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Mo, Je, Greg e un super 100m donne! Spettacolo

Creato il 05 agosto 2012 da Olimpiazzurra Federicomilitello @olimpiazzurra

Vince l’atletica! Che serata British! Due ore di spettacolo. Uno show che ha mandato in visibilio gli ottantamila presenti sugli spalti. Meritatamente premiati da tre fantastici ori, uno più bello dell’altro. Per l’apoteosi del Regno Unito. Per la Terra di Albione che porta a casa uno stupendo tris, solo sperato e sognato alla vigilia. Poi si aggiunge anche un eccezionale 100m femminile e si può andare a letto tutto felici e beati.

 

La maggior parte degli spettatori era già all’Olimpico fin da stamane. Hanno seguito con passione le sette fatiche della beniamina Jessica Ennis. Superfavorita al successo finale nell’eptathlon non ha deluso le aspettative di una Nazione intera e con delle prove pazzesche si è meritata i boati dello Stadio. Le sue gare di velocità hanno avuto dei riscontri da specialista (il 12.54 sui 100 ostacoli parla da solo). Si presenta ai blocchi di partenza degli 800m con 160mila mani in fibrillazione. La ventiseienne di Sheffield con sangue giamaicano da parte paterna cerca una vera impresa. Quasi impossibile: abbattere la barriera dei 7000 punti. L’ultima a riuscirci era stata la mitica Carolina Kluft, la bella svedesona che rivoluzionò la disciplina. Per farlo le servirebbe correre attorno a un fantascientifico 2:04. Ci vuole provare. Parte a spron battuto. Un primo giro pazzesco da 62’’ netti la fa sognare. Inevitabilmente, però, crolla ai tre quarti del percorso. La somma dei risultati la porta a 6955 punti, ovviamente record nazionale e quinta prestazione mondiale di sempre. L’argento, dopo un ricorso, va alla tedesca Lilli Schwarzkopf  (6649); la russa Tatyana Chernova Lyudmyla, campionessa del Mondo in carica, si mette al collo il bronzo (6628).

 

Greg Rutherford è, invece, inglese dalla testa ai piedi. Nato e cresciuto a Milton Keynes, col bisnonno che è entrato nella storia del calcio per essere stato il più vecchio giocatore dell’Arsenal. L’incarnazione dei valori del sud della Nazione. Bianco di provincia con gli occhi sempre puntati verso Londra. Quella capitale che oggi si inchina ai suoi piedi e lo festeggia. Il salto in lungo è sempre stata terra di conquista per gli Stati Uniti, ma oggi Gregatron vola più di tutti (8.31m). Lo fa in una gara non di certo stellare (cinque atleti in nove centimetri a cavallo del modesto 8.10) in cui si andava a medaglia con 8.12 (il bronzo dello statunitense William Claye) e si prendeva saliva sul secondo gradino del podio con 8.16 (l’argento dell’australiano Mitchell Watt). Sono grandi i rimpianti per l’infortunio di Andrew Howe: queste misure se le sarebbe mangiate in un sol boccone. Ma bastano e avanzano per il venticinquenne. È la seconda vittoria olimpica di sempre per il Regno Unito nella specialità dopo quella del gallese Lynn Davie a Tokyo ’64, a lungo detentore anche del record nazionale poi soffiatogli da Chris Tomlinson (oggi sesto con 8.07).

 

La finale più attesa era quella dei 10000m. In pista c’è un grande: Mohammed Farah. Semplicemente Mo. Viene dalla Somalia e ha fatto della Gran Bretagna il suo rifugio e la sua nuova patria. Vuole realizzare il sogno che aveva da bambino: vincere un oro olimpico, come il suo grande idolo Mohammed Alì. I pronostici erano tutti dalla sua ma c’era una concorrenza spietata guidata dall’eterno Kenenisa Bekele. Un etiope dal cuore grande così che non molla mai e che a Londra cercava il bis dopo il favoloso successo di Pechino. Accanto a lui un team keniano che cerca di sconvolgere la gara. Partono di buona lena, provano a spaccare il gruppo aumentando gradualmente il ritmo. Non ci riusciranno. Kiprop si perde per strada, Masai non riesce a fare faville e per Muchiri arriva solo un quinto posto (27:32.94). I nemici etiopi tentano di cambiare volto a una gara statica. Niente da fare. Rimangono in cinque al suono della campanella. Tutto secondo i piani di Mo. Sempre attento, tatticamente accorto, pronto a controllare gli altri big. Si piazza in testa e la sua proverbiale progressione dell’ultimo giro trova l’apoteosi. Allungo micidiale che lascia sulle gambe Kenenisa. Cercano di tenere il passo il fratellino Tariku (poi sorprendente bronzo in 27:31.43) e un bravissimo outsider: Galen Rupp. Lo statunitense porta in volata il supercampione e qui, sul terreno dal beniamino di casa, deve alzare bandiera bianca: 27:30.42 contro 27:30.92. Un viso pallido secondo nel mezzofondo: incredibile! È il giusto premio alla Federazione stelle e strisce che ha investito parecchio e ha spronato i giovani ad indirizzarsi verso le discipline di durata. È il grande successo, contemporaneamente, per un uomo che a ventinove anni ha portato la famiglia oltreoceano, l’ha costretta a grossi sacrifici per allenarsi al meglio e oggi si è realizzato. Che bel quadretto dopo il traguardo per Mo con la moglie e la figlia che festeggiano il primo titolo britannico nella specialità. Nel frattempo il nostro Daniele Meucci conclude la sua prestazione: sempre bravissimo oggi è sotto le aspettative e termina ventiquattresimo (terzultimo degli arrivati) in 28:57.46, doppiato e primo degli europei caucasici.

 

Il tutto ha offuscato un po’ l’appuntamento conclusivo della giornata: i 100m femminili. La gara più veloce del panorama. Si andava a caccia della nuova Reginetta. Si conferma Shelly-Ann Fraser-Pryce che arriva a un bis consecutivo storico: nella storia insieme alle statunitensi Wyomia Tyus (Tokio ’64 e Città del Messico ’68) e Gail Devers (Barcellona ’92 e Atlanta ’96). 25 anni. Una piccolina di 152cm con la dinamite nelle gambe e la Giamaica nel cuore. Il suo 10.75 è il marchio a una finale pazzesca a livelli altissimi con ben sei atlete sotto gli 11’’. Non accadeva da quasi trent’anni (altri tempi…). Vince la battaglia eterna. La rivalità della velocità. Quella con gli Stati Uniti. Batte Carmelita Jeter (10.78, a 32 anni di nuovo sul podio) e la connazionale Veronica Campbell Brown (10.81). Delude moltissimo Allyson Felix, quinta in 10.89. La nuova campionessa si è distinta per un’accelerazione spaziale nei primi 60m, poi ha mantenuto costante la sua velocità, ha tenuto ben dritte le spalle e il busto. Nel finale non ne ha più e perde i piedi, ma ormai è troppo tardi per la Jeter.

 

Un altro stupendo bis esce anche dal lancio del disco. Sandra Perkovic diventa la nuova eroina croata. Senza Blanka Vlasic spetta a lei tenere su tutto il carrozzone e lo fa con un’eccellente 69.11, nuovo record nazionale. Distaccatissime la russa Darya Pishchalnikova (argento con 67.56) e la cinese Yanfeng Li (bronzo con 67.22), campionessa del Mondo (a Pechino aveva provato col getto del peso). Delude la cubana Barrios, ferma a 66.38.

 

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(foto IAAF)

OA | Stefano Villa

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