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Moderna molteplicità

Creato il 11 aprile 2014 da Lundici @lundici_it
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“Non avrai altro Dio all’infuori di me”. Da quando Mosè scese dal Sinai, siamo stati (in quanto “occidentali”) educati all’unicità (contrapposta alla molteplicità): un Dio, un lavoro, una famiglia, una casa, una patria, una città, una scelta, ecc..

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La nostra mente è pigra e tende ad evitare complicazioni e domande. Per questo ci fa sentire più tranquilli quando possiamo racchiudere qualsiasi concetto in un’unica forma, magari anche con un solo nome e un solo volto. L’ignoto spaventa, l’indeterminazione inquieta. La nostra mente cerca costantemente di non pensare, delegando questa fatica ad altri o alle visioni convenzionali e “semplificate” del mondo. Per questo rifugge ciò che è indefinito, sfuggente, difficilmente incasellabile e, al contrario, è felice quando può sistemare ogni cosa in un cassetto, metterci sopra un’etichetta e chiuderlo per sempre. Per questo tendiamo a definire le persone, i cibi, le esperienze, tutte le cose, come buone o cattive, belle o brutte, utili o inutili e così via.

Questa impostazione mentale ha funzionato a meraviglia dal Sinai in poi, anche perché si adattava perfettamente al nostro quotidiano vivere: per qualche migliaio d’anni, in generale, abbiamo avuto una famiglia, un lavoro, un partner, una casa, un hobby, una squadra di calcio…una vita. Da qualche tempo però, l’aumentato benessere economico e un diffuso e radical cambiamento dei costumi (non slegati dalla frenesia consumistica) stanno progressivamente erodendo questo ordine. Oggi è sempre più normale avere più famiglie, più case, più lavori, più partner (uno dopo l’altro o…uno insieme all’altro…), più interessi, più patrie…più vite…Un banale esempio per tutti: quanti bambini si ritrovano oggi ad avere 8 (otto) “nonni”? Tutti quelli che sono figli di genitori separati che hanno trovato un nuovo partner: certamente non pochi e comunque molti, ma molti di più rispetto a solo una trentina di anni fa. La molteplicità avanza.

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Siamo continuamente bombardati da stimoli per non dire “ordini” a fare, comprare, buttare, divertirci, buttare e ricomprare, cambiare, ricambiare, ecc. ecc.. La quantità di informazioni e sollecitazioni a cui siamo esposti è enormemente maggiore rispetto a solo pochi anni fa. Oggi, un ragazzo di 15 anni è già passato attraverso un numero di esperienze ed ha visto o è venuto comunque a contatto con un numero di cose che una persona anziana di una trentina di anni fa non poteva nemmeno sognarsi in un’intera esistenza.

A quarant’anni è come se avessimo vissuto già molte vite, non una sola. Se pensiamo a concetti come “famiglia”, “partner”, “lavoro”, “casa”, può accadere che non li associamo più ad un’unica immagine, ad un unico nome, ad un unico ricordo. Magari abbiamo “messo su famiglia”, investito tempo ed energia in un progetto di vita al quale ci siamo affezionati e che, fino a qualche anno fa, sarebbe stato unico e definitivo e poi invece, per i casi della vita di oggi, tutto è saltato in aria e può essere che siamo finiti a rimettere su famiglia, rimettere su casa, fare altri figli, cambiare lavoro, trasferirci in un’altra città, ecc.. E’ come se avessimo perciò vissuto molteplici vite ed è come se dentro di noi avessimo molteplici anime, che trovano spazio o sono state “attivate” in virtù della nuova realtà nella quale oggi viviamo. Perché la moderna molteplicità finisce per declinarsi non solo fuori di noi, ma anche dentro di noi. Anche noi stessi siamo molteplici, anche noi “siamo più noi”.

La nostra mente fatica ad abbracciare questa molteplicità dalla quale è riuscita a tenersi lontana per millenni. Ma la realtà ci impone di farlo. Non è casuale che, anche in ambito scientifico tante spiegazioni (per esempio quelle relative alla fisica quantistica) ci sono sfuggite fino a pochi anni fa, proprio perché ci riesce tremendamente difficile accettare che l’Universo è indeterminato e che una cosa può essere due cose e in due posti diversi allo stesso tempo.

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E invece la molteplicità avanza, ci inquieta e ci disorienta, anche perché ognuna di queste anime dentro di noi reclama attenzione, vuole nutrimento, ci tira dalla sua parte. Ci ritroviamo così spesso a non “sentirci a casa” e in pace, perché ogni anima ha la sua propria “casa” e lì vuole tornare. Il punto è che il tempo è finito, le scelte vanno fatte, la vita va vissuta momento dopo momento, noi non possiamo essere in due posti allo stesso momento (come le particelle della fisica quantistica), ed allora queste “voci”, insoddisfatte perché magari siamo con una famiglia e non con l’altra, perché stiamo amando una persona e non più un’altra, prendono la forma di sensi di colpa, nostalgie laceranti, eccessiva attenzione al passato e incapacità di scegliere. Siamo come barche in mezzo al mare spinte da mille correnti e mille venti, con il risultato che rischiamo di rimanere fermi o tornare indietro dopo ogni virata o finire vittime di indecisioni croniche.

Nel suo divertente libro “Momenti di trascurabile felicità”, Francesco Piccolo sostiene, tra il serio e il faceto, come gli provochi felicità “sfogliare le riviste senza trovare alcun che di interessante da leggerci”. Oggi, anche grazie ad internet, possiamo leggere ed informarci sull’intero scibile umano. Tuttavia è praticamente impossibile farlo: gli stimoli e le opzioni che ci vengono offerte solo talmente tante che ci opprimono, ci disorientano, ci schiacciano. Ci sentiamo in colpa per non poter fare tutto, per non potere accontentare tutti; ci sentiamo “disarmonizzati” rispetto al presente perché abbiamo troppi passati con cui fare i conti. E quindi si arriva al paradosso per cui ci sentiamo sollevati quando ci allontaniamo da possibilità e stimoli e quindi quando ci togliamo da queste situazioni “molteplici” di cui però è fatta – ci piaccia o no – la vita odierna, con il risultato di “non vivere” o vivere male.


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