“I sopravvissuti parlano ora di tempeste, crimini e meraviglie. Hanno visto mari e terre che non avevano geografia né nome; hanno attraversato sei volte la zona dove il mondo ribolle, senza bruciarsi mai. Al sud hanno trovato neve azzurra e, nel cielo, quattro stelle in croce. Hanno visto il Sole e la Luna muoversi al contrario e i pesci volare. Hanno sentito parlare di donne ingravidate dal vento e hanno conosciuto uccelli neri, simili a corvi, che si gettano a capofitto nelle fauci aperte delle balene e ne divorano il cuore. In un’isola molto lontana, raccontano, vivono esserini di mezzo metro d’altezza, che hanno orecchie lunghe fino ai piedi. Così lunghe sono le orecchie che, quando si coricano, una serve loro da materasso e l’altra da coperta. E raccontano che quando gli indios delle Molucche videro arrivare sulla spiaggia le scialuppe staccatesi dalle navi, credettero che le scialuppe fossero figliolette delle navi, che le navi le partorissero e le allattassero.”
Eduardo Galeano, Le Memorie del Fuoco
Da anni sognavo di visitare qualche zona remota dei mitici Mari del Sud, quelli delle avventure degli esploratori, dei mercanti di spezie, delle isole deserte incontaminate. Dopo varie ricerche sono giunto alla conclusione che le Molucche fossero il posto ideale per ritrovare quelle atmosfere. Tra l’altro conoscendo già un po’ della cultura indonesiana e del bahasa indonesia sarebbe stato più facile muoversi tra le isole e immergersi nella cultura locale.
L’arcipelago delle Molucche è composto da circa 1000 isole e isolotti ed è diviso in due provincie ( Settentrionale e Centrale-Meridionale ) composte a loro volta da molti gruppi più piccoli. Sono le originali, mitiche “isole delle spezie”, tanto bramate da navigatori ed esploratori, perché solo qui si trovavano la noce moscata e i chiodi di garofano, considerati molto preziosi per gli europei dell’epoca. Il famoso viaggio attorno alla terra di Ferdinando Magellano e di Juan Sebastian Elcano aveva proprio lo scopo di raggiungere queste isole navigando verso Ovest, sperando di trovare una rotta più semplice di quella fino ad allora conosciuta circumnavigando l’Africa.
Le due isole principali sono Ternate, a nord, e Ambon, nel gruppo centrale. Il gruppo a Nord è il più selvaggio, caratterizzato da isole vulcaniche , foreste incontaminate e una cultura e una storia quasi esclusivamente legata al mondo musulmano. La zona centrale è quella più sviluppata, fu qui che gli Olandesi stabilirono il loro quartier generale e Ambon è da sempre considerata la città principale di tutto l’arcipelago. C’è anche l’aeroporto più grande e molti collegamenti via mare con tutta l’Indonesia, da Papua a Jakarta. La popolazione è un mix di nativi e immigrati da altre isole, equamente divisa tra cristiani e musulmani. I gruppi a Sud non hanno spezie né altre ricchezze e quindi sono riusciti a mantenersi remoti fino ad oggi. Sono i meno sviluppati, anche dal punto di vista turistico, la popolazione è più povera e in maggioranza cristiana. In realtà pur essendo una zona all’apparenza remota ed isolata da tutto non è poi così difficile da raggiungere: Ambon è ben servita da aerei giornalieri sia da Jakarta che da Makassar e da lì è poi abbastanza semplice raggiungere quasi tutte le altre isole dell’arcipelago.
L’avventura non manca però. Di queste isole non sia sa quasi nulla e, a parte nelle Banda, il turismo è ancora un fenomeno sconosciuto. Quando viaggio sento sempre più spesso frasi del tipo “ormai nel mondo non c’è più nulla da scoprire”, “è tutto troppo turistico”, “basta andare su internet e trovi informazioni per ogni posto”: in realtà non è così. In questi ultimi anni di viaggi ho dimostrato ampiamente che esistono parecchi luoghi bellissimi quasi incontaminati nel mondo, basta volerli trovare. Ma i viaggiatori moderni preferiscono andare in Thailandia o a Bali per poi lamentarsi dei troppi turisti o dell’impossibilità di fare viaggi avventurosi.
C’è stato subito un buon feeling con queste isole e con questa gente. E’ un posto abbastanza strano dove noi bulè ( occidentali ) non siamo visti né come oggetti misteriosi né come polli da spennare, anzi considerando che è un posto dove vedono di rado degli stranieri il rapporto con i locali è davvero ottimo. E poi c’è quella languida atmosfera tropicale… Puoi leggere mille storie affascinanti su questi posti, vedere tante foto di mari con colori strabilianti, di donne bellissime dai corpi sinuosi e lunghi capelli neri, ma solo quando ci vieni ed inizi a respirare questa atmosfera riesci a capire quanto sono belli e intriganti. Perfino ad Ambon, una città abbastanza anonima, sporca e molto trascurata ( anche se si trova in un gran bel posto ), mi sono trovato molto bene. Gli hotel dove mi sono fermato però erano delle vere e proprie bettole. Ottimo cibo nei ristoranti e nei vari baracchini la sera, belli i caffè con i dolci tipici delle molucche ( e le belle cameriere… ), coloratissimi i mercati che traboccano di ogni ben di Dio tropicale ( mai visti tanti durian tutti insieme! ). E poi la gente, tutti sempre gentili e disponibili, perfino i poliziotti che mi hanno rinnovato il visto sono stati di una cortesia e di una gentilezza imbarazzante. Certo, un minimo di conoscenza della lingua è necessario, nessuno o quasi parla inglese o qualsiasi altra lingua oltre il bahasa indonesia.
