Modificare la Costituzione: una procedura complicata
Scritto da Giuseppe Rizzo
Mercoledì 11 Maggio 2011 11:02
L'iter che porta alla modifica della Costituzione viene comunemente definito "aggravato", in quanto non avviene tramite l'adozione di una legge ordinaria come per un qualsiasi disegno di legge ma attraverso l'espediente tecnico della Legge Costituzionale, gerarchicamente sovraordinata alla prima (in base al principio di supremazia della fonte costituzionale rispetto a tutte le altre fonti) e rientrante nell'alveo delle competenze esclusive del Parlamento, quale supremo depositario del potere popolare.
Tale circostanza, si spiega con la necessità giustamente avvertita dai Padri costituenti, specie dopo l'era fascista, di elaborare un modello costituzionale cd. rigido (proprio perché difficilmente modificabile), al fine di evitare che la Costituzione potesse essere agevolmente stravolta o anche solo parzialmente modificata, con magheggi perpetrati da questa o quella compagine politica di maggioranza.
L'elemento della rigidità, secondo i più conservatori, rappresenta una vera e propria valvola di sicurezza non solo della Legge Fondamentale in sè considerata, ma dell'intero impianto istituzionale della Repubblica, atteso che, proprio l'art. 139 della Costituzione, quale norma di chiusura, dispone che la forma repubblicana non possa essere oggetto di revisione costituzionale.
E' anche vero, tuttavia, che una Costituzione rigida, potrebbe non prestarsi ai necessari adeguamenti dovuti alle continue metamorfosi del contesto politico-sociale ed istituzionale odierno.
Ma veniamo ora all'esame dettagliato del laborioso procedimento di modifica.
La norma di riferimento è l'art. 138 della Costituzione, che al primo comma prevede che le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali debbano essere adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni, intervallate da un arco temporale non minore di tre mesi ed approvate a maggioranza assoluta (50% + 1) dei componenti di ciascuna Camera, nella seconda votazione.
E' evidente come già rispetto al normale iter parlamentare di approvazione dei disegni di legge ordinaria, che normalmente prevede solo due passaggi approvativi tra Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, quello di revisione costituzionale deve sottostare a ben quattro consultazioni: deliberazione 1° Camera → deliberazione 2° Camera → intervallo trimestrale → seconda deliberazione 1° Camera → seconda deliberazione 2° Camera.
Proseguendo nella lettura della norma, si evince, tuttavia, la non sufficienza del doppio passaggio, ancorchè approvativo della stessa legge costituzionale.
Ciò si deve alla sottoposizione a referendum popolare (confermativo) della legge di modifica (2° comma art. 138 Cost.).
Il referendum avviene qualora ne facciano richiesta, entro tre mesi dalla pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali. Inoltre, laddove all'esito del referendum non si sia raggiunta la maggioranza dei voti validi, la promulgazione ad opera del Presidente della Repubblica, non potrà avvenire (ex 3° comma art. 138 Cost.), con conseguente caducazione del provvedimento.
V'è da precisare, poi, che in base al disposto di cui all'ultimo comma dell'art. 138, non si fa luogo a consultazione referendaria, se la legge costituzionale anziché essere approvata a maggioranza assoluta, passi, in seconda votazione, a maggioranza (questa volta qualificata) di due terzi dei componenti di ciascuna camera. In tal caso, infatti, stante l'alta percentuale di consenso alla sua approvazione, è chiaro che il provvedimento normativo di revisione costituzionale sarà sottratto ad ulteriori passaggi confermativi.
E' opportuno rilevare, infine, che il procedimento descritto, seppur articolato e complesso, costituisce un passaggio obbligato per la realizzazione di diverse riforme che sia l'attuale Governo, che quelli precedenti, avevano inserito nel loro programma elettorale, si pensi, per citarne alcune, alla riforma federale dello Stato o a quella della giustizia.
In tanti, con i tempi che corrono, ritengono di poter tirare un gran sospiro di sollievo nel pensare che sia così laborioso modificare la nostra benamata Costituzione. Avranno ragione o torto? Staremo a vedere. Qualcuno disse che il tempo può avere un parto difficile, ma non abortisce mai!