Si parla da qualche tempo di acquisizione di RCS da parte di Mondadori. Io non sono un’economista e su determinati aspetti della vicenda non sono in grado di dare un giudizio. Però ci sono alcune cose che anch’io sono in grado di vedere. Meglio di come potrei fare io si è espresso Alessandro Gazoia – vi ho già parlato di lui per via di due libri che ha scritto, Come finisce il libro (https://librolandia.wordpress.com/2014/07/02/su-come-finisce-il-libro-di-alessandro-gazoia-jumpinshark/) e Il web e l’arte della manutenzione della notizia (https://librolandia.wordpress.com/2014/08/01/alessandro-gazoia-jumpinshark-il-web-e-larte-della-manutenzione-della-notizia/) – in un lungo articolo: http://www.internazionale.it/opinione/alessandro-gazoia/2015/03/10/fusione-mondadori-rizzoli-rcs-libri.
Io ne riprendo alcuni passi.
Dario Franceschini, ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, si è detto “molto preoccupato” per “come funzionerebbero le cose in un paese con un’unica azienda che controlla la metà del mercato, con l’altra metà frammentata in piccole e piccolissime case editrici”.
Questo punto, il fatto che Mondadori+Rizzoli controllerebbe una fetta vastissima di mercato, è preoccupante. Su Il giorno di sabato 21 febbraio ho trovato una bella tabella, di cui trascrivo i dati. E no, non sono una lettrice di Il giorno, lo aveva comprato una persona che conosco e io mi sono limitata a portarmi via la pagina in questione. Queste sono le quote di mercato dei principali editori italiani:
- Mondadori (con i marchi Mondadori, Einaudi, Sperling & Kupfer, Electa e Piemme) 27%
- RCS (con i marchi Rizzoli, Bompiani, Fabbri, Marsilio, Adelphi, Bur, Etas) 11,7%
- Gems (con i marchi Bollati Boringhieri, Charelettere, Corbaccio, Duomo Ediciones, Garzanti, Guanda, La Coccinella, Longanesi, Nord, Ponte alle Grazie, Salani, Tea, Vallardi) 9,5%
- Giunti 6,3%
- Feltrinelli 5,0%
- De Agostini 2,0%
- altri 38,5%
aggiungiamo anche che
Rcs MediaGroup [comprende anche] quotidiani (Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport, lo spagnolo El Mundo), periodici (Oggi, Amica), radio (Radio 105, Radio Montecarlo), tv sul digitale terrestre e sul web, agenzie di pubblicità, servizi di distribuzione
a proposito di distribuzione, voi sapete che se un editore non ha un distributore capace di portare i suoi libri su tutto il territorio nazionale è quasi come se non esistesse? In libreria non trovate i suoi libri, e ancora al momento la fetta di mercato delle librerie è più importante di quella di internet. E mi sa che i siti internet possono sì procurare un bel po’ di editori minuscoli che noi neanche ci sogniamo di avere, ma anche che i piccoli che noi abbiamo sono più facili da trovare sui nostri scaffali che in quei database enormi che ovviamente evidenziano i best seller. Sì, pure noi mettiamo in evidenza i best seller, ma chi si prende la briga di guardare lo scaffale può tranquillamente trovare uno accanto all’altro un libro pubblicato da Mondadori e uno pubblicato da Nutrimenti, giusto per fare due nomi a caso, e vedere il libro fisicamente ha tutto un altro effetto. Torniamo, molto più in giù, all’articolo di Gazoia:
Oggi Mondadori è controllata da Fininvest ed è un grande gruppo multimediale internazionale. Con il 27 per cento del mercato è il primo gruppo nell’editoria libraria trade (per semplificare, commerciale e non scolastica) e ha i marchi Mondadori, Einaudi, Electa, Piemme e Sperling & Kupfer. L’acquisto della divisione Libri di Rcs MediaGroup porterebbe verso un 38 per cento del mercato (valore ottenuto sommando semplicemente le quote più recenti dei due).
