Poi il giovane Dragor andava al deposito di bagagli per lasciare la mezza tonnellata in attesa di una schiarita sul fronte dei trasporti. E qui aveva un’altra sorpresa: una coda lunga alcune decine di metri che si perdeva in un’oscura caverna nella quale s’intravedevano contorte impalcature di legno traboccanti di masserizie. “Ma porca puttana” sbottava (va detto che il giovane Dragor usava espressioni che oggi si vergogna perfino di pensare), “perché non c’è un deposito automatico come in ogni paese civile?” Ancora una volta, attirato dal suo linguaggio pittoresco e dalla legittimità della domanda, lo soccorreva un compagno di coda. “Perché la cooperativa dei custodi di bagagli non lo vuole.” “E perché non lo vuole?’ “Per difendere il posto di lavoro dei custodi di bagagli.”
Dopo 2 ore, munito soltanto di una borsa con il nécessaire per la notte, il giovane Dragor scendeva in quella parte del mausoleo assiro-babilonese che si chiamava “galleria delle carrozze”, con tutte le intenzioni di prendere un taxi. Sarebbe stato un gioco da bambini se fra lui e i taxi non ci fossero stati 300 metri di coda e se i taxi fossero arrivati con una frequenza inferiore ai 15 minuti. “Ma porca…” sbottava di nuovo, “perché non ci sono taxi?” Ancora una volta lo soccorreva un suo vicino di coda. “Perché sono pochi.” “E perché sono pochi?” “Perché la cooperativa dei tassisti non vuole la concorrenza.”
Fu allora che nella fertile mente dragoriana sbocciò la Teoria delle Mafie. L’Italia non è controllata soltanto della mafia siciliana e da quella vaticana, ma da tante piccole mafie. Ognuna di loro fa il proprio interesse contro quello generale. Si chiamano cooperative, sindacati, albi professionali, associazioni di categoria, partiti, per non dire gilde, confraternite, logge, cosche, corporazioni, cartelli e trust. La loro bestie nere si chiamano Concorrenza e Selezione. Tengono l’Italia in ostaggio, imponendo prezzi alti e servizi scadenti. E i cittadini devono pagare il pizzo.
Dragor