In questi giorni di crisi dei mercati e di crollo delle borse ogni organo d’informazione rimanda in copertina un’immagine evidentemente giudicata pregnante: un operatore finanziario con gli occhi sbarrati davanti a uno schermo punteggiato di cifre assassine. Se a Bolzano avessimo una sede borsistica è probabile però che l’immagine sarebbe un’altra. Qui i titoli in picchiata sembrano promettere atterraggi morbidissimi, mentre dietro alla terribile parola inglese “default” spunta il richiamo all’autodeterminazione e l’invito a tagliare la corda.
Eravamo abituati a sentire questo tipo di richieste dai cosiddetti professionisti del “disagio” sudtirolese. Ma ultimamente – e l’infelicissimo momento attuale non aiuta certo ad attenuarne l’effetto – a queste voci si sommano sempre di più quelle di alcuni rappresentanti delle istituzioni e del mondo economico. Ieri questo giornale ha riportato per esempio le stentoree dichiarazioni di Thomas Widmann, assessore provinciale all’artigianato, all’industria e al commercio. “Abbiamo la tripla A di rating, come i migliori Stati del mondo”, gongolava l’assessore. Poco importa dunque se tutt’attorno cadono i calcinacci e tremano le fondamenta degli altri Stati. L’unica cosa che conta è cogliere il momento propizio e avanzare nuove richieste (autonomia fiscale, finanziaria, nel campo della giustizia e dell’ordine pubblico) in grado di liberare al più presto il Sudtirolo dalla zavorra italiana.
Ora, con le parole di un comunicato emesso dai Verdi qualche giorno fa, sarebbe forse utile ricordare a Widmann che “accanto alla pressione fiscale e alla burocrazia, l’appartenenza all’Italia già assicura al Sudtirolo un’autonomia finanziaria e uno status di beneficiario netto in rapporto alle tasse pagate impensabile per la maggioranza degli altri Stati europei”. Sarebbe anche opportuno sottolineare, l’ha fatto l’esperto previdenziale Helmuth Renzler intervistato dalla Tageszeitung, che “un sistema pensionistico riferito al solo Sudtirolo non potrebbe funzionare perché collasserebbe alla prima crisi del settore turistico” (Widmann, che è anche assessore competente, dovrebbe saperlo). Fortuna che il presidente Durnwalder si è già premurato di puntualizzare che dalla crisi o ci salviamo insieme oppure affondiamo tutti. Esiste infatti un’altra obiezione, più radicale di ogni pur rilevante considerazione economica. Posto che la fondazione di uno Stato autonomo sudtirolese sia qualcosa di possibile e non solo una vuota utopia, ciò non potrà mai realizzarsi traendo origine dalla disgrazia o dalla catastrofe di qualcun altro. Un progetto così ardito dovrebbe prima di tutto poggiare su un ripensamento complessivo del nostro stesso modello culturale di convivenza. Impresa titanica, come si può facilmente capire, che avrebbe bisogno magari di un secolo propizio. Non solo di un momento.
Corriere dell’Alto Adige, 10 agosto 2011 (Un destino comune)