In Italia sono poi presenti altri tre gruppi di notevoli dimensioni: Feltrinelli, Giunti e il Gruppo Editoriale Mauri Spagnol (Gems, società controllata da Messaggerie). I loro interessi sono principalmente nel campo dell’editoria libraria, dove cercano di costruire una cosiddetta filiera integrata: ossia riunendo i ruoli di editore, distributore, libreria, “megastore multimediale” e di negozio sul web. La stessa Mondadori del resto ha una distribuzione propria e librerie “fisiche” e online.
Stefano Mauri, presidente di Gems, attualmente terzo gruppo editoriale del paese, non sarebbe molto felice di diventare il secondo alle condizioni che sembrano presentarsi. In diverse interviste di questo periodo ricorda sempre un dato rimarchevole su Mondadori e Rcs:
“In nessun paese europeo esiste una concentrazione di queste dimensioni. La fusione tra Penguin e Random House, due giganti, ha creato sì un colosso, ma che per l’Inghilterra vale tutto insieme il 26 per cento, e cioè proprio la quota che Mondadori ha oggi in Italia.”
In soldoni un editore che nel suo mercato è già potente quanto il più potente editore inglese vuole rafforzarsi ancora. Nell’editoria, e ricordo che editoria, mezzi di informazione e scuola sono gli strumenti con cui formiamo le nostre coscienze. Non stiamo parlando di maglioncini o di lavatrici, per quanto queste cose siano utili, stiamo parlando di libri.
A questo punto Gazoia si ferma un attimo a riflettere sui lettori con una considerazione interessante:
Dunque, su 57,4 milioni di italiani, 33,6 milioni e mezzo non leggono. E i 24 milioni di lettori sono ripartiti, per numero di titoli letti, in sottoclassi così composte: 10,7 milioni leggono tra uno e tre libri all’anno (lettori deboli), 6 milioni tra quattro e sei libri, 3,6 milioni tra sette e undici libri, e infine 3,4 milioni leggono almeno dodici libri all’anno (lettori forti). I lettori tra quattro e undici titoli sono chiamati lettori medi.
Chiaramente tali divisioni sono convenzionali sia nei nomi sia nei criteri, e diversi osservatori giudicano questi ultimi inadeguati per quantità e qualità. Basta un titolo al trimestre per essere considerato un lettore medio e – per dire – un successone come Cinquanta sfumature, con i suoi tre libri sciolti, conta il triplo di Pastorale americana. D’altro canto qualsiasi soglia è convenzionale e fare un discorso sulla qualità delle letture porta subito mille altre questioni (a cominciare da quella di chi decide i “punteggi” e in che modo).
I lettori forti delle rilevazioni Istat sono un’assoluta minoranza: solo un italiano su diciassette (il 6 per cento della popolazione di almeno sei anni) legge in media almeno un libro al mese.
Le altre considerazioni le lascio stare, la formazione dei lettori, l’età e via dicendo. Le trovate nell’articolo di Gazoia ma anche sul sito dell’Associazione Italiana Editori (www.aie.it). I lettori possono esistere solo se ci sono gli editori. No, non mi interessa il self publishing, o vanity press come vengono chiamati anche i libri autoprodotti. Tutti possiamo essere autori se pubblichiamo da soli, pure io, ma chi ci dice che quello che pubblichiamo è davvero di qualità? Io credo di scrivere cose interessanti, ma il mio giudizio non è significativo perché sono di parte. Voi potete stabilire se quello che scrivo ha un senso per voi, ma solo qualcuno davvero esperto degli argomenti di cui tratto potrebbe dire se i miei contributi sono significativi e quindi degni di essere pubblicati o se sono solo l’equivalente di chiacchiere da bar. Internet dà a tutti la possibilità di scrivere e pubblicare, anche a me, ma non tutti hanno qualcosa da dire. E non ammetto discorsi che gli editori pubblicano solo chi vogliono loro e che se non sei amico di qualcuno non puoi pubblicare. Un editore può escludere un libro valido perché gli sta antipatico l’autore o perché non vuole occuparsi di quell’argomento, ma gli editori sono talmente tanti che quasi certamente un libro interessante troverà qualcuno disposto a pubblicarlo. In fondo gli editori vivono dei libri che pubblicano, perciò è nel loro preciso interesse scoprire libri interessanti e farli arrivare al pubblico, anche se spesso la tendenza è più sul cercare il libro di facile successo che quello importante ma impegnativo che inevitabilmente venderà poche copie. Gli editori dunque. Chi sono?
