A volte, le sostanze presenti in natura vengono utilizzate dall'uomo, ad esempio, per preparare dei medicinali. È proprio di questo che vorrei parlare oggi: alcuni farmaci, infatti, trovano la loro origine in ricette che ci sono state fornite direttamente dalla natura!
L'esempio più famoso è probabilmente quello dell'acido acetilsalicilico, principio attivo dell'aspirina. Questa molecola è la più nota tra i farmaci antiinfiammatori; viene utilizzata anche come antifebbrile o anticoagulante e deriva dal salice bianco (nome botanico Salix alba).
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Salix alba
Il suo utilizzo è noto fin dall'antichità: Ippocrate nei suoi scritti descrive, infatti, la salicina, una polvere amara estratta dalla corteccia del salice bianco, capace di alleviare il dolore ed abbassare la temperatura corporea.La salicina, sciolta in acqua, si comporta come un acido; da qui, il nome: acido salicilico.
Il termine "acetil" si riferisce, invece, ad una modifica della molecola, attuata in laboratorio, che aiuta a minimizzarne gli effetti collaterali.
Acido salicilico (salicina)
Acido acetilsalicilico
L'acido acetilsalicilico può, tuttavia, causare reazioni allergiche in soggetti predisposti; altri effetti avversi riguardano le persone soggette ad emorragie e quelle che soffrono di gastropatie, asma od insufficienza renale. Il medicinale è controindicato anche nell'ultimo trimestre di gravidanza perché può provocare emorragie sia nel feto che nella madre.
Vediamo ora un altro esempio interessante.
Il chinino è stato il primo medicamento efficace contro la malaria: si ricava dalla corteccia della Cinchona officinalis, una pianta arborea, originaria delle Ande.
Corteccia della Cinchona officinalis
Negli ultimi decenni dell'Ottocento la malaria era presente anche in molte zone d'Italia; per questo motivo, nel 1895, fu approvatala la legge sul "Chinino di Stato", che imponeva un prezzo massimo per il medicamento, al fine di evitare speculazioni.Il chinino è stato il farmaco d'elezione per la cura della malaria fino alla prima metà del Novecento, quando furono scoperte nuove sostanze in grado di contrastare la malattia. Il chinino è tuttora utilizzato per trattare la malaria in alcune situazioni critiche, resistenti ai farmaci di prima scelta.
A dosi terapeutiche il chinino può, tuttavia, portare ad una lieve intossicazione: nausea, cefalea, disturbi visivi, vertigini, acufeni e sordità, ne sono i sintomi principali; in dosi elevate, il farmaco è tossico per il cuore e può risultare addirittura fatale.
Altro famoso esempio è la digitalina, un cardiotonico che deriva dalla Digitalis purpurea.
Digitalis purpurea
Questa sostanza è in grado di diminuire il ritmo cardiaco e di aumentare la forza di contrazione del miocardio (muscolo del cuore).La digitalina, se ingerita, anche in dosi minime, è tossica: l'intera pianta è velenosa, comprese le radici ed i semi. I primi sintomi di intossicazione possono includere: nausea, vomito, dolori addominali, allucinazioni e mal di testa; la riduzione del ritmo cardiaco può essere fatale.
Infine, l'atropina. Questa molecola deriva dall'Atropa belladonna e viene utilizzata come midriatico (farmaco che dilata la pupilla) in oftalmologia.
Atropa belladonna
A dosi minime l'atropina ha anche un effetto sedativo sul sistema nervoso; a posologie elevate, invece, causa: agitazione, confusione mentale ed insonnia. I livelli di tossicità variano da persona a persona, ma un'intossicazione può anche essere letale.Il nome botanico di questa pianta ha origine nella mitologia greca e nell'uso cosmetico che si faceva dell'Atropa belladonna nel Rinascimento.
Secondo la mitologia greca, le tre Moire sono figlie di Zeus e Temi: Cloto tesse il filo della vita; Lachesi offre gioie e tristezze, determinando la svolta che prenderà l'esistenza dell'uomo; Atropo, infine, taglia il filo della vita e porta alla morte. Il nome atropina deriva proprio da Atropo: l'ingestione delle bacche della Belladonna è, infatti, mortale.
Il termine specifico belladonna fa, invece, riferimento alle nobildonne del Rinascimento che usavano questa pianta per rendere lucenti gli occhi: come ricordato precedentemente, infatti, la belladonna viene ancora oggi utilizzata per la sua capacità di dilatare la pupilla.
I semplici esempi citati in questo post evidenziano anche un altro concetto importantissimo: non tutto ciò che è naturale è, necessariamente, anche innocuo e sicuro. Spesso si è portati a credere che una sostanza non sia pericolosa semplicemente perché è naturale: la salicina, il chinino, la digitale e l'atropina ci hanno, invece, mostrato come questa credenza possa essere pericolosa.
In conclusione, ogni sostanza chimica, naturale o prodotta dall'uomo in laboratorio, non va mai assunta con leggerezza, senza il consiglio di un medico; è fondamentale informarsi sugli effetti, positivi e negativi, e sapersi regolare di conseguenza, senza incorrere dell'errore di ritenere nocivo ogni composto artificiale ed inoffensiva ogni sostanza di origine naturale.
Tania Tanfoglio
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Bibliografia
Enrica Campanini. Dizionario di fitoterapia e piante medicinali, Tecniche Nuove, 2004.
Kent R. Olson. Intossicazioni Acute: Veleni, Farmaci e Droghe, Springer, 1999.