La prima tappa dopo Ambon decido di farla alle Isole Kei, anche per una questione logistica. Questo piccolo gruppo guardando la cartina sembrerebbe quello più remoto ma stranamente l’isola principale, Kei Kecil, è ben collegata ad Ambon con ben 2 voli giornalieri e con un aeroporto nuovo di zecca ( c’era ancora il cellophane nei mobili degli uffici ). L’arrivo è spettacolare: l’aereo scende di quota e si iniziano a vedere le prime isole e gli atolli, poi si costeggia le due grandi, fantastiche spiagge bianche nella parte nord di Kei Kecil e infine ci si immerge nella giungla, dove è stato costruito il nuovo aeroporto. I colori del mare sono davvero stupefacenti. Il posto è in mezzo al nulla, prendo quindi un ojek ( un motorino ) e mi faccio portare in città. La città principale è in realtà divisa in due parti , Tual e Langgur, collegate da un ponte tra le due isole Pulau Dullah e Kei Kecil. Sono venuto qui per farmi un paio di settimane di relax in spiaggia, ma decido di fermarmi prima un paio di giorni in città per vedere come sono l’ambiente e la gente. E’ una cosa che faccio spesso: mi piace osservare e conoscere la gente nelle città, anche quelle che sulla carta non hanno nessuna attrattiva e dove non si ferma mai nessun viaggiatore. Questa città in effetti non ha attrattive, ma comunque è abbastanza piacevole da girare, si mangia bene ( la sera molte donne mettono un tavolo in strada e vendono riso al cartoccio con pesce, pollo o verdure ) e tutti sono molto gentili. La maggioranza della popolazione è cristiana ( e cattolica, a differenza di altre zone delle Molucche dove sono in maggioranza protestanti ) ma la minoranza musulmana sembra ben integrata, anche perché qui c’è un islam molto “soft”, le donne velate sono abbastanza rare e non ci sono estremismi.
Le isole Kei sono “famose” solo per una cosa: le spiagge incontaminate che in teoria dovrebbero essere tra le migliori al mondo. Solo tre però hanno delle strutture vagamente turistiche, Pasir Panjang e Ohoidertawun, che si trovano della parte Nord dell’isola Kei Kecil, a circa una quindicina di chilometri da Tual, e Difur beach sull’isola di Dullah, che però è meno bella e incontaminata delle altre, visto che è molto frequentata dai locali nei week-end. Poi ce ne sono molte altre incontaminate nelle piccole isole vicine che sono sparse tra Kei Kecil e Kei Tanimbar, o al largo di Dullah e Kei Besar. Decido di andare a Pasir Panjang e sarà la scelta giusta: è sicuramente la più bella tra le due di Kei Kecil ( e anche una delle più belle che abbia mai visto, lunghezza e larghezza perfette, così come il colore e la consistenza della sabbia, i colori incredibili del mare e le palme che si piegano con la giusta angolazione ) e ci sono 3 o 4 guesthouse economiche che possono fare al caso mio. Sono tutte chiuse ma mando qualcuno al villaggio vicino Ngur Bloat a chiamare uno dei proprietari e alla fine riesco a trovare ciò che stavo cercando. Infatti non mi muoverò per 10 giorni. Mare stupendo, spiagge bianchissime incontaminate, palme, piccolo chiosco vicino con birra gelata e ottime cene preparate dalla moglie del simpaticissimo Americo, nessuna comodità tecnologica… Un luogo ideale per staccare da tutto per un po’, qui la sensazione di essere “fuori dal mondo” è veramente travolgente, anche se poi la città non è lontana se serve qualcosa e si può sempre affittare una moto da qualcuno del villaggio per farsi un giro nell’isola se ci si annoia. Oppure si può farsi portare in giro per le isole in barca da qualche ragazzo del villaggio: sono tutte bellissime, alcune sono disabitate e altre sono abitate da piccole comunità di pescatori. Anche le spiagge sono tutte fantastiche, in particolare quella di Ngurtafur che emerge con la bassa marea tra due isole. Quella di fronte a Pasir Panjang credo sia stata comprata da un francese che ci sta costruendo una specie di mini-resort, con tanto di cantina di vini francesi.
Prima di andare alle Banda con la nave Pelni ( sarà il primo di tre lunghi e faticosi viaggi con queste enormi navi, magari ne parlerò in un altro post ) mi faccio qualche giorno a Kei Besar, l’isola più selvaggia tra le due più grandi. C’è solo un penginapan, che in pratica è la classica locanda a gestione familiare, che non ha nemmeno il ventilatore, la cosa più importante da queste parti, visto che fa molto caldo e la percentuale di umidità è altissima. Dormire con la zanzariera ( non dovrebbe esserci la malaria ma è meglio non fidarsi ) è un vero e proprio supplizio. L’isola però è molto bella, più interessante di Kei Kecil. I villaggi sono più belli, ci sono varie case tradizionali e sentieri e scalinate in lastricato, la gente ancora più simpatica e non mancano comunque anche qui spiagge deserte fantastiche che sono un po’ la “specialità della casa” in queste isole. Come detto e’ anche molto più selvaggia, vaste zone dell’isola sono foreste vergini pluviali, dove volendo con una guida esperta è possibile vedere anche vari animali ( tra i quali il celeberrimo bird of paradise, endemico delle Molucche e di Papua ). Parte degli abitanti sono i nativi delle Banda, che sono stati costretti a scappare dalle loro isole quando un folle colonialista olandese decise di sterminarli tutti ( ne parlerò nel prossimo post ). Mi sarebbe piaciuto vedere il loro villaggio principale, Banda Ely, ma avevo poco tempo ed era troppo lontano per fare una gita in giornata.