L’Istat censisce anche loro. Definisce attivi gli editori che hanno pubblicato almeno un libro nell’anno; grandi quelli che stampano almeno 50 libri all’anno, medi quelli che ne stampano tra 11 e 50, e piccoli quelli che ne stampano tra uno e dieci. Va segnalato anche qui il carattere convenzionale della classificazione e, per fare un solo esempio, si potrebbe misurare la “grandezza” di un editore non dal numero di titoli ma dal numero di copie stampate.
Nel 2013 in Italia sono attivi più di 1.650 editori, con questa composizione arrotondata: 200 grandi, 500 medi e mille piccoli. Sono stati stampati quasi 62mila titoli unici per un totale di poco più di 180 milioni di copie. I grandi editori rappresentano il 12,8 per cento del totale degli editori, ma stampano più di tre quarti (76,2 per cento) dei libri proposti sul mercato e quasi il 90 per cento delle copie (i medi il 7,7 per cento e i piccoli il 2,6 per cento).
Un libro di un piccolo, di un medio e di un grande editore ha in media una tiratura, rispettivamente, di 1.200, 1.300, 3.500 copie circa. Quasi due titoli su tre, ovvero quasi 40mila dei 62mila proposti nel 2013 sul mercato, sono novità (”prima edizione”).
Ok, se pensavate che i libri venissero stampati in più copie vi siete presi una bella delusione. Dimenticate George R.R. Martin, John Grisham e pure E.L. James, loro sono eccezioni. E se loro sono stampati in decine se non centinaia di migliaia di copie, e pure loro fanno parte della media, dovete abbassare il numero di copie stampate per gli altri autori. Allora cosa c’è che non va in Mondadori+Rizzoli?
Un gruppo di autori Bompiani, marchio Rcs, che grazie alla sua direttrice editoriale Elisabetta Sgarbi ancora oggi mantiene una forte identità, ha promosso un appello contro l’acquisto di Rcs Libri da parte di Mondadori. Umberto Eco, il primo firmatario, e gli altri aderenti scrivono:
“Questa fusione darebbe vita a un colosso editoriale che non avrebbe pari in tutta Europa perché dominerebbe il mercato del libro in Italia per il 40 per cento. Un colosso del genere avrebbe enorme potere contrattuale nei confronti degli autori, dominerebbe le librerie, ucciderebbe a poco a poco le piccole case editrici e (risultato marginale ma non del tutto trascurabile) renderebbe ridicolmente prevedibili quelle competizioni che si chiamano premi letterari. Non è un caso che condividano la nostra preoccupazione autori di altre case: questo paventato evento rappresenterebbe una minaccia anche per loro e, a lungo andare, per la libertà di espressione. Non ci resta che confidare nell’Antitrust.”
Parlando di premi letterari volete sapere chi ha vinto lo Strega, il più importante premio italiano negli ultimi anni?
2014 Francesco Piccolo, Il desiderio di essere come tutti, Einaudi (Mondadori)
2013 Walter Siti, Resistere non serve a niente, Rizzoli
2012 Alessandro Piperno, Inseparabili. Il fuoco amico dei ricordi, Mondadori
2011 Edoardo Nesi, Storia della mia gente, Bompiani (Rcs)
2010 Antonio Pennacchi, Canale Mussolini, Mondadori
2009 Tiziano Scarpa, Stabat Mater, Einaudi (Mondadori)
2008 Paolo Giordano, La solitudine dei numeri primi, Mondadori
2007 Niccolò Ammaniti, Come Dio comanda, Mondadori
2006 Sandro Veronesi, Caos calmo, Bompiani
2005 Maurizio Maggiani, Il viaggiatore notturno, Feltrinelli.
Di quanti anni sono tornata indietro per trovare un autore che non fosse né Mondadori né Rcs? Con il Campiello va meglio, l’ultimo vincitore è Giorgio Fontana con Morte di un uomo felice, edizione Sellerio, ma il Campiello non sposta le vendite come lo Strega.
Noi non abbiamo voce in capitolo su un’eventuale fusione, ma la cosa è preoccupante.