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E ve lo dice uno che ha giocato a calcio e che, potesse, non farebbe altro.
Alle scuole calcio, ma soprattutto dopo, con l'avvento delle partite vere, si insegnano comportamenti non corretti, anche se la cosa non è esplicita nel POF e non viene illustrata su nessuna lavagna.
Almeno, questo è quello che viene da pensare osservando i comportamenti dei calciatori in campo. E non parlo solo dei cocchi da serie A.
Finché sei al campetto in un 5 contro 5 tra amici, tutto bene, chi subisce la punizione la chiama e chi l'ha commessa sta muto, e spesso sta muto pure se pensa di non aver commesso il fallo.
La presenza dell'arbitro, sia che si giochi la finale di champions o il torneo interaziendale, alimenta e autorizza, invece, una serie di comportamenti che se riuscissimo a osservarli con distacco ci aprirebbero gli occhi su come realmente sono: inammissibili.
Invece sono tollerati o, peggio, auspicati anche da chi il calcio lo segue da spettatore, e sono divenuti parte del mondo calcio.
Le simulazioni per ottenere una punizione sono di per sé scandalose, il finto dolore per scaturire l'ammonizione/espulsione dell'avversario non è forse vergognoso? Esiste un altro sport dove si finge di morire per creare un danno all'avversario e un vantaggio alla propria squadra? Non me ne viene in mente nessuno, purtroppo. E per fortuna.
E la mano alzata a reclamare un fallo laterale, o un angolo, quando il calciante di turno sa bene di aver toccato per ultimo la palla? Poca cosa, dite? Mi spiace ma non sono d'accordo. Proprio perché è poca cosa è ancora più grave alimentare quella falsità e lo vedi, lui lì, chiedere quel fallo che non gli spetta e farlo così, come fosse normale, come fosse lecito, come fosse obbligatorio.
Ricordo, in una delle mie prime partite di calcio che, su un angolo, vado a saltare per colpire di testa e il difensore mi agguanta per la maglia e mi tiene giù. Io resto sbigottito, lo guardo e gli chiedo cosa cazzo stia facendo. E lui, a questa mia protesta, resta lì più smarrito di me… spiazzato dalla mia reazione, dal fatto che io non comprendessi, in fondo, che lui si stava solo comportando normalmente.
Durante le ferie di qualche anno fa, io e i miei, siamo stati tamponati, per una tortuosa strada pugliese presso Mattinata, da una Golf nera degli anni ’80 con a bordo 5 marocchini, i quali ci hanno rifilato gli estremi di un’assicurazione sconosciuta e tanti saluti. Poi ci hanno seguito per 10 chilometri e ho temuto seriamente che finissero il lavoro buttandoci giù per la scogliera.
E quando noi ci siamo fermati per andare in spiaggia ci hanno salutato con dei gran bei sorrisi. A presa di culo, pensai.
L’anno scorso, altro incidente senza colpa a causa di un tizio che tenta un’inversione a U sui viali a Firenze alle 17 di una giornata di pioggia, in un tratto con la doppia riga. Il ragazzo è pura razza ariana, alto, bello e biondo. Capello lungo raccolto a coda. Gioca a calcio in una squadra di Eccellenza e dopo un minuto uno dall’incidente, con me frantumato e seduto sul marciapiede a far la conta dei danni fisici, efficientissimo, ha già spostato il mio scooter e la sua auto, per non intralciare il traffico. Che pensiero carino!
L’assicurazione dei marocchini ha rifuso il danno totalmente, in meno di due mesi, e quasi mi commuovo ripensando all’equivoco dei sorrisi che ci elargirono.
Il calciatore ariano invece si è preso dei testimoni falsi, ha dichiarato che la sua vettura era “FERMA E PARCHEGGIATA” e che io, prima sono caduto, e poi gli sono finito addosso. Insomma, ha fisiologicamente applicato alla vita il suo modus calciandi.
Alla fine ho beccato il 50% di colpa, grazie alle sue spudorate dichiarazioni: si è guadagnato il suo bel rigore inesistente e l'ha segnato. Bravo, diobòno!
Con questo, eccezioni ce ne sono, ma resta il fatto che l’onestà non è una questione di razza. Semmai di sport.
E potendo, la prossima volta, cercherò d’incocciare l'auto di un rugbista.
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