L’enfant prodige Dolan tra pop culture ed emozioni palpitanti
Emozionante, empatico e struggente. Il nuovo film di Xavier Dolan è una bomba a orologeria pop, fusa insieme a una maestria registica cristallina.
Diane è una madre single, dal look aggressivo e ancora piacente. Sboccata e dedita al fumo, Diane non pare in grado di gestire la propria vita, figurarsi quella del figlio appena espulso da un collegio. Nella loro vita, che alterna impieghi persi e improvvisi slanci sentimentali, si inserisce Kyla, vicina timida e remissiva, che trova nella strana coppia il complemento ideale.
Le scritte bianche su sfondo nero a inizio film sono un monito, è qualcosa da tenere a mente per l’intera durata della pellicola. Difatti il regista franco-canadese ambienta il suo prodotto in un ipotetico 2015, nel quale è data la possibilità alle famiglie, con all’interno ragazzi affetti da disturbi del comportamento, di internarli in ospedale firmando un pezzo di carta, senza la necessità di una sentenza definitiva. Steve è un adolescente con i sopracitati disturbi: è aggressivo, provocatorio e affetto da problemi affettivi. Per questo motivo la madre (alla morte del padre) decide di iscriverlo in un collegio. Tuttavia nemmeno l’istituto correttivo riesce a contenerlo e, dopo aver provocato un incendio con conseguenti danni a un coetaneo, viene riaffidato alla madre.
È da questo incipit che inizia Mommy, una pellicola che si interroga sull’educazione all’interno di una famiglia problematica, che usa il tasto della forte empatia per lasciare un messaggio, permettendo allo spettatore di essere coinvolto emotivamente e fisicamente. Dolan sfonda la quarta parete in modo indecifrabile; pochi film sono in grado di disorientare così (grazie a un abile utilizzo di emozioni, dramma e umorismo nero) lo spettatore seduto in sala, che si sente profondamente partecipe. Lo shock è forte ed è tutto interamente contenuto in una sequela di conflitti inespressi, battibecchi e improvvisi attacchi d’ira. Il rapporto tra la madre e Steve è complesso, amorevole e caratterizzato da interminabili (e contraddittorie) manifestazioni d’affetto. Un atteggiamento di protezione reciproca che attraverso la cifra stilistica di Dolan appare autentico, mai forzato e nemmeno costruito a tavolino.
Per comprendere appieno il Dolan regista bisogna necessariamente sfogliare la sua filmografia. Cinque prodotti (conditi da tre apparizioni a Cannes e una a Venezia) tutti diversi l’uno dall’altro, nei quali il talento del venticinquenne cineasta è andato sempre più affinandosi. Un cinema che va a indagare le pulsioni umane in modo genuino e mai in modo convenzionale. Ad esempio Tom a la ferme analizza l’elaborazione del lutto in modo grottesco, surreale e menzoniero; una commedia nera che peccava nel finale perché conclusa in modo repentino e indefinito. In Mommy invece tutta la carica struggente si consuma nell’atto conclusivo, ideale chiusa di un film che mischia cultura pop e musica da camera, che ostenta ribaltamenti del punto di vista e macchina da presa opprimente ed espressiva. Insomma Mommy è una pellicola che va vista e vissuta, un prodotto che esibisce un dilemma con autentico realismo, con audacia e sfacciata autorialità. Lode a Xavier, astro nascente del cinema internazionale.
Voto: *****