitori ricadono anche sui figli.