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La cosa più mi stancante dopo un pareggio alla prima di mondiale è arrivare in ufficio e vedere il sorriso stampato sulla faccia dei colleghi francesi che non aspettano altro che darti la mano e domandarti come sia andata la partita di ieri sera, lo stesso sorriso che hanno quando c'è un bug nella tua componente, come se l'errore altrui fosse fonte di buon umore al punto da farli sentire migliori, come se lo zero a zero della Francia fosse stata una prestazione da incorniciare a confronto, mentre l'altro collega italiano appende al muro un A4 con la scritta "1 - 1 is better than 0 - 0" e iniziano i soliti commenti, i se, i ma e gli avemaria. Il vero problema è che non entro in ufficio a capo chino dopo un pareggio del genere e nemmeno dopo una sconfitta, che presto o tardi arriverà, perché ci son cose peggiori di cui vergognarsi in relazione al proprio paese; entro a capo chino quando si da il via libera alla legge bavaglio ed ugualmente ogni volta che la democrazia fa un passo indietro, ma in quei momenti non c'è nessun sorriso beffardo ad attendermi, non c'è nemmeno la coscienza delle cose: vale più una partita di pallone, soprattutto se mondiale, in cui si racchiude qualche sciovinismo sottile e la voglia di sentirsi migliore dell'altro, come se nel risultato della squadra ci fosse anche del merito proprio per il sol fatto d'essere di quella nazionalità, nell'attesa di vantarsi e salire sul carro del vincitore. I mondiali sono anche questo e giovedì mi tocca allegramente tifare Messico.